La Brexit rischia di mandare in frantumi il proverbiale self-control del popolo britannico. La Camera dei Comuni britannica ha bocciato ieri, 15 gennaio 2019, l'accordo che la premier Theresa May aveva raggiunto lo scorso novembre con Bruxelles sul divorzio dall'Ue: 432 no contro 202 sì.

Numeri impietosi, che attestano come una lettera scarlatta che si tratta della più grande sconfitta di un governo in carica in tutta la lunga storia parlamentare britannica. Si riapre dunque la partita della Brexit, con un sempre più probabile secondo referendum e una serie di incognite che rischiano di pesare in maniera determinante sul comparto dell'agricoltura.

Secondo quanto riportano le piattaforme di informazione online Farmers Guardian e Farming UK, un gruppo di parlamentari conservatori avrebbe già presentato un progetto finalizzato ad elaborare un nuovo piano Brexit. Di fatto però, allo stato attuale, il Regno Unito lascerà l'Ue il prossimo 29 marzo senza alcun accordo sostenuto e condiviso dal Parlamento. In pratica, questo significherebbe per il settore primario ricorrere alle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), con le esportazioni di carni bovine e ovine che dovrebbero far fronte a dazi di almeno il 40% e tutte le altre esportazioni agricole costrette a subire una serie di nuovi controlli, compresi quelli sanitari.

L'UK Farming Roundtable, Tavola rotonda che rappresenta le organizzazioni di coltivatori di tutti i settori agricoli del Regno Unito, istituita in seguito al referendum sulla Brexit, ha messo in guardia dal "grave impatto" che un'uscita senza accordi dall'Unione europea avrebbe per i prodotti alimentari e l'agricoltura in generale.
Composta da gruppi come la National farmers' union (Nfu), il principale sindacato di rappresentanza degli imprenditori agricoli del Regno Unito, la National beef association e la Soil association, la Tavola rotonda ha chiarito che ci saranno "conseguenze importanti e immediate" se il Regno Unito finirà per lasciare l'Ue senza un accordo.

Una no-deal Brexit potrebbe effettivamente comportare un embargo commerciale sull'esportazione dal Regno Unito di carne, uova e prodotti lattiero-caseari verso l'Ue. Queste merci vengono infatti importate dall'Unione europea solo da paesi autorizzati e potrebbero essere necessari mesi prima che tale status venga concesso alla Gran Bretagna.
Duramente colpito risulterebbe in particolare il settore ovino: nel 2017, il 31% della produzione nazionale di carni ovine, pari a 4,5 milioni di pecore, è stato esportato e il 94% era destinato proprio all'Ue. Non solo. È probabile che tra Regno Unito ed Europa sorgeranno barriere commerciali che potrebbero limitare la disponibilità di molti fattori produttivi come medicinali veterinari, fertilizzanti, prodotti fitosanitari, parti di macchinari e mangimi per animali.
Inoltre, poiché l'Ue non riconoscerà più gli organismi di certificazione biologica del Regno Unito, le esportazioni di prodotti biologici verso l'Ue verranno notevolmente ridotte. La Tavola rotonda fa riferimento anche all'improvvisa fine della mobilità del lavoro da parte dell'Ue, il che causerebbe seri problemi per quanto riguarda la manodopera necessaria per raccogliere e lavorare i prodotti britannici, nonché ruoli correlati quali lo svolgimento di ispezioni veterinarie.

Il presidente della Nfu, Minette Batters ha dichiarato: "I membri della Tavola rotonda sono stati chiari fin dall'inizio: una Brexit senza accordo sarebbe disastrosa, non solo per i nostri agricoltori, ma anche per i consumatori. A meno di tre mesi dal giorno di uscita previsto, la Tavola rotonda era preoccupata che il no-deal rimanesse una possibilità concreta in assenza di una maggioranza chiara. In particolare, ad allarmarci era il fatto che alcuni parlamentari continuassero a sostenere che il no-deal sarebbe stato comunque un risultato gestibile e accettabile per la Brexit. Ebbene, non siamo per niente d'accordo su questa posizione".

Vicki Hird, coordinatore della fondazione agricola e alimentare Sustain Alliance, ha dichiarato: "La confusione regna sovrana su ciò che potrebbe accadere dopo questo voto significativo. Tuttavia, una situazione senza accordi va evitata a tutti i costi in quanto potrebbe mettere a repentaglio gli approvvigionamenti alimentari, influendo in modo sproporzionato su chi ha redditi bassi, e distruggere importanti rotte commerciali per i nostri produttori e agricoltori".

John Davies, presidente gallese della Nfu, fa eco a queste preoccupazioni. "Alla fine dell'anno scorso, abbiamo preso in seria considerazione l'accordo del primo ministro, e benché lontano dall'essere perfetto, abbiamo dato il nostro sostegno sulla base del fatto che fosse comunque preferibile alla prospettiva di una caotica no-deal Brexit per l'agricoltura gallese. Il voto delle ultime ore è profondamente preoccupante, in quanto ci avvicina di un altro passo alla tanto temuta situazione di una uscita senza accordo. Per il momento, continuiamo a osservare e aspettare da vicino, comunque il tempo che ci resta è davvero breve".

Per il presidente della Farmers union of Wales (Fuw), Glyn Roberts, estendere o revocare del tutto l'articolo 50 del Trattato di Lisbona (che definisce la procedura per lasciare volontariamente l'Unione) è una priorità chiave. "Nelle prossime ore - ha dichiarato - presiederò un'altra riunione di emergenza dei nostri presidenti e vice presidenti in cui saranno decisi i nostri prossimi passi, ma la mia reazione iniziale a questo voto riflette ciò che ho detto a Theresa May quando ci siamo incontrati a luglio: l'articolo 50 deve essere ritirato o esteso al fine di guadagnare tempo e garantire che non si generino crisi in seguito all'uscita dall'Ue. Purtroppo quello che stiamo vivendo è esattamente il tipo di scenario che temevamo".