Le denominazioni di origine, Dop e Igp, stanno riscuotendo sempre maggior successo, sia in termini di produzione sia in termini di apprezzamento sul mercato, soprattutto estero.

E' il quadro che è emerso dalla giornata di studio che si è svolta in questi giorni a Firenze, promossa da Ismea in collaborazione con la Regione Toscana intitolata: 'Indicazioni geografiche e sviluppo del territorio'.

Un incontro che ha permesso di analizzare tutto il percorso delle indicazioni geografiche che sta dando risultati importanti, come la crescita dei fatturati del 70% in dieci anni e delle esportazioni del 143% nello stesso periodo.

Attualmente in Italia si contano 818 marchi tra Dop e Igp, di cui 523 riguardano il mondo del vino e le restanti 295 il resto dell'agroalimentare. Un numero di prodotti certificati che negli ultimi dieci anni è aumentato del 40%, considerando che gli alimenti certificati nel 2007 erano 584.

Il tutto con un giro di affari che Ismea ha stimato intorno ai 14,8 miliardi di euro, ripartiti in 8,2 miliardi per il vino e 6,6 miliardi per l'agroalimentare. Un giro di affari che è fortemente sostenuto dalle esportazioni che coprono oltre il 56% del giro di affari complessivo.

E in questo quadro la Toscana fa la sua parte con 58 prodotti certificati nel campo del vino e 31 Dop e Igp del comparto agroalimentare, che comprendono olio, salumi, formaggi, castagne, farine, carni e prodotti da forno.

L'incontro è stato anche l'occasione per un confronto tra istituzioni, tecnici, esperti, con l'obiettivo di accompagnare e sostenere lo sviluppo di questi marchi collettivi, per conquistare nuove fette di mercato e per metter sempre più in comunicazione i marchi con gli enti pubblici.

Per l'assessore regionale all'Agricoltura Marco Remaschi, la sfida delle indicazioni geografiche è quella di tenere insieme la qualità dei prodotti e dei processi, certificata da un disciplinare di produzione che si integri con la storia, la cultura e la tradizione del territorio che lo esprime.

Questi marchi per Remaschi rappresentano un traino importante per tutta l'economia locale che può fruirne direttamente, con i produttori locali, ma che hanno anche una ricaduta collettiva e territoriale, investendo in attività connesse al turismo o ai servizi.

Un quadro quindi più che positivo, ma non privo di preoccupazioni. Preoccupazioni che vengono da Bruxelles sulla Pac post 2020 con l'ipotesi dei tagli previsti per un 17% che, come ha ricordato l'assessore, potrebbero incidere pesantemente sulle politiche regionali future anche in quest'ambito.