Il prossimo appuntamento sarà dal 7 al 10 aprile 2019. Intanto, però, Vinitaly si gode il successo della 52esima edizione, che si è chiusa ieri, 18 aprile 2018, a Verona e che ha migliorato il proprio bilancio. Sono state complessivamente 128mila presenze da 143 nazioni, in linea con l'edizione precedente. A crescere, a detta innanzitutto degli operatori, la qualità e il numero dei buyer esteri accreditati, che ha registrato un incremento del 6% per un totale di 32mila presenze.

Gli sforzi di Veronafiere Spa, supportata da una rete di delegati operativa in 60 paesi del mondo e grazie alla collaborazione con Ice-Agenzia nell'ambito del piano di promozione straordinaria del made in Italy, sono stati premiati. Gli oltre 4.380 espositori da 36 paesi, ringraziano. Soprattutto per i contatti che Vinitaly ha favorito.

Esito positivo anche per il "fuori Salone" di Vinitaly and the City, quest'anno ampliato su quattro comuni: Bardolino, Valeggio sul Mincio, Soave e, naturalmente, Verona. Un vero e proprio boom: 60mila appassionati, il doppio del 2017, tanto che, ha annunciato il presidente di Veronafiere, Maurizio Danese, "il progetto è uscito dalla fase di startup ed è diventato ormai un prodotto a sé stante e come tale sarà sviluppato a partire dalla prossima edizione".
Bilancio positivo anche per il grande Vinitaly che, per Danese, "ha confermato la vocazione di rassegna dedicata al business e alla promozione del mondo vitivinicolo; la rassegna in quartiere è sempre più orientata al professionista".

È entrato più nel dettaglio il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, che ha parlato di "consolidamento del ruolo b2b di Vinitaly a livello internazionale, con buyer selezionati e accreditati da tutto il mondo".

C'è anche una top ten delle presenze assolute sul totale di 32mila buyer accreditati da 143 nazioni, che vede primi gli Stati Uniti d'America, seguiti da Germania, Regno Unito, Cina, Francia, Nord Europa (Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca), Canada, Russia, Giappone, Paesi Bassi insieme al Belgio. "Paesi che presidiamo durante tutto l'anno anche attraverso il sistema Vinitaly e con Bellavita Expo, la società compartecipata con Fiera di Parma attraverso la new.co VPE".

La corsa all'internazionalizzazione di Vinitaly non si ferma. E durante questa 52esima edizione è stata infatti presentata da Veronafiere la nuova iniziativa Wine South America, in programma a settembre di quest'anno nello stato di Rio Grande do Sul.

In assenza ancora di un nuovo Governo, Vinitaly è stato il gran teatro della politica, con le passerelle di Salvini e Di Maio e con presenze istituzionali, fra le altre, della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati ("Parlare di vino vuol dire cultura, lavoro, know how, creatività e capacità competitiva delle aziende, sicurezza alimentare e riscatto sociale", ha affermato) e del presidente del Consiglio e ministro delle Politiche agricole ad interim, Paolo Gentiloni. Per lui, una visita alle aziende delle regioni colpite dal terremoto (Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche) e l'appello al mondo del vino a non sprecare quanto di buono fatto finora, dal Testo unico del vino all'imminente bando Ocm.

Fra i temi affrontati a questo Vinitaly, c'è stato quello delle prospettive del mercato Usa. Il no ai dazi da parte del mondo vitivinicolo è massimo. E gli Usa, per quanto siano il primo mercato di riferimento per il vino italiano al di fuori dell'Unione europea, ha ancora grandi margini di crescita.
L'America - secondo quanto emerso da un'indagine Vinitaly-Nomisma wine monitor - accelera sui consumi di vino. Il 65% lo ha bevuto almeno una volta nell'ultimo anno, grazie ai suoi millennials (69%), i giovani compresi tra i 21 e i 35 anni che rappresentano il primo target tra i consumatori, e le sue metropoli (a New York i wine-addicted sono il 71%), ma sono ancora enormi i margini di crescita.
"Lo dimostra - ha detto il dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani - per esempio l'analisi sulle regioni emergenti del 'Mid West', con il Minnesota che in dieci anni ha aumentato del 277% le importazioni di vino made in Italy, o l'Illinois che si è 'fermato' a +98%. I due terzi delle importazioni statunitensi di vino si concentrano in cinque soli Stati, questo la dice lunga di quanto ancora siano ampi i margini di penetrazione del nostro mercato in questo grande paese".

Intanto, questo Vinitaly ha visto la presenza massiccia di più di 6mila operatori Usa, provenienti non solo da East e West Coast, ma anche dagli Stati interni, come Colorado, Kansas, Missouri e Illinois.

Insomma, a Vinitaly si gioca la partita del Wine Pride, l'orgoglio del vino italiano, come l'ha definita il governatore del Veneto, Luca Zaia, che proprio dal Vinitaly di Verona annuncia che il Veneto "sta costruendo l'ipotesi di candidatura per il Valpolicella come patrimonio dell'Umanità dell'Unesco", affiancando così alle Langhe, primo paesaggio viticolo italiano a essere riconosciuto, mentre la candidatura delle Colline del Prosecco è stata già depositata.

L'export non è soltanto a stelle e strisce. Come sarà il mercato del vino fra cinque anni? Secondo un sondaggio di Vinitaly-Nomisma wine monitor a dodici tra i principali gruppi vitivinicoli del paese, il successo commerciale del vino nei prossimi cinque anni sarà determinato in buona parte dai prodotti a marchio green (bio o sostenibili), vera leva del mercato di domani, almeno nei sei mercati top di Usa, Regno Unito, Cina, Germania, Giappone e Russia.

Secondo i capitani d'impresa intervistati, saranno soprattutto i prodotti biologici e quelli premium gli artefici del successo del vino mondiale. Con la tendenza-green predominante nei mercati storici (Germania, Usa, Regno Unito e Giappone), e la fascia premium (oltre i 20 dollari a bottiglia) che contagerà ulteriormente gli Usa e gli emergenti Russia e Cina. Buon sentiment anche sugli autoctoni, indicati trend del futuro specialmente in Giappone e in seconda battuta in Russia e Stati Uniti, mentre - a sorpresa - è previsto un ritorno di fiamma per i rossi fermi, la seconda tipologia più promettente dietro agli immancabili sparkling. L'Italia, per le dodici aziende top player, se la caverà piuttosto bene e riuscirà ad accrescere le proprie quote di mercato specialmente in Russia e nei due principali buyer dell'Estremo Oriente, con una buona ripresa delle vendite pure nella vecchia Germania.

Notizie positive, dunque. Da Verona, non si può far altro che firmare.