La scorsa settimana abbiamo avuto ospite, in Fondazione Fico, Riccardo Cotarella, enologo di gran fama internazionale e dal palmares formidabile, oltre che presidente di Assoenologi.

L'occasione era la presentazione di un libro sulla viticoltura storica assieme alla cooperativa vitivinicola abruzzese Codice Citra e dall'Associazione patriarchi della natura in Italia.

L'argomento è stato ovviamente la biodiversità vitivinicola italiana, formidabile strumento competitivo per il nostro paese. Cotarella raccomanda però di raccontare quello che siamo, non quello che eravamo. Allo straordinario armamentario enologico rappresentato dalla variabilità genetica va quindi affiancata la tecnologia e il moderno saper fare.
Il vino è una bevanda che comunica storia, passione, cultura; bere è l'atto finale di un processo di comunicazione. Un processo che implica la trasmissione non solo della tradizione ma anche della capacità innovativa; concetti che vanno correttamente coniugati.
Per Cotarella una frontiera è anche il lavoro sui differenti biotipi di una singola varietà.

A Codice Citra (una cooperativa formata da 2mila viticoltori per 6mila ettari) per esempio si sta lavorando sul Montepulciano d'Abruzzo, un vitigno generoso che ha una straordinaria variabilità genetica, per il quale è possibile trovare caratteristiche differenti in vigneti a pochissima distanza fra di loro.

E' forse il terroir la nuova frontiera per il vino italiano. E forse non solo per il vino.