Da decenni ci confrontiamo quotidianamente con un possibile cambiamento climatico. Un processo che porterebbe effetti diretti ed indiretti alla nostra vita di oggi e che mette a rischio la nostra stessa sopravvivenza. Ma cosa sta accadendo veramente a questo unico pianeta che ci ospita?

Oramai si dice che gli effetti provocati siano già sotto gli occhi di tutti: eventi estremi, alluvioni, siccità, impoverimento dei suoli, perdita di colture, ecosistemi a rischio. E non dimentichiamo che il cambiamento climatico può innescare fenomeni migratori di intere popolazioni, che dalle aree più degradate del pianeta si dirigono verso quelle più ricche alla ricerca di cibo, sicurezza ed opportunità. 

Il primo febbraio 2018 si è tenuto a Firenze, presso l'Accademia dei Georgofili, il convegno 'Cambiamenti climatici e scenari di rischio'. L'evento è stato organizzato dal Consorzio Lamma, dal Cnr Ibimet e dalla stessa Accademia dei Georgofili. Ricercatori ed esperti si sono confrontati sui diversi aspetti collegati ai rischi climatici: dagli eventi estremi alla siccità, fino alle migrazioni.
Sul sito del Consorzio Lamma è possibile ricevere maggiori informazioni e scaricare le presentazioni dei relatori.
 
Crepe nel terreno a causa di una forte siccità
L'Italia e il Mediterraneo sono uno dei 'punti caldi' del nostro Pianeta
(Fonte foto: © 2315319 - Pixabay)

AgroNotizie a margine di questo evento ha intervistato Antonello Pasini e Marco Bindi per capire cosa sta avvenendo nel clima del pianeta e del nostro paese, e quali sono gli scenari futuri.

Partiamo da Antonello Pasini, climatologo del Cnr ed autore del blog 'Il Kyoto fisso', per capire in generale situazione e scenari. 

Professore, dove sta andando il clima del pianeta?
“La tendenza globale è quella del riscaldamento: negli ultimi cent'anni la temperatura media del pianeta è cresciuta di circa 1°C. Molto di più di quanto avvenuto nei secoli precedenti. Il clima è dinamico e nei millenni è sempre cambiato: ci sono state ere glaciali e periodi di caldo interglaciale in cui però l’uomo non influiva. Qui le cause erano ascrivibili a fenomeni naturali: ad esempio le oscillazioni dell’orbita terrestre che influenzano sulla quantità di radiazioni solari che arrivano al suolo. 
Oggi la causa principale è l'uomo, che ha alterato in modo non naturale il complesso equilibrio climatico-ambientale. Questo attraverso principalmente la produzione di gas serra (ad esempio: H2O o vapore acqueo, CO2 o anidride carbonica, N2O o protossido di azoto, CH4 o metano ed SF6 o esafluoruro di zolfo) che trattengono il calore prodotto dal pianeta impedendone la dispersione.
Questo innalzamento delle temperature non provoca 'solamente' più calore ma scatena altri fenomeni che di fatto portano ad una alterazione dei singoli climi ambientali ed una loro forte estremizzazione. Basta vedere quello che sta succedendo nel bacino Mediterraneo".


Qual è quindi il rischio per l'Italia?
"L’Italia ed il Mediterraneo sono considerate un ‘punto caldo’, dove il livello termico è cresciuto negli ultimi cento anni di poco più di 2°C: molto di più rispetto alla media del pianeta. I mari hanno raggiunto temperature molto vicine alla soglia d'innesco di tornado violenti, le siccità sono prolungate, il livello pluviometrico diminuisce ed i fenomeni temporaleschi violenti ed improvvisi sono nettamente in crescita. E sono solo alcuni esempi dei problemi creati dal clima e dall'ambiente che cambia".
 
Antonello Pasini, climatologo, docente di fisica e ricercatore del CNR-Istituto sull'Inquinamento Atmosferico
Antonello Pasini, ricercatore del Cnr - Istituto sull'inquinamento atmosferico (Iia) e docente di fisica del clima presso Roma Tre
(Fonte foto: © Cnr-Iia)

Però non tutti sono d’accordo, ad esempio William Happer, docente emerito di fisica a Princeton e consigliere scientifico di Trump.
“Gli scettici dicono che i modelli previsionali che usiamo non sono affidabili, ma non propongono altri modelli che dimostrino il contrario. All'interno del gruppo di lavoro del Cnr usiamo diversi modelli, che guardano il sistema da punti di vista differenti e non sono collegati tra loro. Tutti danno lo stesso responso: il cambiamento climatico c'è ed è causato dall'uomo.
Anche gli scettici ormai non dubitano più sul fatto che ci sia un riscaldamento, la loro è una battaglia di retroguardia. Chi dice il contrario sfrutta il proprio titolo accademico senza però essersi mai confrontato a livello scientifico sulle riviste internazionali e nei convegni di settore. Se si vuole essere veramente credibili è necessario, prima di lanciare un'affermazione, lottare nell’arena del dibattito scientifico“
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Anche l'agricoltura è minacciata dal cambiamento climatico?
"L'agricoltura in genere sta subendo un notevole stress climatico: siccità prolungate, feroci ondate di calore, precipitazioni violente. A tutto questo dobbiamo abituarci. L'agricoltura così come oggi la conosciamo deve cambiare: limitare l'uso della chimica, sviluppare nuovi approcci agronomici, puntare sull'innovazione varietale e tecnologica, spostare certe colture in altre aree o inserire nuove colture più adeguate al clima mutato".
 
Panchina in un parco inondata dalla piena di un fiume
Siccità prolungate ma anche temporali violenti ed improvvisi
(Fonte foto: © Hans - Pixabay)

Recentemente ha pubblicato un libro dal titolo 'Effetto serra, effetto guerra'. C'è un rapporto tra cambiamento climatico e flussi migratori?
"In linea generale possiamo dire che questo fenomeno funge da innesco di crisi ed accelera problematiche esistenti. E lo è ancora di più nella situazione che oggi viviamo in Italia, con flussi migratori che arrivano dalla fascia del Sahel (da cui proviene il 90% circa dei migranti che giungono in Italia). Qui è in atto un forte processo di desertificazione che ha affamato intere popolazioni ed ha ridotto lo spazio vitale. Questo ha scatenato la ricerca di cibo e di sopravvivenza. Scintilla perfetta per guerre, terrorismo e migrazioni".

Che cosa è possibile fare per cambiare l'inerzia climatica?
"In tutto questo c'è un lato positivo: tutto dipende da noi e dalle azioni socio-politiche che verranno fatte nei prossimi anni da tutti i Paesi. Dobbiamo ridurre tutto ciò che produce gas serra. E questo non vale solo per carburanti ed energia elettrica. Ad esempio c'è bisogno di un corretto uso del suolo. In questo senso, il recupero di terreni degradati/desertificati potrebbe essere un buon esempio. Dopo tutto, il 25% delle emissioni mondiali è dovuto ad uso del suolo agricolo, deforestazione ed incendi.
La prossima legislatura rappresenta una grande opportunità. Tutta la comunità scientifica ha cercato in questi anni di sensibilizzare le varie forze politiche. Recentemente abbiamo creato 'La scienza al voto', un testo dove sono presenti quattro suggerimenti su cui concentrare le loro politiche sul cambiamento climatico: accelerare la transizione verso una politica decarbonizzata (a basso consumo di risorse e circolare), applicare pienamente l'accordo di Parigi, incrementare le attività di cooperazione allo sviluppo, porre in essere un grande piano d'informazione e formazione della popolazione sul tema dei cambiamenti climatici e dei loro impatti".

 
Ciminiera di una fabbrica che emette fumo nell'atmosfera
L'uomo è la principale causa del cambiamento climatico, attraverso i gas serra
(Fonte foto: © JuergenPM - Pixabay)
 

Anche l'agricoltura sta cambiando

Numerosi studi hanno analizzato l’impatto dei cambiamenti climatici sull’agricoltura. Se guardiamo a quella europea ed italiana possiamo dire che gli effetti sono già reali e per il futuro non sembra che il trend sia diverso. Abbiamo chiesto a Marco Bindi, docente e prorettore alla ricerca dell'Università di Firenze, di approfondire meglio questo tema.

Qual è l’impatto del clima di oggi sulle principali colture europee ed italiane?
"I cambiamenti climatici che sono in corso, sia graduali che estremi, stanno avendo un certo impatto sull'agricoltura.
In Italia nel libro bianco del Mipaaf del 2011 sono descritti i rischi che si possono manifestare. Nel sud del continente europeo gli effetti negativi sono molti (Eckertsen et al., 2001; Reidsma et al., 2010; Palosuo et al., 2011; Olesen et al., 2011; Rötter et al., 2011a, 2011b, 2012; Iglesias et al., 2012; Porter et al., 2013): basse rese agricole, modifiche delle fasi di sviluppo delle piante, contrazione delle superfici coltivabili e riduzione della qualità del prodotto. E nel prossimo futuro vari fattori (quali aumento delle temperature, aumento concentrazione CO2, frequenza ed intensità degli eventi atmosferici) determineranno un'ulteriore recrudescenza".

 
Marco Bindi, docente e pro-rettore alla ricerca dell'Università di Firenze
Marco Bindi, prorettore alla Ricerca scientifica e docente di Agronomia e coltivazioni erbacee dell'Università di Firenze
(Fonte foto: © Università di Firenze)


Quali sono le colture più a rischio?
"Ce ne sono diverse. Ma guardiamo al nostro territorio. Caleranno le produzioni delle colture a semina primaverile (ad es. mais, girasole e soia) (Audsley et al., 2006). Difficoltà anche per le colture seminate in autunno (in primis grano invernale e primaverile) (Olesen, J.E. et al., 2006, Santos, K. Forbes & Moita, 2002). Anche la vite sarà protagonista in negativo di questo cambiamento. Così come l'olivo. E tra le orticole ricordiamo il pomodoro.
In un clima come quello dell'Italia i principali rischi meteorologici, causa di perdite produttive, sono costituiti dalle gelate tardive, dalle ondate di calore o da periodi di siccità prolungate. E non dobbiamo dimenticarci dell’aumento previsto degli eventi estremi (ad es. ondate di temperature elevate e siccità) (Meehl & Tebaldi, 2004, Schar & Jendritzky, 2004) che portano ad incrementi della variabilità (Jones, P. D. et al., 2003)".


Quali sono le misure che l’agricoltura italiana sta usando e userà per adattarsi a questi scenari?
"Dobbiamo prevedere l'adozione di strategie di adattamento capaci di dare nuova vita alla nostra agricoltura. Per prima cosa è necessario puntare su nuove varietà (attraverso il miglioramento genetico) capaci di adattarsi alle nuove condizioni climatiche. Poi si dovrà operare sulla ricerca di nuove tecniche colturali che permettano di gestire le piante in modo diverso. L'irrigazione e la gestione del ciclo dell'acqua hanno un ruolo importante.
Non è però solo un problema di quantità ma anche di qualità, visto che i cambiamenti climatici potrebbero interagire con l’uso di agrofarmaci e fertilizzanti nell’ambiente. Quasi sicuramente insetti, malattie ed infestanti andranno a modificare il loro impatto. Con la conseguenza maggiore aggressività delle patologie, maggiore rischio della salute umana (tra tutte ricordiamo le aflatossine del mais), minore qualità (ad es. l'impatto della mosca dell'olivo sulle caratteristiche organolettiche dell'olio) ed un aumento degli agrofarmaci attualmente adottati"