Sono settimane dure per l’agricoltura ed il mondo rurale del Mezzogiorno d’Italia quelle che si succedono tra l’estate appena trascorsa e l’inizio di questo autunno. Perché arrivano cattive notizie a livello macroeconomico e finanziario non da poco, una vera e propria tempesta perfetta: mentre alcune regioni in ritardo di sviluppo rischiano di andare in disimpegno automatico sul Fondo europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, per via dei ritardi di spesa dei Programmi di sviluppo rurale, tutte le regioni del Sud, anche quelle virtuose, rischiano di perdere una parte dei fondi europei sin dalla programmazione 2014-2020, quella in corso. La partita riguarda anche il Feasr e la futura programmazione, quella 2021-2027, che andrà discussa e definitivamente approvata nei prossimi mesi.

Tutto questo perché l'Italia è ben lontana dall'aver realizzato al Sud investimenti pubblici pari allo 0,43% del Pil medio annuo per il 2014-2020, questa la clausola Ue, cosa che potrebbe far scattare la tagliola di Bruxelles sui fondi strutturali cofinanziati dall'Unione europea entro i prossimi due mesi. Tanto è avvenuto perché i governi non hanno mantenuto il livello degli investimenti pubblici al Sud ad una quota del 34% annuo degli investimenti pubblici ordinari totali in Italia, come per altro previsto dal decreto per il Mezzoggiorno del 2018.

E urge sempre più trovare soluzioni, non solo tecniche, visto che il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano parla apertamente di "salvataggio d'emergenza" necessario per i fondi per il Sud. Per i quali serve una riprogrammazione forte. Perché occorre spendere meglio i soldi che pure ci sono con un’idea precisa a livello nazionale di come fare per investire al Sud, senza che il denaro pubblico resti inutilizzato: arrivando invece lì dove occorre, per innescare quei processi di innovazione necessari a trattenere i giovani nei territori, quel germe di futuro senza il quale il Sud potrebbe chiudere bottega nel breve volgere di qualche generazione.
 

Sud a rischio spopolamento per investimenti carenti

Sì, perché il primo agosto 2019 Svimez - nell’anticipare i dati del Rapporto 2019, che prevedono recessione in arrivo - denuncia: il Mezzogiorno d’Italia è in fase di spopolamento.

Ed è uno dei mali peggiori colpisce soprattutto le aree interne, quelle investite in maniera più intensa dall’attività dei Programmi di sviluppo rurale. Occorre investire per evitare che i giovani del Sud scappino dalla campagne e dalle zone interne, pregiudicandone il destino per moltissimo tempo. Anche perché, sempre secondo Svimez, l’agricoltura, insieme al turismo, l’agroalimentare di qualità e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali è non solo uno dei driver di sviluppo del Mezzogiorno, ma tra questi uno di quelli più originali, forti e caratterizzanti.
 

I Psr a rischio disimpegno automatico

In tema di Psr, nei giorni scorsi Rete rurale nazionale mette online i dati Agea sull’avanzamento della spesa aggiornati al 31 agosto scorso: il Sud arranca e almeno tre regioni sono ad elevato rischio disimpegno automatico del Feasr: Puglia, Basilicata e Sicilia.
Con la Campania che forse riuscirà ad azzerare la soglia di disimpegno, potendo ancora utilizzare i pagamenti arretrati per le misure a capo e superficie, ma contando anche sul fatto che è la regione, stando agli ultimi dati trimestrali, aggiornati al 30 giugno 2019, che ha speso di più sulle misure ad investimento, quelle strutturali, come si dice in gergo tecnico. Una situazione di pericolo che, complessivamente, è già all’attenzione delle organizzazioni agricole e dei dirigenti degli assessorati.
 

L'Italia spende troppo poco, rischio sanzioni

Infine, il 7 ottobre arriva l’ultima stoccata, questa volta da Bruxelles, quella che completa e complica un quadro già di per sé critico: Marc Lemaître, a capo della Dg Politiche regionali della Commissione europea, a margine della conferenza stampa dell’Eurobarometro, rivela di aver inviato una lettera al Governo italiano, perché gli investimenti pubblici alimentati da fondi nazionali effettuati nelle regioni del Mezzogiorno – con il Fondo sviluppo e coesione per intendersi - sono inferiori del 20% rispetto agli impegni presi dall’Italia con l’Unione europea, vanificando gli effetti degli investimenti promossi coi fondi comunitari.
Morale: si rischia nel giro di due mesi - questo il tempo concesso all'italia per correggere la rotta - un taglio dei fondi europei, compreso il Feasr, quello che mediante i Psr alimenta gli investimenti privati e pubblici in agricoltura e sviluppo rurale, proprio nelle aree interne del Sud e già a partire dalla programmazione in corso, anche se la decurtazione non interverrebbe prima del 2022, ma avrebbe comunque effetto, anche nel caso le regioni non pervenissero al disimpegno automatico delle risorse.
 

Provenzano: "Livello di investimenti pubblici mai così basso"

Un messaggio che non coglie di sorpresa il ministro per il Sud Provenzano, già vicedirettore di Svimez, che l’8 ottobre scrive una lettera al Quotidiano del Sud dove, citando la missiva di Bruxelles, tra l’altro afferma “Ho ben presente il problema ed ho già lanciato l’allarme: ho trovato il livello di investimenti pubblici al Sud più basso di sempre, un grado di attuazione dell’Fsc irrisorio ed un notevole ritardo nell’assorbimento dei fondi per la coesione territoriale del ciclo 2014-2020 (appena il 20% a cinque anni dall’avvio)". E ancora: “La clausola per il 34% per investimenti ordinari al Sud, che è ancora largamente sulla carta, va attuata. Perché è quella la base per garantire l’addizionalità dei fondi europei”.
Provenzano lancia poi due messaggi: occorre sveltire la capacità di spesa anche delle regioni, che hanno la regia dei fondi strutturali direttamente cofinanziati dalla Ue e va riprogrammato l’Fsc, tagliando lì dove mancano progetti ed investendo in scuole, città, viabilità secondaria, e un ”Green New Deal”. Un capitolo, quest’ultimo, dove l’agricoltura ed il mondo rurale hanno molto da dire e un carico di progettualità non da poco.

Il ministro Provenzano, il 9 ottobre, via telefono, interviene a Mola di Bari ad una presentazione del gruppo Intesa San Paolo e dice: “Con il presidente Giuseppe Conte siamo al lavoro sul Piano Sud, e lo presenteremo nei prossimi giorni, per rilanciare il Piano di investimenti per il Sud che è un piano per l’Italia. Investire al Sud fa bene all’intero paese, alle imprese del Centro-Nord, è un capovolgimento del paradigma di questi anni, ma abbiamo il fattore tempo con cui fare i conti, l’investimento buono deve essere fatto nei tempi giusti e per il Mezzogiorno questo tempo era ieri. Questa urgenza ve la voglio trasmettere, perché non riguarda solo la politica, ma riguarda tutti noi. Dobbiamo fare un cambio di passo sugli investimenti”.

“La vera innovazione da compiere - aggiunge - è sul metodo, non basta solo mettere fondi in bilancio, ma dobbiamo stabilire come cadono e a chi arrivano, su questo dobbiamo lavorare tantissimo. Il Piano Sud sarà soprattutto un metodo per rafforzare la capacità progettuale. Il Sud non è una causa persa”.
 

Aumentare la spesa pubblica per salvare i fondi strutturali Ue

Alla luce di queste ultime notizie è chiaro che occorre sburocratizzare la spesa dell’Fsc, che dipende dalle delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica e la cui regia tecnico politica è nelle mani del ministro Provenzano, ed anche quelle di tutte le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, visto che si parla in toto di investimenti ordinari: e ciò occorre fare per salvare anche tutti i fondi strutturali che hanno una base di cofinanziamento targata Ue – Feasr in testa – ed una regia regionale, pure bisognosa di essere debitamente oliata. Non solo: per l'agricoltura la riprogrammazione dell'Fsc potrebbe essere un'opportunità in più da sfruttare, per mettere a sistema quelle situazioni di crisi dove i progetti ci sono, ma mancano i soldi.
 

Autonomia del rischio disimpegno automatico del Feasr

Tenendo sempre presente che, se non scatteranno tagli al Feasr per responsabilità dei governi succedutisi sin ora, si rischia sempre di andare a disimpegno automatico: pertanto occorre lavorare anche sul come migliorare efficienza ed efficacia di spesa del Feasr che finanzia i Psr – come chiesto a gran voce dal vicepresidente nazionale per il Sud di Anga Confagricoltura, Gian Giacomo Arditi, nell’intervista resa ad AgroNotizie nei giorni scorsi – e non solo di quella che riguarda le imprese. Senza dimenticare di porre enfasi sulle misure che finanziano il futuro: gli investimenti di imprese agricole innovative e giovani e degli enti pubblici.

Servono idee e soluzioni per rilanciare gli investimenti che al Sud, come nel caso della  , sono stati frenati dalla burocrazia anche nella gestione di un’emergenza a carattere nazionale la cui conduzione è legata al rispetto rigido di precise norme fitosanitarie dell’Unione europea. Occorre, più in generale, una visione nuova dei problemi del Mezzogiorno e delle ricette che servono a risolverli realmente.
 

Un viaggio tra istanze e risposte

Pertanto, AgroNotizie intraprende un viaggio lungo il quale toccherà le istanze dei territori del Sud e darà voce a chi può offrire soluzioni per far sì che i fondi strutturali restino un’opportunità di sviluppo per il Mezzogiorno e non si trasformino in una colossale beffa, in grado di alimentare ulteriormente la fuga delle energie più giovani e innovative, già per altro in corso da tempo.

Il tutto anche nel segno dell’impulso che viene direttamente da Bruxelles. Janusz Wojciechowski, che da novembre prossimo sarà commissario europeo per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale, innanzi alla Commissione agricoltura dell’Europarlamento l’8 ottobre scorso ha detto: “Gli agricoltori non dovrebbero essere schiacciati dalla burocrazia. È necessaria un'agricoltura ecologica ed equa. Gli agricoltori dell'Ue sono chiamati a fornire quotidianamente a 500 milioni di persone prodotti agricoli sani e di alta qualità”. Un processo del quale il Mezzogiorno d’Italia può e deve continuare ad essere parte attiva.