Ho sulla scrivania qualche malloppo che presto o tardi utilizzerò per il maggior tedio dei miei lettori.
Il primo è il disegno di legge sulla tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola (…) già approvato dalla Camera dei deputati con larga maggioranza e dai primi di gennaio in discussione al Senato.
Il secondo è il rapporto del Crea sull'agricoltura italiana (31esima edizione – "l'Agricoltura italiana conta").
Il terzo è una ricerca commissionata all'Università di Bologna da un consorzio orticolo, il Consorzio AgriBologna, sui costi di produzione (“il prezzo equo per l'orticoltura).

L'agricoltura italiana è in cambiamento, un cambiamento in cui si notano anche aspetti positivi: per esempio un certo risveglio dell'interesse da parte delle giovani generazioni o ancora una sempre maggiore predisposizione a una gestione imprenditoriale.

Chi fa agricoltura oggi deve fronteggiare sempre di più il mercato, ovvero è venuto a meno quell'adattamento alla variazione dei prezzi e dei costi dato dal lavoro dell'agricoltore e della propria famiglia.
Appare anche chiaro che l'agricoltura italiana ha una certa predisposizione alla qualità e alla sostenibilità delle pratiche.
Come ha osservato qualcuno l'agricoltura sostenibile non deve essere solo quella biologica, non esiste una agricoltura buona e una cattiva – esiste un buon agricoltore.
E il buon agricoltore, quello professionale, attento, che ogni giorno vive il proprio territorio e la sua azienda deve essere premiato.

Concetto semplice: a vincer il tedio a volte basta la sintesi.