C'è sempre più richiesta di made in Italy all'estero e lo testimoniano i numeri: nel 2017 il valore delle esportazioni agroalimentari ha superato i 40 miliardi di euro, con una crescita del 5,6% rispetto all'anno precedente e del 27% su base quinquennale. Anche il 2018, con un +2,3%,  si prospetta positivo nonostante una flessione generale dell'economia.

Dov'è, però, che le nostre aziende potranno piazzare al meglio i propri prodotti? Va bene esportare, ma su quali mercati? A questa domanda hanno provato a dare risposta i partecipanti al convegno di Agronetwork "The italian food style: nuove terre, nuovi modelli", nel corso del quale Nomisma ha presentato un apposito indicatore, lo Italian agrifood market potential index, che valuta le prospettive di cinque mercati tradizionali e cinque emergenti per i prossimi cinque anni in base a parametri diversi. Parametri quali l'andamento previsto dei redditi pro capite, le abitudini e i consumi alimentari, la propensione all'import e la presenza di eventuali dazi e, infine, il ruolo sociale e culturale, oltre che economico, dei nostri prodotti.

In base ai dati presentati da Denis Pantini, responsabile dell'area agroalimentare Nomisma, gli Stati Uniti (valore 100) sono il mercato con le maggiori opportunità di sviluppo, seguiti da vicino da Germania (a quota 97) e Cina (94). Secondo le stime Nomisma le importazioni statunitensi di prodotti agrifood dall'Italia sono destinate a crescere a un tasso medio annuo del +6,5% nel periodo 2017-2022. Nello stesso periodo la crescita dovrebbe essere del 4% in Germania e del 12% in Cina. Nella scala centesimale dell'Indice, a questi seguono: Canada (73), Giappone (72), Polonia (52), Regno Unito (42), Corea del Sud (38), Australia (29) e Messico (15).

"Il futuro dell'agroalimentare del nostro paese è strettamente legato alla sua capacità di cogliere i benefici e le opportunità dei mercati esteri". Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti intervenendo al convegno promosso da Agronetwork, l'Associazione fondata da Confagricoltura, Nomisma e Luiss per progettare il futuro dell'agroalimentare ed innovare i rapporti di filiera, in collaborazione con Bnl Gruppo Bnp Paribas.

"I mercati esteri richiedono l'agrifood italiano - ha dichiarato Massimiliano Giansanti - ma al contempo si aspettano innovazione e capacità nella trasformazione da parte delle nostre imprese. Inoltre il futuro, grazie anche alle tecnologie digitali, vedrà per l'intero comparto aumentare la competitività e la trasparenza tramite una sempre maggiore interconnessione e cooperazione delle risorse delle filiere. Siamo arrivati dove siamo grazie agli sforzi individuali delle nostre aziende; ora serve un piano strategico".

Oltre alla presidente di Agronetwork, Luisa Todini, che ha sottolineato i deficit dell'Italia sul piano distributivo, sono intervenuti anche rappresentanti di Ice, Simest e Bnl Bnp Paribas che sostiene le iniziative di Agronetwork, oltre a manager dell'industria agroalimentare come Alfredo Pratolongo (Heineken), Annibale Pancrazio (Pancrazio Spa) e Guido Folonari (Philarmonica).

Hanno chiuso i lavori gli interventi di Giordano Emo Capodilista, componente di giunta, e Daniele Rossi, segretario generale di Agronetwork, che ha sostenuto: "La limitatezza delle risorse; la ridotta dimensione economica delle imprese; la crescente complessità delle conoscenze necessarie per l'esercizio imprenditoriale e per penetrare all'estero; la prevalenza di una cultura conservativa, a volte resistente alle innovazioni richieste dai mercati degli altri paesi, inducono a raccomandare politiche di sostegno ancora più incisive e comprensive di una pluralità di strumenti, da quelli informativi e di scouting a quelli finanziari, fino a quelli regolativi e societari".