Durante il World Agri-Tech Innovation Summit, evento di cui AgroNotizie è partner e che ogni anno richiama a Londra aziende, startup e investitori da tutto il mondo, le parole chiave sono state: prodotti di origine biologica per la difesa delle colture, digital farming e open innovation. Per capire come si muove un gigante dell'agrochimica come Bayer abbiamo incontrato Brett Bergmann, coo della multinazionale tedesca.

"Come compagnia abbiamo già dei prodotti di origine biologica che sono disponibili per gli agricoltori", spiega Bergmann che proprio dal palco del World Agri-Tech ha tenuto uno speech sul futuro dell'agricoltura. "Siamo aperti a qualunque soluzione possa rendere più facile il lavoro degli agricoltori e venire incontro alle esigenze del mercato".

Lei crede che in futuro i prodotti di origine biologica sostituiranno quelli di chimica di sintesi?
"Se ci svegliassimo tra cinque anni non credo che vedremmo cambiamenti radicali. Gli agrofarmaci di origine biologica forse occuperanno uno spazio un po' più grande del mercato, ma è improbabile che sostituiranno quelli di sintesi, a meno di non accettare un crollo delle produzioni e il relativo problema di assicurare cibo ad una popolazione mondiale in crescita".

Ritiene che questa attenzione verso gli agrofarmaci di origine biologica da parte del marcato sia dovuta alla necessità di risolvere un problema degli agricoltori o di soddisfare un bisogno dei consumatori?
"Credo che riguardi maggiormente il consumatore. E' sfidante ottenere gli stessi standard di efficacia assicurati da un prodotto di sintesi con un agrofarmaco di origine biologica. Non impossibile, ma difficile. Se da parte del consumatore non ci fosse una richiesta di ridurre l'uso della chimica di sintesi credo che non avremmo visto tutta questa attenzione sul biologico".

I prodotti di origine biologica sono sviluppati da voi internamente o sono invece frutto di partnership con altre aziende o startup?
"Facciamo entrambe le cose. Bayer ha forse il più ampio programma di ricerca e sviluppo interno nel settore dell'agricoltura. Ma allo stesso tempo siamo molto attivi nella ricerca di startup con le quali lavorare e questa è in fondo la ragione per cui siamo qui al World Agri-Tech. Io sono fortemente convinto che l'innovazione può giungere da strade inaspettate e che è possibile incontrare persone intelligenti ovunque".

Bayer sposa un approccio di open innovation dunque?
"Assolutamente sì. Incontriamo in continuazione aziende e startup. Alcune vogliono solo confrontarsi con noi, altre sono alla ricerca di un partner, di un investimento, di accesso a tecnologie o al mercato. Noi ci confrontiamo volentieri con tutti perché è un modo di arricchirci e se intravediamo delle prospettive collaboriamo insieme, studiando il modo migliore di cooperare".

Dopo l'acquisizione di Monsanto Bayer ha ereditato Field View, oggi una delle piattaforme digitali a supporto dell'agricoltura più utilizzate al mondo. Da quest'anno è disponibile anche in Italia, quale è la strategia di Bayer riguardo il digital farming?
"Field View è una piattaforma che aiuta concretamente gli agricoltori a fare meglio il proprio lavoro. Oggi le aziende agricole sono ricche di dati, provenienti da differenti fonti, ma sono povere di informazioni. I dati senza elaborazione non servono a nulla. Field View aiuta i farmers ad avere produzioni migliori e sostenibili con una riduzione dei costi di produzione. Per questo il nostro obiettivo è quello di fare in modo che un numero sempre maggiore di agricoltori utilizzi Field View".

L'ambizione di Bayer è quella di diventare una digital company? Quale sarà il 'peso' del digital farming sui futuri ricavi del Gruppo?
"Come compagnia abbiamo tre pilastri: agrofarmaci, sementi e digitale. E sono convinto che quest'ultimo giocherà un ruolo sempre maggiore. Gli strumenti digitali hanno un ruolo chiave sia nel nostro lavoro che nelle soluzioni che proponiamo agli agricoltori. Quindi sì, siamo e dobbiamo diventare sempre di più una digital company".

World Agri-Tech London 2019

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