Qu Dongyu, 55 anni, biologo e viceministro per l'Agricoltura della Cina, è il nuovo direttore generale della Fao. È stato eletto al primo turno, raccogliendo 108 voti sui 191 disponibili, grazie anche al sostegno compatto dell'Africa, che da alcuni anni ha rapporti molto stretti con la Cina, non soltanto in materia di agricoltura e alimentazione.

Qu Dongyu prenderà servizio a Roma il prossimo primo agosto e resterà in carica fino al 31 luglio 2023, succedendo al direttore generale brasiliano Josè Graziano da Silva, reduce da due mandati consecutivi.

È senza dubbio una vittoria della Cina, che ha saputo avocare a sé il consenso ed è una sconfitta dell'Unione europea, che sosteneva la candidata francese Catherine Geslain-Lanéelle (71 voti, sarebbe stata la prima donna a dirigere la Fao), ma anche degli Stati Uniti, che inizialmente avevano deciso di appoggiare il candidato georgiano David Kirvalidze (12 voti), per poi convergere sulla diplomatica francese.

Si apre ora un nuovo scenario. Da più fonti, si parla di una "giornata storica", naturalmente per la Cina e per la politica di Pechino, non certo per gli Usa - che non esprimono un direttore generale della Fao dal 1956 - e per l'Unione europea: è finito nel 1975 il lungo regno dell'olandese Addeke Hendrik Boerma.

In gioco c'è una partita delicata e strategica come quella dell'agricoltura, dell'alimentazione e la battaglia per rispondere all'emergenza della fame nel mondo, che colpisce oggi 821 milioni di persone e che le Nazioni Unite vorrebbero debellare entro il 2030.
La vittoria di uno scienziato come Qu Dongyu, per quanto da alcuni prevista, rappresenta la prima volta di un esponente di un paese comunista (che è anche la seconda potenza economica mondiale) alla guida dell'agenzia Onu per l'alimentazione e l'agricoltura.

Secondo il quotidiano francese Le Monde, Brasile e Uruguay sarebbero stati convinti a sostenere il candidato cinese con lo spettro di una messa al bando delle loro esportazioni agricole verso la Cina e, secondo altre fonti, sembra che Pechino abbia promesso agevolazioni sui debiti nei confronti di alcuni paesi dell'Africa, dove già la Cina è ampiamente presente, in cambio appunto del voto nella sede della Fao a Roma. Voci, che il dovere di cronaca ci fa riportare.

L'Italia ha mantenuto il riserbo più totale in merito al proprio voto, come impone il ruolo di paese ospite della sede della Fao. Tempestive, però, sono giunte le congratulazioni del ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, del premier Giuseppe Conte e del ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio.