Qualche sporadica pioggia, portate "già estive" dei fiumi e una grande opera che sembra dimenticata: il Po. E' questo lo scenario che appare in Nord Italia in questi giorni di marzo 2019.

Ad oggi il più lungo fiume italiano deve fare i conti con una secca anticipata e con la grave siccità estesa ad affluenti, laghi e invasi montani, causate da carenza di neve e penuria di piogge.

Ma non è l'unica zona che preoccupa, "La situazione generale, in Italia settentrionale, sembra peggiore di quella del 2017". Ad affermarlo è Coldiretti che ha proseguito: "Ricordiamo che la siccità del 2017 è costata 2 miliardi di euro di danni all'agricoltura, tagliando i raccolti delle principali produzioni ortofrutticole. Inoltre ha creato difficoltà anche per gli usi civili nei centri urbani".
 

I laghi lombardi a caccia d'acqua

A caccia d'acqua anche i laghi lombardi accomunati da un evidente deficit nel livello idrometrico, causato dalla scarsità di precipitazioni: Maggiore -51%, Como -65%, Iseo -50% e Idro -10%.

Unica eccezione è il lago di Garda, che segna +26% sulla media di riferimento, avendo usufruito degli apporti di un febbraio relativamente piovoso sul suo bacino.

La quantità d'acqua stoccata sotto forma di neve, espressa dall'indice Swe (Snow water equivalent) è in linea o leggermente al di sotto della media, ma ha registrato un netto calo nel mese di febbraio a causa delle temperature molto elevate anche in quota. Le previsioni annunciano un ulteriore periodo asciutto fino al termine di marzo.
 

Emilia Centrale, siccità e irrigazione

A seguito di questa eccezionale ondata di siccità, anche nella sede del Consorzio di bonifica dell'Emilia centrale, lo scorso 15 marzo, si è riunito un tavolo straordinario per parlare di emergenza idrica.

Gli amministratori, i dirigenti dell'ente e i rappresentati delle associazioni agricole dei territori di Reggio Emilia e Modena si sono riuniti per approfondire il tema dell'avvio anticipato del servizio irriguo gestito dal Consorzio stesso.

I tecnici dell'Emilia Centrale hanno assicurato i rappresentati degli agricoltori che il servizio irriguo è già stato avviato in particolare nella zona dei prati stabili della Val d'Enza, dove, in questo momento, si registra la maggiore esigenza di acqua da utilizzare in agricoltura.
Attivata anche la derivazione dal fiume Secchia per la quale si è provveduto a tempo di record a sistemare l'invaso danneggiato dalla piena del 3 febbraio scorso.

Situazione diversa invece per le prese di risorsa idrica dal Po a Boretto dove, prima dell'attivazione dell'impianto idrovoro, serviranno ancora alcuni giorni. Sistema che, assicurano i tecnici, andrà a regime entro la fine del mese in modo da soddisfare le richieste.

Durante l'incontro illustrati anche gli interventi eseguiti sulla rete irrigua, essenziali per un'equilibrata e calibrata distribuzione dei flussi nei periodi di preponderante necessità collettiva. 


Allarme anche nelle Marche

L'allarme acqua però è arrivato anche nelle Marche, dove fiumi e invasi sono pesantemente sotto la media stagionale.

"L'invaso di Cingoli è sotto di 12 milioni di metri cubi d'acqua rispetto alla quantità media di riserva idrica rilevata in questo periodo; la situazione è preoccupante - afferma il presidente del Consorzio di bonifica della Marche Claudio Netti - Se non arriveranno presto le precipitazioni, la carenza d'acqua avrà conseguenze pesanti sull'agricoltura, ma anche la capacità di approvvigionamento degli acquedotti sarà minacciata con rischio per le riserve idropotabili. Se a questo si aggiunge che anche in campagna il livello dei pozzi si sta abbassando, il quadro non è davvero roseo".
 

Allarme idrico, una preoccupazione comune

Visto l'anomalo andamento climatico che ha già costretto ad aprire alcuni impianti per irrigare i campi e non creare danni alle colture, è stata chiesta la convocazione di un tavolo di crisi per affrontare l'emergenza.

"Permanendo le attuali condizioni - sottolinea il presidente dell'Anbi Francesco Vincenzi si prefigura una stagione irrigua 2019 molto complessa, che va affrontata con un'attenta pianificazione della risorsa idrica".
"Nell'immediata prospettiva - prosegue Massimo Gargano, direttore generale dell'Anbi - non possiamo che ribadire la necessità di cogliere l'opportunità offerta dai Consorzi di bonifica, con la loro progettazione esecutiva, per realizzare ulteriori invasi e trattenere l'acqua piovana, di cui oggi si riesce a conservare solo l'11%".

Anbi protagonista anche all'incontro con il ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio dove è stata ribadita l'urgenza di accelerare la conclusione degli iter procedurali per l'apertura dei cantieri previsti.

Ed è proprio in occasione della Giornata mondiale dell'acqua che l'Anbi ha comunicato l'arrivo delle convenzioni per l'apertura dei cantieri del piano nazionale invasi.
"La situazione idrologica del Paese - evidenzia il presidente Vincenzi - si è capovolta nel giro di pochi anni, obbligando a nuove strategie infrastrutturali, iniziando dal Piano nazionale invasi di cui, grazie all'impegno del Mit e del Mipaaft, stanno arrivando le convenzioni indispensabili all'avvio delle procedure di assegnazione dei primi 30 interventi. Analogamente stanno per essere emanate le graduatorie degli interventi nell'ambito del Piano irriguo nazionale. La salvaguardia del patrimonio idrico, deve essere impegno comune verso una nuova civiltà dell'acqua".
 

Italia, una nazione divisa in due

L'Anbi, in concomitanza con la festa di San Benedetto, patrono dei bonificatori, fa il punto sullo stato delle risorse idriche del Paese, dove è forte la preoccupazione per le future disponibilità d'acqua.

A rappresentare la gravità del quadro il bacino padano, dove la portata del fiume Po è circa la metà della media del periodo (a Cremona: 538 metri cubi al secondo invece di 1086; a Boretto: mc/sec  616 invece di 1226; a Pontelagoscuro: mc/sec  770 invece di 1533) con l'inevitabile risalita del cuneo salino per oltre 10 km nel Po, che ha già contaminato le prese irrigue più vicine alla foce.  

Ancora più evidente è la criticità di altri fiumi dell'Emilia Romagna, già protagonisti di disastrose alluvioni in anni recenti: l'Enza ha una portata di 0,06 metri cubi al secondo contro una media di 17,3; il Reno di mc/sec 2,89 contro una media di 25; il Secchia addirittura di mc/sec 2,02 invece di 31,2.

Analogo andamento si registra in Piemonte. Infatti, se la Dora Baltea segnala solo 28 metri cubi al secondo invece di 31,1, ben più grave è la condizione del Tanaro (mc/sec 57 invece di 124,5) e della Stura di Lanzo (mc/sec  3,0 invece di 6,2); di fronte a tale situazione e prevedendone solo un peggioramento, è scattato l'invito a "sommergere" le risaie entro fine aprile per evitare la successiva concomitanza con le esigenze irrigue del mais.

In Lombardia, come già visto, sono i grandi laghi a dare il segno della crisi.

Decisamente diversa è la situazione nel Sud Italia, dove ad oggi l'acqua non manca.
In Puglia trattengono attualmente 284 milioni di metri cubi (l'anno scorso erano 243) su una capacità complessiva di 336 mentre in Sardegna l'acqua nei grandi invasi è pari a 776 milioni di metri cubi (l'anno scorso erano 556) su una capacità complessiva pari a 945 milioni di metri cubi.
In Sicilia sono conservati 277 milioni di metri cubi, erano 192 nello stesso periodo 2018, su una capacità complessiva di 421.
La Basilicata invece è la regione meno ricca di riserva idrica: solo 422 milioni di metri cubi (erano 392, un anno fa) contro una capacità totale di 826 milioni di metri cubi.

La speranza condivisa ora è quindi quella di piogge lunghe, costanti ma non troppo intense; il timore per le sempre più frequenti "bombe d'acqua" è sempre in agguato.