In Puglia, il 6 dicembre scorso, sono giunte ufficialmente le prime 11mila piante di olivo Fs-17, la cultivar Favolosa brevettata dal Cnr anni fa e rivelatasi resiliente alla Xylella fastidiosa, insieme ad un'altra: la Leccino.

Questi olivi non sono immuni al batterio che genera il disseccamento rapido, ma sono geneticamente resilienti: convivono col male restando produttivi e così si comportano anche gli innesti su piante attaccate dal batterio fatti con queste due varietà. Eppure potrebbe esistere un'altra possibilità convivere con la Xylella.

Il ministro alle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, il 19 luglio 2018 si recano, come prima tappa della visita ministeriale nella provincia di Lecce, a Cannole, in località Anfione, per un sopralluogo in un oliveto nel quale si utilizza un metodo anti Xylella già sperimentata da Marco Scortichini, batteriologo del Crea. E trovano piante rigogliose. Un metodo, va detto, che si basa fondamentalmente su una forma di fertilizzazione fogliare.
 
Produzione 2018
Proprietà Minosi, preraccolta 2018
(fonte: © Marco Scortichini)

Su una superficie di circa 1,4 ettari, vivono circa 200 olivi, con 20 anni di età, con un sesto di impianto di 8 metri x 8 metri, e sono di cultivar locali: Ogliarola salentina e Cellina di Nardò.
"Sono state campionate un numero significativo di piante, circa il 10%, e la Xylella c'è" sottolinea Scortichini.

"La terapia si è rivelata efficace, perché nel 2016, quando ho iniziato i trattamenti, i segni dell'infezione erano vistosi - dice ad AgroNotizie Donato Minosi, proprietario dell'oliveto - ed ero stato consigliato di abbandonare l'oliveto e di tagliare le piante, ma non me la sono sentita di abbatterle, le avevo piantate io stesso, così iniziai ad applicare il metodo del dottor Scortichini".

"A partire dall'aprile 2016, l'oliveto, che manifestava vistosi segni di deperimento, con rami e branche avvizzite, è stato potato per rimuovere tutte le parti disseccate, e, successivamente, trattato, una volta al mese (da aprile a settembre) con un prodotto a base di zinco - rame - acido citrico (Dentamet) - dice ad AgroNotizie Scortichini, che aggiunge - Non sono stati distribuiti ulteriori prodotti alla chioma. Sono state effettuate leggere concimazioni al terreno a base di azoto e fosforo. Nel corso del primo anno di ripristino non si sono evidenziati sintomi apparenti di disseccamento".

E' questa la fertilizzazione fogliare che viene utilizzata per convivere con la Xylella. Il Dentamet è appunto autorizzato come fertilizzante. Nel corso del 2017 è stato ripetuto il calendario dei trattamenti sempre con lo stesso prodotto. "E le piante sono tornate parzialmente in produzione - dice Minosi - Anche nel corso del 2017 non si sono evidenziati disseccamenti alla chioma. Alcune piante hanno iniziato a produrre e si è raggiunta una produzione di circa 40 quintali di olive" sottolinea ancora l'agricoltore.

Nel 2018, con un numero di trattamenti passato dai 6 dell'anno prima a 5, ed effettuati nello stesso arco temporale, si è ottenuta una cospicua fioritura e un raccolto di circa 100 quintali, di buona qualità.
 
Olivo
Proprietà Minosi, produzione invaiatura 2018
(fonte: © Marco Scortichini)

 
"Nel corso della stagione le piante hanno mostrato una notevole vigoria e assenza di disseccamenti" sottolinea Scortichini.
"Avremmo potuto raccogliere anche di più - aggiunge Minosi - ad un certo punto, su una produzione residua, ci siamo dovuti fermare, perché tra il 10 ed il 15 ottobre, a causa delle temperature troppo elevate e della nebbia, le drupe si sono cotte, evidenziavano come una sorte di lebbra e l'acidità in acido oleico era tale da sconsigliare la raccolta, avremmo potuto farne solo dell'olio lampante".

Scortichini tiene a precisare: "Mediante analisi molecolari si è potuto accertare che nell'area, compreso l'oliveto del signor Minosi, è presente Xylella fastidiosa. L'oliveto è rientrato in produzione, mentre le aziende limitrofe non hanno raccolto nulla o molto poco. Il tutto per un costo ad ettaro, per ogni anno di trattamenti, intorno a 250-300 euro".

Resta da chiedersi: come mai i campi sperimentali, ai quali era stata proposta la stessa cura, sono stati abbandonati?
"La costanza e la tenacia del signor Minosi ha sicuramente contribuito al risultato" conclude Scortichini.