"Del senno di poi ne son piene le fosse" diceva Alessandro Manzoni.
Al buon senso ci si potrebbe però appellare più spesso, per esempio quando si parla di crisi di mercato. Proprio in questa stagione si sta consumando l'ennesima crisi di mercato delle drupacce: cronaca di una crisi annunciata.

Vediamo le albicocche che rimangono attaccate agli alberi con commozione; tocchiamo ferro per le pesche e le nettarine. C'è però qualche cosa che non funziona.
Tentiamo una sintesi estrema. Negli anni scorsi gli spagnoli hanno piantumato migliaia di ettari di pescheti (con soldi comunitari) soprattutto nel Nord del loro paese, in Catalogna. L'offerta spagnola si è quindi spostata dalla primavera alla piena estate, in concorrenza con l'offerta italiana che, fin dagli anni '70, presidiava le grandi piazze europee.
Ora stiamo pur certi che per la legge del contrappasso gli spagnoli subiranno la concorrenza greca, paese in cui i costi di produzione sono sensibilmente più bassi, dove si sono piantumati (sempre grazie alla mano comunitaria) migliaia di ettari e dove, per i tempi che corrono, non si sta certo a guardare tanto per il sottile sui mezzi di produzione.

Nel mentre gli italiani si sono buttati sulle albicocche mettendo in coltura un numero esuberante di ettari, e i risultati sono quelli che vediamo. Ricorrendo al banalissimo buon senso noi diciamo: ma nessuno riesce a fare una semplice comparazione fra quella che è la domanda e l'offerta?
Ci spieghiamo: se guardate i dati, il consumo di drupacee in Europa è più o meno lo stesso da qualche lustro. Il consumo medio, poniamo degli ultimi cinque anni, dovrebbe essere il riferimento per eventuali aumenti o diminuzioni dell'offerta, quindi per l'effettuazione di piantumazioni o espianti.
Gli agricoltori prima di affidarsi a un qualsiasi vivaista cerchino i dati. Gli enti di ricerca li forniscano.
E la comunità europea non distribuisca quattrini a spaglio: si adoperi il famoso buon senso.