Università, centri di ricerca e aziende private producono ogni giorno piccole e grandi innovazioni che promettono di cambiare il mondo. L'umanità non ha mai visto un fermento tecnologico tanto vivace come quello che stiamo vivendo. E le cose sono destinate a cambiare ancora più velocemente. Fino a dieci anni fa gli smartphone non esistevano e oggi non ne possiamo fare a meno. Le nostre vite cambiano velocemente e anche settori futuristici, come quello dei viaggi spaziali o delle auto senza pilota, sembrano oggi a portata di mano.

Eppure c'è un settore che sembra essere disconnesso da questa corsa verso il futuro: l'agricoltura. Di questo si è discusso durante un evento a Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato all'innovazione nel settore AgriFood di cui AgroNotizie è partner. Un evento in cui aziende, startupper, associazioni e istituzioni provano ad immaginare l'agricoltura e il cibo del futuro.

Certamente un elemento che frena l'innovazione è quello economico: innovare costa e non sono molte le aziende agricole, specialmente in Italia, che si possono permettere investimenti ingenti. Ma c'è anche un altro aspetto, più psicologico. Quando si parla di cibo agricoltori e consumatori sono cauti ad abbandonare il vecchio per il nuovo. Noi siamo ciò che mangiamo, diceva Ludwig Feuerbach, e forse per questo siamo così restii a cambiare abitudini.

"Le persone si rendono conto delle grandi sfide che abbiamo davanti. Parlo ad esempio di produrre cibo in maniera sostenibile per una popolazione mondiale in aumento. Hanno fiducia che la scienza trovi una soluzione, ma sono al contempo restii a certe innovazioni, soprattutto quando hanno a che fare con il cibo", spiega ad AgroNotizie Adrian Percy, a capo della divisione Ricerca&Sviluppo di Bayer Crop Science.
"Credo che l'industria dovrebbe dialogare maggiormente con i cittadini e la società civile ed essere più attiva nel comunicare gli aspetti positivi dell'innovazione. E anche gli agricoltori dovrebbero aprire un dialogo con i consumatori. In Gran Bretagna ad esempio i farmer si collegano via Skype alle scuole per raccontare il loro lavoro".

D'altronde oggi l'agricoltura è investita da temi che sembrano lontani anni luce dalla realtà dei campi: droni, big data, intelligenza artificiale, immagini satellitari e così via. Ma perché c'è questa sfiducia verso l'innovazione? "I fattori sono vari. Credo che la gente sia un po' spaventata dalla vita moderna, da tutti i cambiamenti che vediamo ogni giorno", continua Percy. "Le persone spesso hanno una visione romantica del passato, dove tutto era più semplice e chiaro, compresa l'agricoltura. Oggi la realtà è certamente più complicata e per capire certe tecnologie rivoluzionarie servirebbe tempo che però le persone non hanno. Su questo fronte l'industria dovrebbe impegnarsi a comunicare meglio".

La comunicazione acquista dunque un ruolo centrale nel plasmare il futuro del settore. "Le persone devono abituarsi all'innovazione. Bisogna lasciargli il tempo di apprezzarne i benefici", ha spiegato dal palco Adam Beherns, cofondatore di Cambridge Crops, società che lavora nell'utilizzo di nuove soluzioni per estendere la shlef life dei prodotti. "Spiegare certe tecnologie è complicato, molto meglio puntare sui benefici per il consumatore".

Benefici che spesso sono dimenticati. Sono in pochi a rendersi conto quanta innovazione e ricerca c'è dietro ad un peperone sul banco del mercato o ad un litro di latte al supermercato. Ma in ultima analisi è sempre il consumatore che decide dove va il mercato. "Dobbiamo dunque promuovere nei consumatori la richiesta di un certo tipo di prodotto in modo che gli agricoltori abbiano un mercato da soddisfare. Oggi ad esempio sono in molti ad essere disposti a pagare di più per avere prodotti sostenibili dal punto di vista ambientale", ha spiegato invece Ann Tutwiler di Bioversity International, organizzazione che promuove la biodiversità nel mondo.

Molte delle innovazioni lungo la filiera sono dunque dettate dalle scelte dei consumatori. Consumatori che sul fronte dell'alimentazione sono piuttosto conservatori. Il cambiamento può avvenire solo se viene accettato socialmente, ad esempio perché utile a raggiungere certi obiettivi, come la sostenibilità ambientale, il benessere animale o la salute dei consumatori.

Ma quali sono le tecnologie con l'impatto più dirompente? "La prima è sicuramente l'agricoltura digitale, l'uso cioè di strumenti come satelliti, sensori in campo e algoritmi di analisi dei dati per gestire al meglio le colture", continua Percy. "Poi c'è lo sviluppo di soluzioni per la nutrizione e la difesa delle piante basate sulla comprensione del ruolo del micorbioma, la comunità di microrganismi che vive nel terreno. Ed infine le new breeding techniques, come il genome editing, che permettono di migliorare le colture con una velocità e una precisione mai viste prima".

Tutti fronti che in qualche misura spaventano l'opinione pubblica. Lo scandalo Cambridge Analytica ad esempio ha mostrato la vulnerabilità dei dati. Mentre rimane la paura per le biotecnologie, anche se le moderne tecniche non hanno niente a che vedere con miti moderni come la fragola-pesce. Qualche apertura in più invece c'è nei confronti dei microrganismi utili, sdoganati da anni di pubblicità di yogurt. Un esempio di comunicazione efficace.