Con l'81% della superficie classificata come area svantaggiata e con oltre il 64% di tutta la superficie agricola utilizzabile collocata in territori che l'Ue riconduce appunto alla categoria Lfa (Less favourite areas), con il 50,4% della Sau in territori di montagna, l'Austria ha imboccato le uniche strade che potevano assicurare un futuro al settore primario: la ricerca e innovazione, perseguita (anche) attraverso un Centro sperimentale all'avanguardia come quello di Raumberg-Gumpenstein, e il biologico, tanto che secondo i dati dell'Unione europea, l'Austria è il primo paese per coltivazioni "organic", con il 23,4% di tutta la superficie agricola (dato 2017).
Alle sue spalle, l'Estonia (19,6%), la Svezia (19,2%), l'Italia (14,9%). La media dell'Ue, riferita al 2017, si attesta al 7%. L'Austria, dunque, ha il triplo delle superfici a bio.

Altri numeri utili che servono per inquadrare meglio il settore: in Austria su 116mila agricoltori, oltre il 20% conduce strutture biologiche, tanto che ogni anno per il bio vengono stanziati circa 110 milioni di euro dalla Pac
Una cifra non indifferente per l'Austria, alla guida del semestre europeo nella seconda metà del 2018, al punto che sommessamente i funzionari del ministero dell'Agricoltura dichiarano: "Siamo certamente contenti per le conversioni dei terreni al biologico, ma non possiamo nascondere qualche preoccupazione per l'ammontare delle risorse, sempre più alte, destinate alle aziende biologiche". Insomma, per essere chiari, se si sfora il tetto dedicato al segmento organic, l'unica soluzione possibile è ridurre pro quota i finanziamenti alle imprese, con il rischio - forse - di non rendere poi così conveniente il passaggio dal convenzionale al bio, perché la massima sintesi dell'economia di impresa è produrre per la redditività. Se viene meno, decade la funzione stessa dell'impresa.

In questi anni il ministero ha avviato un dialogo particolarmente costruttivo con il mondo agricolo, con l'obiettivo appunto di sostenere il settore primario, mantenere ambiente e territorio, far crescere il paesaggio e il sistema agricolo alpino.
Il nuovo governo, sulla scorta di un binomio riconosciuto peraltro fra agricoltura e ospitalità rurale, ha inglobato anche le funzioni del turismo, esattamente come in Italia. I primi risultati, tanto in Austria quanto forse in Italia, si devono ancora vedere, "ma una fase di rodaggio è assolutamente comprensibile, dicono a Vienna, relativamente alla propria esperienza".

In base ai dati comunicati, nel corso di un viaggio studio organizzato dalla Commissione Agricoltura dell'Unione europea, dal ministero austriaco dell'Agricoltura, sostenibilità e (appunto) turismo, in Austria sono 82.510 le aziende agricole situate in aree sfavorite e che, in base a cinque categorie di svantaggio, ce ne sono ben 18.761 inserite nelle zone a più alto svantaggio (categorie EP 3 e EP 4).
La classificazione serve ad assegnare ovviamente i punteggi per l'aiuto economico che l'Unione europea garantisce tramite il sistema della Politica agricola comune. Esistono poi altre variabili, introdotte dal paese. L'Austria ha compiuto una scelta piuttosto netta, assicurando alle realtà zootecniche maggiori aiuti, consapevole che sono proprio gli allevatori che operano nelle aree più impervie del paese a garantire quella protezione del territorio che, altrimenti, si ritroverebbe di colpo esposto a frane, smottamenti, incuria, forestazione selvaggia e incontrollata.
Naturalmente anche le condizioni climatiche estreme, la forte pendenza dei terreni, la produttività del suolo, la manutenzione degli accessi, la presenza di animali tradizionali e l'altitudine dell'azienda garantiscono progressivamente maggiori aiuti.

Allo stesso tempo, l’Austria ha deciso di non erogare alcun premio alle imprese agricole che, sebbene situate in aree svantaggiate, possono contare su una superficie superiore ai 70 ettari. Il viaggio in Austria di AgroNotizie parte con queste premesse.


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