Mentre giurava al Quirinale, la neo ministra Teresa Bellanova da Ceglie Messapica (Brindisi) pensava alle amiche braccianti morte sul lavoro, vittime del caporalato. Lei che il fenomeno lo conosce fin troppo bene, per aver interrotto gli studi ed essere andata a lavorare nei campi, diventando ben presto una figura di spicco della Federbraccianti (Cgil).

Del fenomeno ha detto senza mezzi termini: "Il caporalato è mafia e criminalità organizzata e non intendo indietreggiare di un millimetro sull'applicazione della legge sul caporalato, che è repressione, ma anche prevenzione".
E così ha annunciato che verrà istituito un "Tavolo di coordinamento con la ministra (sic) del Lavoro per definire le misure rispetto alla prevenzione, perché bisogna consentire alle aziende che lavorano nella legalità di andare su una piattaforma per trovare i lavoratori. Se non lo fai il caporale diventa l'unico mezzo".

Tanto entusiasmo fin da subito, ma la strada per il ministero in via XX Settembre si è mostrata irta di ostacoli. Mentre Teresa Bellanova posava con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel governo Conte-2, c'era chi sui social ironizzava su un vestito blu - il colore istituzionale per eccellenza, riconosce anche Michel Pastoureau, docente alla Sorbona, storico e uno dei massimi esperti del significato dei colori - e sulla licenza media come massimo risultato scolastico ottenuto.

Il curriculum vitae della ministra Bellanova, invece, racconta un'altra storia, con esperienze in Parlamento e un forte senso di giustizia sociale.
Anche il passaggio di consegne con il predecessore Gian Marco Centinaio, atto non dovuto, ma senza dubbio forma di galateo istituzionale, non è avvenuto. "L'ho chiamato due o tre volte, non mi ha mai richiamato", ha confidato. Ecco allora un segnale di discontinuità. Il ministero dell'Agricoltura perde la delega al Turismo, che il senatore Centinaio, nominato ministro, aveva avocato a sé.

Teresa Bellanova sembra una donna d'acciaio o così se lo augura il mondo agricolo, perché le sfide che attendono uno dei comparti più simbolici del made in Italy - quello dell'agricoltura, del cibo, della dieta mediterranea patrimonio dell'Unesco e della capacità di valorizzare le materie prime anche di importazione come nel caso del caffè o del cacao - sono molte, tanto in Italia quanto nel mondo.

L'attuale globalizzazione fatica a stare al passo coi tempi e sembra scontare alcune difficoltà di dialogo, come evidenziato dalla guerra commerciale fra Cina e Stati Uniti a colpi di dazi. Le ripercussioni di una strategia della tensione fra le due superpotenze mondiali potrebbe avere ripercussioni anche sull'Unione europea. Avranno sicuramente il loro da fare il commissario designato al commercio Phil Hogan (ex Agricoltura) e Jutta Urpilainen (delegata alle alleanze internazionali nella commissione presieduta da Ursula von der Leyen) a proseguire il percorso di accordi bilaterali o multilaterali con Washington che cerca di non perdere il proprio appeal sull'Europa e Pechino che sta conducendo una politica piuttosto aggressiva con la Via della Seta, la grande rotta commerciale verso la quale l'Italia del precedente governo Conte ha mostrato particolare interesse.

Sul versante internazionalizzazione gli sforzi devono intensificarsi e lo ha riconosciuto la stessa ministra Bellanova. "C'è molto da fare sul fronte internazionale - ha affermato -: penso al sostegno all'export agroalimentare, che dobbiamo far crescere dai 43 miliardi attuali ai 50 miliardi entro i prossimi anni anche in un contesto difficile come quello attuale, dove si parla più di dazi e barriere".

Ha destato sicuramente stupore l'endorsement della ministra nei confronti del Ceta, avversato da una fetta importante di agricoltori, non soltanto in Italia. "Dobbiamo lavorare perché si arrivi alla ratifica del Ceta, l'accordo di libero scambio tra Ue e Canada, con l'obiettivo di dare competitività al Sistema Italia - ha specificato -. Finora si è parlato molto di porti chiusi alla disperazione ma non si è parlato molto di porti chiusi alla contraffazione, che è una parte fondamentale della concorrenza sleale al made in Italy".

Accanto all'export la ministra Bellanova ritiene imprescindibile attuare una politica di "investimenti nelle filiere per migliorare i rapporti tra agricoltori e trasformatori, vera chiave del made in Italy, soprattutto nel Mezzogiorno", a conferma di un forte legame verso il Sud.

La provenienza territoriale si fa sentire anche su un altro tema che ha visto recentemente l'Italia condannata dall'Unione europea: la Xylella fastidiosa. "Una delle priorità per me ineludibile sarà affrontare immediatamente l'emergenza Xylella, verificare lo stato dell'arte dei provvedimenti e la loro attuazione, riprendere il filo con i territori, garantire il giusto sostegno alla rigenerazione del paesaggio salentino e pugliese a quanti già si stanno spendendo con generosità e impegno in questa direzione".

La speranza del mondo agricolo è che il ministero delle Politiche agricole - ma non c'è motivo per pensare altrimenti - manifesti il medesimo impegno per debellare anche il pericolo di quella che l'assessore lombardo all'Agricoltura Fabio Rolfi ha definito "la Xylella del Nord: la cimice asiatica", che rischia di minacciare non soltanto i redditi dei frutticoltori, ma anche di portare all'estirpazione di migliaia di ettari, con conseguenze drammatiche anche per la biodiversità colturale.

Una ministra attenta al mondo del lavoro non dimentica i giovani e parla di "uno spazio enorme in agricoltura per le nuove generazioni". La strada obbligata è quella di un'agricoltura di qualità, che significa "futuro, imprese, posti di lavoro, rigenerazione del paesaggio, tutela ambientale, innovazione, valorizzazione delle identità e tipicità, servizi di eccellenza: uno dei più importanti biglietti da visita del nostro made in Italy".

Concetti ribaditi in un videomessaggio al IV Forum Unesco di Parma. "Bisogna investire nelle politiche della qualità e nella valorizzazione nazionale ed internazionale delle indicazioni geografiche, che oggi rappresentano le eccellenze della cultura mediterranea del cibo".
Per portare avanti questi obiettivi il dialogo con le imprese e le regioni diventa centrale. Una collaborazione che la ministra Bellanova si augura improntata alla "leale collaborazione istituzionale".

E una collaborazione proattiva, leale e in difesa dell'agricoltura mediterranea la ministra la dovrà ottenere anche da Bruxelles. Il primo obiettivo, se il Parlamento Ue dovesse dare il via libera, sarà - lo diciamo in tono scherzoso, naturalmente - imparare a pronunciare il nome del commissario all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, polacco, ex magistrato contabile ed ex europarlamentare.
Wojciechowski dovrà gestire la partita della riforma della Politica agricola comune post 2020, che potrebbe slittare anche di uno o due anni, mantenendo l'attuale Pac in regime di proroga. Il terreno di scontro è fertile, a partire dai budget fino alla declinazione del concetto stesso di agricoltura. La Polonia ha un modello estensivo, con grandi commodity e una zootecnia per alcuni aspetti in competizione con l'Italia, non sarà facile difendere il modello della qualità, delle specialty, delle indicazioni geografiche tipicamente italiano.

Nel corso della propria visita al Sana di Bologna, manifestazione dedicata al biologico, Bellanova ha sferzato il Parlamento per arrivare a definire in tempi rapidi una legge sul biologico maggiormente rispondente ai tempi, alla luce anche del successo del bio nel paese. "L'Italia è leader in Europa per numero di operatori biologici e l'incremento dei terreni destinati a queste coltivazioni è un buon segnale. Vogliamo lavorare per rendere sempre più sostenibili le nostre produzioni e per garantire sicurezza al consumatore attraverso controlli rigorosi". Regole più chiare e meno burocrazia, è il diktat.

In attesa di approfondire la questione, la ministra Bellanova non finisce di stupire e marca un altro punto di discontinuità col passato. Il tema è di quelli maneggiati dai media con le pinze: gli Organismi geneticamente modificati. "Sugli Ogm voglio aprire un confronto rapidamente anche con le parti imprenditoriali - dice -. È un tema delicato che non va affrontato in modo azzardato". Suona come l'invito del Ferrer manzoniano al proprio cocchiere: "Adelante con juicio". Vedremo gli sviluppi.


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