Quale è la realtà dei consorzi di bonifica?
"I consorzi di bonifica sono sparsi su tutto il territorio nazionale e sono regolamentati da una legislazione regionale. Il loro compito è la difesa del suolo dall'acqua e la tutela del territorio in generale, oltre alla distribuzione della risorsa irrigua per l'agricoltura. Ricordiamo che oltre 1.200.000 ettari del territorio nazionale è sotto il livello del mare e richiede che l'acqua sia costantemente sollevata e condotta a un collettore per il deflusso.

I consorzi associati da Anbi sono attualmente 145. A livello nazionale ci occupiamo di oltre 750 impianti idrovori e 220mila chilometri di canali artificiali. In molte regioni d'Italia, inoltre, ci vengono attribuite funzioni relative al dissesto idrogeologico dei corsi d'acqua naturali, in quanto la soppressione delle province e delle comunità montane, che gestivano alcune tipologie di territorio, ha portato i consorzi di bonifica ad assorbirne i compiti, in quanto detentori delle competenze, capacità progettuale e patrimonio tecnico e umano necessari per far fronte all'impegno anche in un ottica di mitigare gli eventi calamitosi legati a cambiamenti climatici e urbanizzazione sfrenata"
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Quali sono il ruolo e le attività di Anbi nella gestione dei consorzi?
"Anbi alimenta la consapevolezza del ruolo dei consorzi di bonifica nel contesto nazionale. In questo senso abbiamo svolto negli ultimi anni un lavoro importante di coordinamento della comunicazione, che riteniamo debba essere lo strumento di trasparenza nel lavoro dei consorzi per evitare che si creino, come in passato, idee distorte.

Oggi i consorzi di bonifica si stanno aprendo al mondo, alle istituzioni e ai cittadini per far conoscere e comprendere il ruolo strategico che hanno nei territori. Se è vero che i consorzi di bonifica sono nati nel passato per recuperare terreni per l'agricoltura e per garantire la sicurezza sanitaria di alcune aree, nel corso del tempo si sono evoluti e oggi rappresentano i soggetti più moderni presenti sul territorio. Riescono a essere tali potendo contare su una capacità finanziaria che deriva loro da una vera e propria forma di federalismo fiscale, con i contributi dei cittadini che sono dovuti e incassati solo ed esclusivamente se l'immobile privato trae beneficio dal lavoro del consorzio. Le risorse esatte, infine, rimangono comunque sul territorio.

I consorzi di bonifica si dimostrano moderni anche perché riescono a dare garanzie di sicurezza idraulica in un territorio che, dal 1950 a oggi, è profondamente cambiato dal punto di vista urbanistico; sono moderni perché sono riusciti a seguire le esigenze di un mondo agricolo che, non solo in tempi di crisi, nei numeri e nei fatti ha dato risposte all'economia del paese diverse da quelle di tanti altri settori.

La crescita del settore agricolo e agroalimentare è merito anche dei consorzi di bonifica, che hanno continuato a distribuire l'acqua anche in tempo di cambiamenti climatici che impongono al comparto riflessioni e condotte diverse rispetto al passato. A seguito del climate change, i consorzi di bonifica sono chiamati a gestire forti piogge seguite da lunghi periodi di siccità continuando a fornire acqua agli agricoltori con costanza. Lo stiamo facendo mettendo in campo l'innovazione e la ricerca, utilizzandole al meglio per vincere la sfida dell'uso razionale dell'acqua, ma anche abbandonando la vecchia 'logica del rubinetto' - in base alla quale ci si preoccupa solo quando non c'è più acqua - e proponendo un Piano nazionale invasi che ci permetterà di recuperare e sfruttare ben più del misero 10% di acqua piovana che riusciamo a raccogliere ora. In questo senso il paese ha bisogno però di uno scatto di orgoglio, di una scossa che lo porti a investire in questo progetto; un progetto che deve partire dal basso e tenere conto delle caratteristiche di tutti i territori, sia dal punto di vista agricolo che ambientale e antropico.

Questo è quello che, secondo noi, va fatto per affrontare le sfide del futuro"
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Come vi rapportate con i vostri colleghi stranieri?
"Il modello aggregativo e di distribuzione dei consorzi di bonifica è diffuso soprattutto nel Sud Europa, in Italia, Spagna, Portogallo e Francia. Il mondo dei consorzi di bonifica, cosa diversa dalla distribuzione della risorsa idrica, è invece presente in tutto il territorio europeo ed è rappresentato dallo Euwma (European union of water management associations). Nel corso degli anni, questo non è però stato sufficiente per far comprendere le condizioni dell'irrigazione nel nostro paese e in tutti quelli del Mediterraneo. Per raccogliere tutti i soggetti che, come noi, in Europa irrigano e operano in un contesto che ha caratteristiche ed esigenze diverse dai paesi del Nord Europa, abbiamo quindi recentemente costituito 'Irrigants d'Europe', una nuova struttura che si propone di contrastare la tendenza europea di assecondare sui temi dell'acqua soprattutto le scelte dei paesi nordeuropei e per andare a contrapporci a questa linea politica, o anche solo a creare una base di dialogo diversa da quella che c'è stata in passato, mettendo in risalto l'importanza dell'irrigazione per l'agricoltura e per la tutela di territorio e ambiente.

Attualmente non esiste una vera e propria politica europea sulla gestione delle acque, ma solo una direttiva Quadro acque, tarata su esigenze e condizioni diverse dalle nostre e attualmente in fase di revisione. Noi dobbiamo far capire in Europa che, indipendentemente dall'azione dell'uomo, la presenza incostante dell'acqua è un elemento caratteristico del nostro territorio. Una volta che questo elemento sarà recepito, sarà possibile eliminare tutte quelle strutture e storture che oggi ci impongono gestioni che di fatto limitano e danneggiano l'attività agricola, influendo negativamente sulla competitività delle nostre imprese. Noi andremo a chiedere all'Europa che costruisca una nuova politica agricola e un percorso di condivisione sui fondi comunitari per l'agricoltura irrigua diverso da quanto fatto finora. Oggi dobbiamo far costruire le politiche agricole sull'agricoltura irrigua, perché l'85% dell'agroalimentare italiano proviene da un'agricoltura che dipende dall'irrigazione. 
I primi a voler vincere la sfida della razionalità e a voler fare le cose per bene siamo noi, gli agricoltori e i consorzi di bonifica, e vogliamo farlo attraverso la tecnologia e la ricerca.

Alla politica nazionale chiediamo che dia delle risposte concrete rispetto al tema delle infrastrutture irrigue del paese, che sono di proprietà del Demanio dello Stato. Sono nate in tempi passati e ora abbiamo bisogno di adeguarle ai nuovi regimi climatici che hanno ormai perso il loro carattere di eccezionalità per rientrare in quello di una nuova normalità. D'altro canto dobbiamo decidere se continuare a considerare l'agricoltura un asset strategico e un modello di sviluppo per il nostro paese. Se così è, la politica nazionale deve dare attenzione alle acque irrigue, perché la nostra agricoltura è irrigua"
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In che modo Anbi promuove un uso responsabile dell'acqua?
"Noi abbiamo voluto giocare in questo campo tutte le carte messe a disposizione dall'innovazione e dalla ricerca e raccontare come si può irrigare utilizzando tutte le tecnologie possibili e immaginabili.
È nato proprio in Anbi, grazie anche alla ricerca del Canale emiliano romagnolo, il progetto IrriFrame. Si tratta sostanzialmente di un consiglio irriguo che diamo gratuitamente all'agricoltore per cercare di ottimizzare la produzione individuando il momento e la quantità più giusta di acqua da dare alle coltivazioni.

Sempre all'interno di Anbi è nato poi Acquacampus, presentato a Macfrut, che vuole suggerire agli addetti del settore e agli agricoltori come si può fare innovazione valorizzando il sistema irriguo dei territori.

È evidente che noi siamo i primi sostenitori che l'acqua in agricoltura non viene sprecata, ma ha un valore aggiunto molto superiore a quello del suo utilizzo. Pensiamo a sistemi in sommersione come le risaie: sarebbe da stolti pensare che si possa fare riso all'asciutto, ma è comunque opportuno raccontare anche quali sono invece i benefici che l'ambiente della risaia produce in termini di ambiente con la ricarica della falda e alla disponibilità di riusare quell'acqua per altri territori. Dobbiamo raccontare che dove è possibile fare irrigazione di precisione a goccia o la subirrigazione la dobbiamo fare, perché in quel modo è possibile valorizzare tutte le nostre colture e tutto il nostro agroalimentare"
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La maggior parte delle acque pluvie nel nostro paese va perduta. In che misura è possibile tesaurizzarla e come?
"Nell'infausta occasione della siccità del 2017 abbiamo utilizzato un momento di grande crisi per il paese per dire che non è più possibile trattenere solo il 10% della risorsa. Abbiamo quindi presentato un Piano nazionale degli invasi, che durerà venti anni e che ha bisogno di risorse certe, ma che metterà i territori in condizione di decidere qual è la struttura e l'invaso che serve in collaborazione con tutti gli enti di gestione delle acque, il tutto ricordando quali sono le priorità di utilizzo dell'acqua stabilito dalla legge nazionale: prima l'uso antropico umano, poi quello agricolo.

La realizzazione di un Piano nazionale efficiente deve passare anche per un censimento degli invasi privati, che possono essere utilizzati con pochissimo sforzo per uso irriguo.

Credo che questa sia un'opportunità per il paese che non possiamo perdere, ma dobbiamo agire in fretta. Gli anni in cui la risorsa sarà irrimediabilmente scarsa si stanno avvicinando sempre più e un paese normale e civile non può basare la sua esistenza ed economia su un continuo stato di calamità, in cui tutti paghiamo per una mancanza di infrastrutture. Dobbiamo passare dal modello delle emergenze a quello della prevenzione"
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In Italia si consumano circa 387.000 MWh annui per pompare acqua irrigua. Si tratta di un quantitativo di energia ragguardevole…
"Oggi i consorzi di bonifica producono l'80% dell'energia utilizzata per il pompaggio dell'acqua grazie a una serie di piccoli impianti idroelettrici distribuiti sul territorio e di impianti fotovoltaici posizionati sulle strutture degli impianti o galleggianti sugli invasi. Per l'energia che non produciamo c'è il Cea, un consorzio che riunisce molti consorzi di bonifica e punta ad acquistare in forma collettiva l'energia elettrica necessaria attraverso un bando a livello europeo. In questo modo riusciamo a ridurre al minimo i costi energetici, aumentando la competitività dei consorzi che nel frattempo stiamo affiancando per consentire, impianto per impianto, un efficientamento energetico. È una nuova sfida; vincerla significherà dare un maggior senso, sia ambientale che economico, all'azione dei consorzi".

Produrre energie rinnovabili aiuta senz'altro l'ambiente, ma non basta. Esistono progetti o programmi per limitare l'inquinamento idrico?
"Quella della qualità dell'acqua è un'altra grande sfida che abbiamo accettato e che stiamo portando avanti soprattutto in Europa. Crediamo che la strada per riutilizzare le acque reflue passi attraverso impianti di affinamento che consentano di continuare a garantire la salubrità e la qualità dell'agroalimentare italiano. Ritengo che come consorzi di bonifica, come sentinelle del territorio, la sfida di gestire in modo corretto i nostri canali la stiamo affrontando, ma in questo campo è indispensabile anche sensibilizzare l'opinione pubblica circa i corretti comportamenti da tenere per non far pagare alle future generazioni i costi della nostra inciviltà. In molti territori partecipiamo con altri soggetti alla pulizia dei corsi d'acqua e dei mari perché riteniamo che l'aspetto ambientale debba essere tenuto in grande considerazione".

Cosa significa per voi "innovazione"?
"Per noi 'innovazione' è un concetto che racchiude una serie di ragionamenti e di opportunità. Innovazione è vincere la sfida della cultura dell'acqua irrigua. Abbiamo bisogno che il paese e l'Europa capiscano fino in fondo il ruolo dell'irrigazione nel paese, valorizzando in modo economico e sociale questa risorsa.
Innovazione è creare le condizioni per l'utilizzo razionale dell'acqua mettendo in campo nuove tecnologie e ricerca, ma soprattutto le capacità dei consorzi di bonifica rispetto a questo tema.
Ci sono poi una serie di innovazioni ambientali e di fruibilità del territorio che vanno incrementate. Il nostro lavoro oggi rende il territorio bello. Questa bellezza deve essere valorizzata attraverso il turismo, la cultura e l'enogastronomia.

Innovazione è, insomma, la sinergia di diverse facce della stessa medaglia che può creare opportunità per il paese. È chiaro che si tratta di un percorso che non nasce dalla mattina alla sera, ma che ha bisogno di essere frequentato e del lavoro di diversi soggetti"
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E per finire un esercizio di fantasia. In un mondo ideale dove ad Anbi non mancano le risorse da investire e dove non ci sono bastoni da mettere nelle ruote, come saranno l'ambiente, il paesaggio e l'agricoltura tra cinquanta anni?
"Se riusciremo a vincere la sfida culturale dell'utilizzo dell'acqua e delle risorse naturali, se metteremo in atto nel paese un modello di sviluppo diverso da quelli del cemento o delle acciaierie, ma basato su agricoltura, territorio e ambiente nelle sue diverse sfaccettature, saremo in grado di produrre il cibo che il consumatore vuole, quello che racconta i territori e, contemporaneamente, dà risposte a un mondo che cambia ma che continua a chiedere la peculiarità.

Oggi siamo tornati a valorizzare grani antichi e birre artigianali e questo è quello che il mondo e l'opinione pubblica chiedono. Il mondo dei consorzi di bonifica può avere un ruolo fondamentale nel costruire questo tipo di futuro per il nostro paese, continuando il processo di evoluzione che li ha contraddistinti dalla loro nascita a oggi"
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L'agricoltura vista con gli occhi dei protagonisti del settore.
Per i 30 anni di Image Line abbiamo voluto dar voce ai principali Istituti, Confederazioni e Associazioni che, dall'agrimeccanica all'agroalimentare, passando per la zootecnia, hanno tracciato il quadro presente e futuro del settore primario