Quali sono le sfide che dovrà affrontare la viticoltura nel prossimo futuro? Se ne è parlato venerdì scorso 8 febbraio all'Istituto tecnico Enrico Fermi di Pontedera, in provincia di Pisa.

Un congresso organizzato dalla scuola, che da pochi anni ha aperto un indirizzo di agraria, e che ha visto la partecipazione di esperti delle Università di Pisa, Firenze, Verona e Milano oltre a ricercatori del Crea e del Cnr.

Un convegno importante, quindi, a carattere nazionale, reso possibile anche grazie al contributo di aziende sponsor: il Consorzio vivaisti toscani, l'azienda vitivinicola Badia di Morrona, Netsens, Syngenta, Netafim e, ovviamente, Image Line (della quale puoi scaricare qui gli atti).

Dopo i saluti del dirigente scolastico, Luigi Vittipaldi, e dell'assessore comunale alla Cultura e alle politiche scolastiche Liviana Canovai e della referente per l'educazione all'ambiente dell'Ufficio scolastico regionale Lucia Corti, i professori Alessandro Petri e Aldo Bronzini hanno presentato l'Istituto e introdotto il tema del convegno: l'ecosostenibilità e i cambiamenti climatici in viticoltura.

La parola è passata così ad Attilio Scienza dell'Università di Milano, che ha fatto anche da moderatore della giornata e che ha iniziato citando i risultati di una indagine fatta su 1.200 persone sul futuro del vino.

Indagine che ha mostrato che la maggior parte dei produttori è preoccupata dai cambiamenti climatici e in particolare dalla disponibilità di acqua e che confidano nella tecnologia e nel miglioramento genetico per affrontare le nuove sfide ambientali. Produttori che credono anche nella viticoltura sostenibile in senso lato, non solo biologica.

Una indagine, quella citata da Attilio Scienza, che ha fotografato anche i cambiamenti del mercato del vino, con una sempre maggior tendenza ai vini spumanti e a basso grado alcolico, spesso promossi e venduti su internet.

Tendenze di mercato che sono state confermate anche da Gianluca Brunori dell'Università di Pisa, che si è soffermato in particolare sulla necessità di orientarsi sempre di più alla vendita e alla promozione online che se da una parte mette le aziende in una vetrina mondiale, dall'altra costringe a diversificarsi e darsi un'identità per poter apparire.

Una diversificazione che in Italia punta soprattutto sul legame con il territorio, l'uso di vitigni autoctoni, le certificazioni biologiche e biodinamiche e la narrazione del vino e della realtà delle aziende.

Di vitigni autoctoni ha parlato anche Claudio D'Onofrio, sempre dell'Università di Pisa, sottolineando la grande agrobiodiversità del patrimonio varietale italiano, che conta oltre 2.300 nomi di vitigni, per quanto molti siano sinonimi, cioè indichino lo stesso vitigno.

Ma l'intervento di D'Onofrio è stato rivolto soprattutto alle prospettive di miglioramento genetico, mirate soprattutto alla produzione di piante non suscettibili alle malattie invece che piante tolleranti. Le piante non suscettibili infatti, non essendo disponibili per i patogeni, non portano nemmeno alla selezione di ceppi più aggressivi, come può avvenire invece con l'uso di piante tolleranti.

Miglioramenti che sono realizzabili sia con i metodi classici dell'incrocio e della selezione clonale, ma oggi anche con le tecniche biotecnologiche che permetto di editare il genoma di una pianta, cioè di modificarlo, anche senza introdurre geni di altre piante o varietà per ottenere caratteri desiderati.

Una tecnica che recentemente è stata ammessa dall'Unione europea che tra l'altro considera un clone con il genoma editato sempre classificabile come lo stesso clone. Cioè ad esempio si potrà editare un clone di Sangiovese e continuare a considerarlo lo stesso clone.

Il tema del miglioramento, ma anche della conservazione del patrimonio genetico, è stato affrontato anche da Roberto Bandinelli, presidente di TosCoVit, l'associazione toscana dei costitutori viticoli, che ha ripercorso l'attività del vivaismo viticolo in Toscana e suo ruolo nel mettere a disposizione delle aziende un materiale di qualità che oggi significa soprattutto offrire cloni e portinnesti in grado garantire caratteristiche non solo produttive, ma soprattutto sanitarie.
 
Un momento del convegno
Image Line, fra i sostenitori dell'evento, ha presentato lo stato dell'arte dell'agricoltura digitale e alcune case history relative a aziende vitivinicole che utilizzano www.quadernodicampagna.it per la sostenibilità e la rintracciabilità delle produzioni 
(Foto: Matteo Giusti - AgroNotizie) 

Sempre sul tema del materiale genetico è stato l'intervento di Paolo Storchi, del Crea Vic di Arezzo, che ha parlato del Sangiovese, vitigno principe della viticoltura toscana, che deve affrontare i cambiamenti climatici, soprattutto l'aumento delle temperature. Temperature che stanno portando da una parte ad un aumento del contenuto zuccherino, ma dall'altra a una maturazione sempre più precoce e spesso squilibrata dal punto di vista dell'acidità e dell'azoto prontamente assimilabile per i lieviti, e un germogliamento precoce che espone di più la pianta al rischio di gelate tardive.

I cambiamenti climatici, come ha spiegato Marco Morimondo dell'Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze, hanno conseguenze sulla fenologia della vite, sulla produzione e sulla qualità. In Borgogna ad esempio si è andati incontro a un anticipo delle vendemmie di 45 giorni in 70 anni.

Morimondo ha mostrato anche delle previsioni di lungo periodo, realizzate con modelli previsionali specifici, che mostrano come i principali problemi della viticoltura di qui a 40 anni saranno legati alla siccità, soprattutto nel Sud del Mediterraneo, e anche a una maggiore incidenza di gelate tardive, nonostante l'aumento costante delle temperature.

Un quadro in cui sarà sempre più necessario scegliere i vitigni adatti, migliorarli, adottare nuove tecniche di coltivazione, considerare la necessità di irrigazione e, in alcuni casi cambiare areale di coltivazione.

Anche Maurizio Boselli, dell'Università di Verona, ha parlato delle modalità a disposizione per fronteggiare i cambiamenti climatici, a partire dalla scelta delle varietà allo spostamento verso zone più fresche, come sta accadendo in Valpolicella dove si sta registrando una "salita" dei vigneti nelle zone alte di collina, raggiungendo già i 600 metri di altitudine.

Ma Boselli ha messo l'accento soprattutto all'uso degli induttori di resistenza, prodotti a base di peptidi realizzati per idrolisi enzimatica di sostanze proteiche che sono in grado di mantenere più chiusi gli stomi delle foglie, permettendo alla pianta di risparmiare acqua, oltre ad aumentare la produzione di metaboliti secondari, come il resveratrolo o vari composti terpenici importanti anche per la qualità del vino.

Venendo ai docenti dell'Università di Firenze, Giovan Battista Mattii, ha messo l'accento soprattutto sulla sostenibilità economica, oltre che ambientale che la gestione del vigneto deve e dovrà avere, mirando non tanto alla produzione, ma alla produttività, in un periodo in cui, anche a causa dei cambiamenti climatici, si vedono aumentare i costi di gestione e ridurre la produzione, con una conseguente perdita di reddito degli agricoltori.

Marco Vieri invece ha introdotto il tema dell'innovazione tecnologica, presentando anche il progetto Sparkle per la diffusione e la formazione nella agricoltura digitale e di precisione. Innovazione quella della agricoltura di precisione che si presenta come una nuova rivoluzione agricola, ma che per affermarsi ha bisogno di essere sostenibile. Non si può pensare di usare un macchinario ad alta tecnologia senza persone in grado di gestirlo.

L'innovazione deve cioè essere supportata da conoscenze e competenze presenti sul territorio, di nuovi attori da formare come gli agroinformatici e gli agroelettronici, ma che ha bisogno anche di ordine e di onestà. Ordine nelle conoscenze e nell'uso di nuovi strumenti, e onestà intellettuale nel proporre queste innovazioni non come la soluzione a tutti i problemi.

Alcuni aspetti di innovazione tecnologica applicata al vigneto sono stati presentati da Luca Toninato di Ager Coop, una cooperativa che si occupa di trasferimento tecnologico e che ha mostrato le prospettive offerte dai dati forniti dai due satelliti europei Sentinel 1 e 2 che forniscono dati sulle condizioni delle piante ogni cinque giorni.

Dati che in futuro potranno entrare nella ordinaria attività dell'agricoltore, consultandoli così come oggi si consulta normalmente un bollettino meteo. Ma dati che già oggi possono essere usati per la gestione del vigneto ricavando mappe utili per razionalizzare alcune operazioni come la concimazione o la raccolta, portando così a una riduzione dei costi o a un aumento della qualità dei prodotti.

Sempre a proposito di alta tecnologia è stato l'intervento di Antonio Manes di Netsens, una azienda toscana specializzata in sensori e strumenti meteo, che possono già ora portare a delle ottimizzazioni a livello sia della singola azienda che a livello consortile o interaziendale.

L'incontro infine si è concluso con l'intervento dei tecnici di Netafim e di Syngenta che hanno presentato le soluzioni per l'irrigazione del vigneto e per una viticoltura intensiva sostenibile, e di Cristiano Spadoni, che ha presentato l'attività di Image Line (da QdC - Quaderno di Campagna a Fitogest) e di AgroInnovation EDU, il programma dedicato alle scuole tecniche per presentare i servizi offerti dall'azienda, e che ora vede partner anche l'Istituto Fermi di Pontedera. La presentazione di Image Line è disponibile per il download.