Diversi per identità e potere evocativo, forti di storia, mito e di paesaggi plasmati dalla viticoltura. Sono i vini dei vulcani, protagonisti della degustazione organizzata dalle Donne della Vite "Vulcanici si nasce" a Vinitaly 2018.

"I vini vulcanici - spiega Valeria Fasoli, presidente delle Donne della Vite - sono vini che hanno un'identità che nasce dal suolo in cui affondano le loro radici, spesso in zone di produzione dal paesaggio di notevole bellezza. Per queste ragioni sono vini che riflettono particolarmente bene lo spirito delle Donne della Vite che tengono sempre ben presente l'approccio agronomico, perché non dimentichiamoci che il vino nasce innanzitutto in un specifico luogo e poi viene tutto il resto".

"E' la stessa origine a rendere i vini dei vulcani ambasciatori dei propri vitigni autoctoni e dei territori di produzione con caratteristiche paesaggistiche peculiari" sottolinea Clementina Palese, vicepresidente dell'Associazione. "Un'inclinazione naturale che li rende affini ai principi e alle attività delle Donne della Vite tra cui la tutela del paesaggio, un tema su cui abbiamo lavorato negli ultimi due anni producendo una ricerca che ha dimostrato scientificamente la relazione forte e positiva tra il paesaggio viticolo e la percezione della qualità del vino".

Nella degustazione, guidata da Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, sono state raccontate dai Consorzi di tutela nove denominazioni vulcaniche italiane - Soave, Durello, Gambellara, Colli Euganei, Colli Berici, Orvieto, Bianco di Pitigliano, Aglianico del Vulture ed Etna sostenuto da ViniMilo - e cinque zone di produzione estere: Giappone, Ungheria, Santorini (Grecia), Stiria (Austria) e Capo Verde (Africa).
Al banco di assaggio, che ha concluso l'evento, erano presenti numerose etichette a completare il panorama enologico delle aree vulcaniche.

Il tutto esaurito della grande sala che ha ospitato la degustazione, resa possibile anche grazie a Vino italico, all'Associazione italiana sommelier e alla collaborazione del Consorzio di Soave, capofila di Volcanic wines - racconta la grande attenzione che esiste intorno a questi vini che, come ha rimarcato Torcoli, "provengono da terreni che vantano e scontano al contempo una variabilità quasi di metro in metro, spesso in giaciture difficili che quindi richiedono una gestione particolarmente attenta e di precisione". Attenzione coaugulata dalle realtà raccolte intorno a Volcanic wines - prima dell'allargamento a più realtà denominato Vulcania - che quest'anno compie dieci anni e che si nutre della passione di chi lo ha portato avanti finora come, per citare solo alcuni, Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio di Soave, Alfio Cosentino sindaco di Milo (comune alle pendici dell'Etna), e Giovanni Ponchia, oggi direttore del Consorzio Colli Berici.

Un successo, quello dei vini del vulcani che ha attratto anche l'attenzione di tre imprenditori appassionati di vino e ristorazione che, su un progetto di Patrizia Legnaro, hanno fondato Vino italico, che si è specializzato in vini dei vulcani.

A raccontare le aree di produzione si sono succeduti per Soave Chiara Mattiello; Franco Cavallon, direttore Consorzio vini Gambellara; per il Consorzio dell'Orvieto la produttrice Chiara Custodi; per il Consorzio del Bianco di Pitigliano e Sovana il vicepresidente Edoardo Ventimiglia, che ha ricordato la storia del progetto Volcanic wines in Italia e il produttore Maurizio Biserni; per Vini Milo e i vini dell'Etna Marco Nicolosi, presidente strada del Vino dell'Etna e produttore; Giovanni Ponchia direttore del Consorzio Colli Berici, territorio interessato da terreni vulcanici in una piccola area; Daniele Stenico per il Consorzio Colli Euganei; Francesco Perillo presidente Consorzio Aglianico del Vulture; Diletta Tonello per il Consorzio Lessini Durello.

Molta curiosità hanno destato le etichette dei paesi ospiti. Il vino giapponese proveniente dal Monte Fuji. Qui il Koshu, un vitigno dalla buccia rosa arrivato dal Caucaso, viene coltivato su terreni di lava solidificata, pomici e ceneri vulcaniche. Dall'area di produzione di Nagy-Somlói Borvidék, nella zona del lago Balaton, nella parte più occidentale dell'Ungheria, arriva il vino ungherese degustato. Originato da uve Juhfark, che in magiaro significa "coda di pecora" per la forma del grappolo, si produce solo in questa zona ricca di basalti lungo i pendii del monte Somlo e di sabbia vulcanica nelle aree pianeggianti, frutto dell'attività di un vulcano esplosivo di cui sono ancora ben visibili oggi bolle di magma e colonne laviche basaltiche. E poi il vino di Santorini, proveniente da uve Assirtiko coltivate su basalti e con la forma di allevamento tradizionale a "giristi", ossia a cesto.
In Stiria (Austria) a dare origine ai vini sono oggi diverse varietà di uva tra cui l'autoctono Schilcher e poi il Traminer, lo Chardonnay, ecc. Particolare la storia della viticoltura a Capo Verde, antica colonia portoghese nell'oceano Atlantico all'altezza del Senegal, composto da dieci isole vulcaniche, punto più a Sud in cui si coltiva la vite nel nostro emisfero. Nei suoli aridi composti da basalti e ceneri vulcaniche si coltivano, protette da muretti, viti ad alberello di diverse varietà, come Muscatel Rosso, Aleatico, Tempranillo, Touriga Nacional. Una piccola viticoltura promossa recentemente da un religioso, padre Ottavio, con un progetto di coltivazione della vite per contrastare l'emigrazione e l'abbandono delle isole con l'azienda Vinha Maria Chaves.
 

Prossimi appuntamenti con i vini dei vulcani d'Italia e del mondo

Le prossime iniziative sono nel cuore dei Colli Euganei per Vulcanei (12-14 maggio, Castello di Lispida - Monselice-Pd) e a Milo alle falde dell'Etna per la 38esima edizione di ViniMilo (dal 25 agosto al 9 settembre).
 
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