Mi scusino i miei venticinque lettori ma questa storia dell'abbandono agricolo mi colpisce.
Mi colpiscono i milioni di ettari che una volta erano coltivati e oggi sono cementificati o inselvatichiti. Mi colpisce il regresso dell'agricoltura anche davanti al poderoso passo avanti nell'export agroalimentare compiuto negli ultimi anni. Mi colpisce l'uso di materie prime straniere per il made in Italy anche quando sarebbe un bene per tutti usare prodotti italiani.

L'amico Mauro Agnoletti mi racconta che negli anni '30 del secolo scorso vi fossero in Italia circa 4 milioni di ettari di bosco: oggi siamo a 11 milioni, solo dal 2005 l'aumento è stato del 5,8%.
Andrebbe bene se si trattasse di bosco utilizzato. Ma purtroppo dall'ultimo annuario dell'agricoltura italiana apprendiamo che la densità della superficie boscata è fortemente aumentata: buona parte dei boschi è, a tutti gli effetti, una forra impenetrabile.

Aggiungiamo che se dalle foreste europee viene prelevato oggi il 60% della biomassa, in Italia siamo al 30%; come abbiamo denunciato tempo fa importiamo addirittura pellet per stufa da Germania e Austria.
Sorvoliamo sulla cementificazione, con il blocco immobiliare e il mercato fermo pare acqua passata.

Esiste tuttavia un aspetto che qui vogliamo segnalare.
Si tratta di migliaia di ettari di superfici nelle aree periurbane che non sono da tempo più terreni agricoli visto che erano divenuti (e rimangono) di possibile edificabilità nei piani comunali (peraltro un gran numero di queste superfici sono di proprietà pubblica).

Anche l'agricoltura ha il suo limbo.