In occasione della Giornata mondiale dell'alimentazione, tenutasi lo scorso 16 ottobre, si è (finalmente) fatto un gran parlare di agricoltura.

Sarà l'ottimismo della volontà ma ci è sembrato anzi che l'agricoltura stia prendendo un'altra volta una nuova centralità. In un mondo che vede i suoi abitanti crescere vertiginosamente vi è l'ansia di avere le risorse necessarie per nutrirli.

In realtà un terzo della produzione agricola mondiale viene perso o sprecato in varie fasi dopo la raccolta.
Un altro terzo viene impiegato per l'alimentazione di circa 70 miliardi di animali da allevamento (che diverranno a breve 120 miliardi). Il terzo rimanente serve a nutrire gli abitanti del pianeta, che però sono in larga misura (1,6 miliardi circa) sovrappeso.

E poi, però, vi sono gli oltre 800 milioni di persone che soffrono la fame: un numero che ha ripreso a crescere da tre anni dopo una fase di calo. Fame che è dovuta non tanto alle carestie ma più spesso all'indisponibilità del cibo a causa di guerre e altri devastanti eventi politici e civili. Le indicazioni della ricerca e degli organismi internazionali riguardano un agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale ma anche da quello sociale ed economico.

Nelle sedi più importanti del pianeta si parla oggi di tutela degli agricoltori e della biodiversità, della necessità di ridurre le perdite e gli sprechi, del sostegno alle produzioni locali e di qualità.

Come diceva il poeta: "Mangiare è un atto agricolo", e ricordarlo è un bene.