I vitigni resistenti continuano a interessare il mondo della viticoltura e dell'enologia italiana. Già tema centrale dell'ultimo forum vitivinicolo tenuto a Firenze a gennaio scorso, tornano ora con la presentazione dei primi risultati di una sperimentazione in corso nel Lazio, condotta da Arsial e Crea-Ve.

Una strada, quella percorribile con i vitigni resistenti, su cui si punta anche a livello europeo, che può portare a una riduzione tra il 70% e l'80% dei fungicidi (e la viticoltura in Europa consuma il 65% di tutti i prodotti anticrittogamici) e un risparmio economico di circa mille euro a ettaro.

A partire dal 2016, infatti, Arsial ha avviato, presso l'azienda dimostrativa di Velletri, un programma finalizzato alla valutazione della risposta agronomica ed enologica dei vitigni resistenti nel contesto pedoclimatico laziale e alla verifica dell'effettiva tolleranza alle malattie fungine.

La prova è condotta su una superficie di circa 2.500 metri quadrati su cui sono state messe a dimora le barbatelle di dieci varietà resistenti alle principali patologie della vite, cinque a bacca bianca e cinque a bacca nera, certificate e fornite dai Vivai cooperativi Rauscedo che ne detengono l'esclusiva grazie ad un accordo di collaborazione siglato nel 2006 con l'Università di Udine.

In particolare nelle prove laziali vengono valutati i vitigni a bacca nera Cabernet Eidos n., Cabernet Volos n., Julius n., Merlot Kanthus n., Merlot Khorus n. e i vitigni a bacca bianca Sauvignon Kretos b., Sauvignon Nepis b., Sauvignon Rytos b., Soreli b. e Fleurtai b.

Tutti i vitigni sono allevati a guyot con un sesto d'impianto di 2,3 metri x 1 metro, pari ad una densità di circa 4.350 viti per ettaro.

La sperimentazione prevede ovviamente anche la risposta enologica di queste varietà così dal 2018 sono stati disponibili i primi risultati di campo e quelli delle micro-vinificazioni, che hanno evidenziato buoni parametri analitici sia nei mosti che nei vini ottenuti.

Prove che al momento hanno dato buoni risultati, sia dal punto di vista della resistenza a peronospora e oidio, sia dal punto di vista enologico. In particolare per i rossi è stato possibile accertare accanto ad una buona struttura, la presenza di un buon contenuto in antociani e in polifenoli.

Nel complesso quindi questi vitigni appaiono adatti alla coltivazione nel Lazio anche se, oltre agli aspetti tecnici non sono sufficienti per un loro utilizzo.

Infatti i vitigni resistenti, pur essendo iscritti dal 2015 al Registro nazionale delle varietà di vite, devono superare una serie di ulteriori controlli prima di poter ottenere l'idoneità alla coltivazione a livello regionale.

Inoltre, trattandosi di varietà ottenute da incroci interspecifici tra Vitis vinifera e altre specie del genere vite, non possono secondo la normativa vigente essere usati nella produzione di vini Doc o Docg.

Possono invece confluire nella costituzione delle Igt, a condizione che queste varietà risultino iscritte nei relativi registri regionali e che la loro presenza sia contemplata dai relativi disciplinari di produzione.

I rilievi in corso a Velletri hanno quindi lo scopo non solo di valutare il valore e le potenzialità vitivinicole di queste varietà, ma anche e soprattutto di fornire l'evidenza scientifica per poter supportare l'eventuale autorizzazione alla coltivazione delle varietà suddette nel territorio della Regione Lazio.

La strada per l'uso dei vitigni resistenti nel Lazio è ancora lunga, ma si sta iniziando a percorrerla nel modo giusto.