Come far funzionare e bene i Programmi di sviluppo rurale, salvando efficienza di spesa ed efficacia: ovvero il raggiungimento degli obiettivi in termini di maggiore occupazione ed utilizzo delle risorse.
E’ questo oggi uno degli elementi di dibattito non solo sulla futura programmazione, ma anche sul come salvare quella in corso, che riscontra criticità per alcune regioni del Mezzogiorno: Puglia, Basilicata e Sicilia in testa. Su tanto c’è un articolo scientifico pubblicato sul primo numero del 2019 dalla “Rivista di studi sulla sostenibilità” – semestrale della Fondazione Simone Cesaretti – edita da Franco Angeli. Il titolo è tutto un programma: “Sistemi di attuazione più efficienti per i nuovi Psr 2021-2027”. L’autore è Antonio Falessi, per anni direttore generale dell’assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, oggi consulente per le politiche comunitarie di Coldiretti.

AgroNotizie ha incontrato l’autore per un confronto sul futuro delle politiche agricole comunitarie nel Mezzogiorno, in particolare delle politiche di investimento nelle aziende agricole e nei territori rurali implementabili attraverso i Psr e non solo con la risorsa comunitaria ad essi tradizionalmente legata – il Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale – ma anche in un’ottica che guardi ai fondi strutturali europei nel complesso, tema quest’ultimo quanto mai d’attualità.

Dottor Falessi, come si sburocratizza e perché e quale ruolo devono avere le Regioni come enti attuatori dei Programmi di sviluppo rurale?
"Partirei dall’ultima parte della sua domanda: mi sento di dire che le Regioni devono recuperare la loro genuina natura di enti attuatori, devono quindi essere i soggetti in grado di programmare e promuovere gli interventi e controllarne gli effetti sui territorio, ma per far questo devono uscire il più possibile dalla gestione quotidiana dei Piani".

Detto così sembra facile, ma come si fa nel concreto? Partiamo da un caso elementare: domanda di sostegno delle aziende sulla misura classica per l’investimento materiale, la 4.1.1, come si rende questo percorso sostenibile per un imprenditore mantenendo in capo all’azione dell’amministrazione efficacia ed efficienza?
"Bisogna intanto pensare che esistono più tipologie di aziende agricole, tra queste, in una regione come la Campania, circa il 50% hanno dimensioni piccole o molto piccole, e la prima domanda è: sostenerle oppure no? E se sì, come?  Ovviamente, dal momento che queste piccole aziende hanno la loro ragion d’essere nel contributo che portano alla collettività in termini di multifunzionalità, devono essere mantenute sui territori, ma non certo in un’ottica di sviluppo e con un obiettivo di competitività.
Per questo motivo è possibile attivare per questa tipologia di aziende il bando a sportello, come previsto dal Decreto legislativo 123/1998 che individua la procedura automatica, alla quale l’amministrazione deve dare risposta entro 30 giorni dalla presentazione dell’istanza. Le domande – che sarebbero presentate sempre dalle singole imprese agricole - potrebbero essere così soddisfatte in ordine cronologico, sulla base di una serie di requisiti essenziali e, ovviamente, ponendo una serie di limitazioni: alle tipologie di spesa attivabili, tra le quali terrei ad esempio l’acquisto di macchine ed attrezzature ed alcune spese per la diversificazione, come l’allestimento di un punto di degustazione; altra limitazione potrebbe ben essere un tetto massimo di spesa ammissibile, individuabile tra i 100 ed i 120mila euro con contributo in conto capitale; il tutto ovviamente senza la presentazione di business plan, con una gestione diretta da parte dell’Autorità di gestione del Psr e l’aliquota di sostegno massima che sarà consentita dai regolamenti comunitari".


Insomma, i piccoli li accontentiamo con un “poco, ma subito” e con una gestione agile e veloce della parte burocratica, che graverebbe comunque sull’Autorità di gestione: come si sburocratizza invece il rapporto con le aziende agricole con prospettive di crescita?
"In questo caso il segreto è nella scelta fatta a monte dalla politica nel definire che cosa è prioritario anche in capo ad aziende di questo tipo. La chiave è tutta in una considerazione banale se vuole: oggi un’azienda agricola, per quanto grande ed importante, riesce da sola a stare sul mercato? La risposta a questa domanda quando non è negativa è un sì molto condizionato.
Va data priorità pertanto alle aziende agricole strutturate che presentino sì un progetto individuale di sviluppo, ma ben inserito nel quadro di un Progetto integrato di filiera. In questo caso la selezione dei beneficiari avverrebbe mediante una procedura negoziale, le categorie di intervento non avrebbero particolari limitazioni, l’aliquota di sostegno sarebbe la massima consentita e la forma esclusivamente in conto interessi, in modo da moltiplicare la capacità d’investimento mediante la leva finanziaria. La valutazione analitica del business plan e dei pertinenti criteri di ammissibilità e selezione avverrebbe a mezzo della Sovvenzione globale, quindi con un soggetto di partenariato precostituito ed individuato dall’Autorità di gestione che diventa esso stesso Organismo intermedio: altamente competente e specializzato, a cui verrebbe delegata l'attuazione delle azioni previste, con il compito di rendere semplici e snelle le procedure burocratiche".


In pratica, diciamola tutta, sul lavoro più grosso l’Autorità di gestione del Psr si limiterebbe ad individuare i soggetti in grado di svolgere la funzione di organismo intermedio e controllare che tutto funzioni, ma quali sono i vantaggi reali di questa soluzione, atteso che in passato i Pif hanno dato risultati molto modesti?
"I Pif in passato sono stati gestiti direttamente dalle Autorità di gestione, che hanno perso di vista l’unitarietà dei progetti integrati, che, mi passi il termine, sono stati di fatto “spacchettati”, alimentando la burocrazia e facendo perdere molto tempo ad imprenditori che invece erano finalmente entrati in un’ottica molto preziosa e vincente oggi per l’agricoltura meridionale: quella di cogliere i reali vantaggi dello stare insieme, cui prima facevo riferimento. Da questo è scaturito uno stato di frustrazione enorme, con danni rilevanti anche alla credibilità stessa dello strumento del Progetto integrato di filiera oltre che dell’amministrazione. Con la Sovvenzione globale si attua una inversione dei termini della questione: il partenariato gestisce l’attuazione del progetto, gli imprenditori sono costretti a sperimentare per davvero e responsabilmente l’opportunità offerta loro dalla progettazione integrata. Per i partenariati impegnati nei Pif vedrei per esempio anche la necessità di produrre, insieme al progetto complessivo, una valutazione ambientale ed una valutazione economica ex ante, per consentire all’Autorità di gestione una più agevole valutazione del progetto. In questo caso l’Autorità di gestione avrà riguadagnato una delle sue funzioni essenziali: quella di controllare che tutto fili liscio, cosa che, con una gestione diretta e burocratica, finiva in secondo piano".

Resta da capire: azienda grande, strutturata e con progetto individuale e, aggiungo, solitario, chi la gestisce e come?
"La mancata adesione ad un Pif da parte di un’azienda, che presenti quindi il progetto individualmente ne decreta – nell’ipotesi che formulo - innanzitutto il declassamento a non prioritario. Andrà incontro ad un bando aperto a sessioni ravvicinate, non sarebbe il caso di porre limitazioni alle categorie di intervento, ma la spesa massima ammissibile, in questo caso, sarebbe medio-bassa. La forma dell’intervento ricadrebbe sulla gestione diretta dell’Autorità di gestione, questo si, che dovrebbe sottoporre il business plan a valutazione analitica. Altra penalità: l’aliquota di sostegno dovrebbe essere in questa ipotesi di almeno 15 punti inferiore alla massima consentita, lasciando invece in questo caso l’obbligo di utilizzo della leva finanziaria, mediante un sostegno concesso in conto interessi".

Abbiamo idealmente messo a sistema le aziende agricole, le quali però, e da uomini del Sud lo sappiamo bene, non sempre vivono in un ambiente ideale, sul quale occorre fare investimenti pubblici. Nei Psr ci sono i Gruppi di azione locale, ma è pur vero che molte misure d'intervento restano a regia regionale. E' poi di questi giorni il richiamo della Commissione al governo perché sta spendendo pochi fondi strutturali nazionali al Sud, mettendo in difficoltà il raggiungimento degli obiettivi dei fondi strutturali cofinanziati dall’Unione europea ed entro il 2022 potrebbe arrivare come sanzione una rimodulazione di tutti i programmi, a cominciare dai Psr 2014-2020, come la mettiamo?
"Qui dobbiamo capire che per far funzionare e bene i fondi strutturali, tutti, occorre che i soggetti attuatori, le regioni nel caso dei Psr, si diano un modello organizzativo accompagnato da una strutturazione amministrativa efficace che sia funzionale alle strategie e agli obiettivi da raggiungere, diversamente la macchina si ferma o marcia ad una velocità molto ridotta. Data questa premessa va da sé che solo un quadro strategico capace di guardare lontano tende a costruire il modello organizzativo più confacente. Detto questo: lo strumento della Sovvenzione globale può essere utilizzato per far marciare meglio e con più speranze di raggiungere obiettivi che non siano monosettoriali i Progetti integrati territoriali, che la sua domanda implicitamente racchiude. Tale tipologia di progettazione integrata deve sempre più puntare ad un progetto che sia espressione reale del territorio e che tenga conto di tutte le reali esigenze di sviluppo: e qui l’ente attuatore deve porsi in un’ottica plurifondo. Vi sono sicuramente investimenti pubblici, con possibili ricadute sul settore agricolo, che possono trovare modalità di finanziamento negli altri fondi comunitari o nel Fondo sviluppo e coesione. Da questo punto di vista al Sud occorre sperimentare nuove vie puntando sugli obiettivi che possano sempre più tenere uniti settori diversi, ma confinanti, specie nelle aree rurali: digitalizzazione dell’economia, investimenti in economia circolare, le misure volte alla resilienza ai cambiamenti climatici".