Dolcissimo, ma dalla vita amara. Vittima della moderna ambizione alla vita eterna già in Terra, lo zucchero viene infatti collocato tra i famigerati "Cinque veleni da evitare".
Un tormentone che si incontra un po' ovunque su internet, spesso abbinato a pubblicità di questo o quell'integratore "naturale" o alimento alternativo. Per chi desiderasse approfondire il tema, basta una veloce ricerca su Google per "cinque veleni bianchi" e si estrae una lista interminabile di siti che vaticinano armageddon sanitari dovuti al consumo di riso bianco, latte, sale, zucchero raffinato e farina raffinata. Il tutto accompagnato talvolta da qualche teschio o immagine similare come apertura del pezzo, tanto per rasserenare l'animo del lettore.

Da tempo coinvolta nell'analisi del furbesco "marketing del senza", AgroNotizie si è così interessata all'argomento "veleni bianchi" e ha deciso di intervistare lo zucchero dopo aver già dato voce al latte e alle farine moderne con il loro tanto vituperato glutine.

Sono finiti i tempi delle pubblicità alla zucchero che ne esaltavano i grandi benefici per il cervello. Dopo i quattro cavalieri dell'Apocalisse, pare che oggi siano molto in voga i cinque veleni bianchi, tutti rigorosamente da evitare se non si vuole morire giovani in preda ad atroci sofferenze. Lei, caro zucchero, appare nella famigerata lista. Nulla da dire al proposito?
"Primo, si fa presto a dire zucchero. Monosaccaride? Disaccaride? Glucosio, galattosio, fruttosio, oppure lattosio e saccarosio? E mi fermo qui, perché se poi ci spostiamo sui polisaccaridi troviamo per esempio amido, glicogeno e cellulosa. Ho una personalità molto complessa sa? Altro che chiamarmi zucchero e finita lì…".

Che poi sempre di glucosio son fatti questi polisaccaridi, però…
"Certo che sì. Il glucosio è il mattone fondamentale di tutte queste molecole. Nella cellulosa, per esempio, le catene di glucosio sono disposte a fasci paralleli, resi solidali fra loro per mezzo di legami a idrogeno. Ciò porta alla formazione di strutture difficili da attaccare. È il motivo per cui i ruminanti possono attingere energia dalla cellulosa e voi umani monogastrici no. L'amido, sempre di origine vegetale, è invece composto da amilosio e amilopectina in ragione rispettivamente del 20 e dell'80%. Il primo è una sequenza lineare di molecole di glucosio, la seconda ha invece struttura ramificata. Ciò non vi impedisce però di estrarre il glucosio da questo polisaccaride vegetale, dato che il vostro di polisaccaride, il glicogeno, è fortemente ramificato anch'esso e rappresenta la vostra riserva di energia di pronto utilizzo, stoccata per lo più nel fegato e nei muscoli".

Tutti simili, ma tutti diversi, quindi.
"Esatto. L'unità base è sempre il glucosio, quello che sta all'origine dei processi biochimici di produzione dell'energia, vuoi per via anaerobica, vuoi per via aerobica. Da una molecola di glucosio si possono infatti ricavare tramite il processo di glicolisi due molecole di ATP, o acido adenosin trifosfato, cioè la vostra molecola magica da cui ricaverete poi l'energia per gli altri processi necessari alla vostra sopravvivenza. Il problema è che dal processo di glicolisi, anaerobico, ricavate solo due molecole di ATP per ogni molecola di glucosio impiegata. Quindi se volete più energia sono altre le vie".

Per esempio?
"Per esempio il ciclo di Krebs, quello che permette di arrivare fino a 32 molecole di ATP da una sola molecola di glucosio. Mentre la glicolisi si svolge nel citoplasma, il ciclo di Krebs ha sede in organelli chiamati mitocondri, dotati di un proprio Dna. Probabilmente batteri aerobici fagocitati miliardi di anni fa da cellule anaerobiche che invece di digerirli se li sono tenuti cari per aumentare le proprie capacità energetiche. Oggi glicolisi e ciclo di Krebs danno energia alla vita sul pianeta, sia vegetale, sia animale. E tutto parte da una molecola di glucosio. Pensi Lei che ingiustizia essere chiamato veleno da chi vive e respira grazie proprio alla molecola di cui dice peste e corna".

Quindi, piaccia o non piaccia, tutto parte da una molecola di glucosio.
"Infatti. Qualsiasi cosa voi ingeriate di diverso dai carboidrati, pesce, uova o fagioli, va comunque convertita in glucosio prima di essere adoperata come fonte di energia. Ovvio quindi che se per alimentare il vostro motore metabolico dovete demolire un grasso, o una proteina, di energia ne dovete consumare tanta, mentre se ingerite glucosio tal quale, oppure alcuni dei suoi polimeri, il bilancio energetico diviene molto migliore".

In sostanza, gli zuccheri stanno al nostro metabolismo come la benzina sta ai motori a combustione interna?
"Più o meno. Di certo, io sono il vostro carburante d'eccellenza. E voi, ripeto, mi chiamate veleno…".

No, guardi, io me ne guardo bene, anche se sarà bene dirlo che un abuso di zuccheri fa male.
"Certo. Come ogni altro abuso. Se uno vive di dolci e bevande zuccherate mica si fa un favore. Va bene che sono la vostra benzina, ma a tutto c'è un limite. Ma definirmi addirittura veleno, direi proprio che è una stortura bella e buona. Ripeto: se siete vivi è in buona parte grazie proprio a uno zucchero…".

Che poi, come diceva Lei, si fa presto a dire zucchero. Un conto è il glucosio in sé, un altro i prodotti commerciali come il saccarosio. Si fa un gran parlare di raffinati e grezzi, di barbabietola o di canna. Ma cosa c'è di vero?
"Di vero c'è che son tutti dei gran concentrati di saccarosio, cioè un dimero composto da una molecola di glucosio e una di fruttosio. E il saccarosio della barbabietola da zucchero è identico, ma proprio identico, a quello della canna da zucchero. Una volta ingerito il suo comportamento nell'organismo è del tutto uguale a fini digestivi e metabolici".

Ma allora che differenza c'è, visto che uno è marrone e l'altro è bianco?
"Bianco: il colore della purezza è oggi visto, orrore e raccapriccio, come identificativo di un veleno. Di fatto il colore dello zucchero di canna deriva dalla presenza residua di melassa, ovvero ciò che resta dopo la fase di estrazione e chiarificazione preliminare dalle piante, effettuata giocando con acqua, calce, anidride carbonica e calore. Un processo simile tocca al saccarosio estratto dalla barbabietola, con poche differenze, come per esempio l'uso di anidride solforosa atta a scongiurare imbrunimenti e processi di degradazione. Una sostanza che è normata dalla legge e che prevede una soglia massima da rispettare pari a 15 milligrammi per chilo di zucchero".

Ah, ma allora hanno ragione i detrattori dello zucchero bianco a dire che dentro ci sono sostanze nocive?
"Guardi, quella fissata per lo zucchero è circa un decimo della soglia stabilita per l'anidride solforosa nei vini rossi e 14 volte meno rispetto a quella per i vini bianchi. Ipotizzando zuccheri e vini prossimi alla soglia legale, con un bicchiere di vino rosso da 150 millilitri si possono introdurre nell'organismo fino a 24 milligrammi circa di anidride solforosa. Un numero che sale a 32 in caso di vino bianco, sempre ai limiti legali. Per arrivare alle medesime quantità di anidride solforosa si devono aggiungere alle bevande circa 300-400 cucchiaini di zucchero. In sostanza, ci vogliono settimane o addirittura mesi di zucchero bianco per arrivare alla quantità di anidride solforosa di un solo bicchiere di vino. Direi quindi che se si beve abitualmente vino non si può certo puntare il dito accusatore verso la solforosa contenuta nello zucchero…".

Direi anch'io di no. Ma oltre a ciò, vi sono differenze fra zuccheri bianchi da barbabietola e grezzi di canna?
"Sicuramente nel gusto. Quello di canna ha un che di amarognolo che a molti piace, ma che mica dipende dal saccarosio, bensì dalle melasse non del tutto allontanate nel processo di purificazione. C'è tanta gente che invece quel gusto lì proprio non lo apprezza. Ma son gusti e come tali insindacabili".

Quanto invece a composizione?
"Se si parla di nutrizione e calorie, invece, ogni comparazione fa decisamente ridere. A fine processo, dalla barbabietola si ottiene uno zucchero quasi perfettamente bianco, composto al 99,7% di saccarosio. Negli zuccheri di canna comunemente reperibili in commercio il contenuto è del 99% mentre nel Muscovado, il tipo di zucchero più scuro, scende al 95%. Il potere calorico per grammo è quindi praticamente lo stesso e si calcola in quattro calorie circa. In sostanza, un cucchiaino da cinque grammi di zucchero bianco apporta 19,94 calorie contro le 19 del Muscovado. Una caloria in meno su circa venti. Se si è a dieta non è mica che faccia poi tanta diffrerenza...".

E quindi cos'è che la fa, la dfferenza?
"Ciò che fa la differenza fra i tipi di zuccheri sono le sostanze che modificano gusto e colore, le quali hanno però un contenuto nutrizionale decisamente scarso. Per esempio, quel poco di più di sali minerali contenuti nello zucchero grezzo è del tutto insignificante dal punto di vista del reintegro di elementi come potassio o calcio. Si dovrebbero ingerire diversi chili al giorno di zucchero grezzo per ottenere una dose significativa di sali minerali. Stessa cosa per le vitamine e altre molecole utili al metabolismo umano. In sostanza, molto meglio mangiarsi un frutto o aggiungere un pomodoro all'insalata. Chi pensa di far chissà quale bene alla propria salute utilizzando zucchero grezzo di canna anziché raffinato di barbabietola si sta quindi prendendo in giro da solo. I pochi cucchiaini al giorno di zucchero che si aggiungono a dolci o bevande vanno quindi scelti in funzione dei propri gusti personali, lasciando perdere illazioni di tipo nutrizionale o peggio ancora sanitario. Ricordandosi che non bisogna abusare, né dei raffinati, né dei grezzi. Il pericolo è infatti che la gente, pensando che i grezzi siano più salutari, ne consumi con più leggerezza, finendo così per mangiare più zuccheri semplici di quanto sarebbe consigliabile".

Appunto sui rischi sanitari, intende il diabete?
"Non solo quello. Che peraltro mica cambia se si usano zuccheri grezzi, visto il contenuto di saccarosio praticamente uguale a quello raffinato. No, no: io vengo accusato di tumori e altre orrendezze simili. Basta che siate bianchi e patirete di ogni male immaginabile. Se invece è marroncino…".

Se è marroncino è un elisir di lunga vita?
"Più o meno, per seguire la sua ironia. C'è chi vede in quel prodotto 'raw', crudo, grezzo, una sorta di rituale scaramantico atto ad allontanare malattie e perfino a combattere le bieche multinazionali che usano la chimica, pensi un po', per estrarre lo zucchero dalla barbabietola. Come visto, la chimica la usano tutti e due, con differenze del tutto insignificanti dal punto di vista sanitario".

E l'ambiente?
"Continuiamo a fare gli spiritosi? Ma secondo Lei, per un milanese è forse più ecosostenibile uno zucchero di barbabietola prodotto a Ferrara o uno di canna ricavato da piantagioni che hanno sostituito la foresta amazzonica? Sa, quella che sta bruciando proprio in questi giorni a causa per lo più di spregiudicati fazenderos in cerca di nuovi pascoli o terre da coltivare… Per non parlare dell'impronta carbonica di uno zucchero di canna che si è dovuto traversare l'oceano in nave per arrivare, qui, in Italia, tutto bello trendy, con il suo esotico color marroncino. E magari i medesimi estimatori dello zucchero di canna grezzo sudamericano hanno applaudito alla traversata a vela di Greta Thunberg dall'Inghilterra a New York, dimenticandosi che ogni volta che aggiungono un cucchiaino di zucchero grezzo brasiliano al loro caffè, brasiliano pur quello, hanno dato un discreto contributo personale alle emissioni, alla deforestazione e alla distruzione di biodiversità. Sa che a volte siete proprio gente strana?"

Per la verità io mi chiamo fuori da tali stranezze. Più che altro Le devo ricordare che qui in Italia la bieticoltura l'abbiamo mandata a ramengo rinunciando a superfici coltivate e quindi anche a molti zuccherifici, di cui sono rimasti attivi davvero in pochi. Quindi comunque lo zucchero lo dobbiamo importare.
"E che è, colpa mia pure di questo? Già vengo accusato di cancri e di ogni altra mostruosità sanitaria, ora mi accollate pure le conseguenze di decisioni scellerate tutte vostre? Chi è causa del suo mal, pianga se stesso…".

Già. E di solito tali pianti a posteriori su errori politici marchiani sono composti da lacrime molto amare, che nessun tipo di zucchero può riuscire ad addolcire.