Gli strumenti per l'agricoltura di precisione non sono tutti uguali. Meglio usare satelliti, droni o sensori di prossimità? E per fare cosa? AgroNotizie ha intervistato Marco Miserocchi, manager di Spektra Agri.

Miserocchi, voi avete ormai una lunga esperienza in agricoltura di precisione. Tra satelliti, droni e sensori in campo quale strumento è il più valido?
“Non si può dare una risposta univoca perché tutto dipende dal tipo di coltivazione che si vuole monitorare. Ci sono differenze abissali tra un campo di mais e un vigneto. Nelle colture a filari ad esempio, l'immagine dall'alto risente dell'influenza dell'inerbimento del frutteto o del vigneto. Su un'interfila da 2-4 metri abbiamo 0,5-1 metro di spessore di chioma e 1,5-3,5 metri di inerbimento. Questo disturbo sull'immagine va eliminato per non avere informazioni sbagliate. Con altri sistemi non si hanno questi problemi”.

Intende i sensori prossimali, quelli in campo?
“Il prossimale lo posso orientare direttamente sulla vegetazione quando passo a fare i trattamenti. Ha il difetto di essere lento, perché avanza col trattore, ma ha il pregio di rendere l'agricoltore indipendente da servizi esterni”.

I droni invece richiedono l'intervento di un tecnico?
“Ci deve essere un pilota e un professionista che rilevi il dato e faccia il post-procesing, cioè la pulizia delle immagini. Questo implica costi più elevati, dovuti anche all'autonomia ridotta dei velivoli, e tempi più lunghi di generazione delle mappe di vigore”.

Stesso discorso immagino valga anche per le immagini satellitari...
“Le foto satellitari hanno il vantaggio di poter monitorare una larga superficie, ma la risoluzione non è sufficientemente elevata per la viticoltura. Inoltre hanno un costo alto e date le ridotte dimensioni delle nostre imprese agricole il gioco non sempre vale la candela. Per questo come Spektra Agri stiamo partendo con un servizio a costo ridotto per venire incontro alle esigenze degli agricoltori”.

Satelliti, droni e sensori prossimali generano le mappe di vegetazione (o di vigore). Ne esistono altre?
“C'è la mappa di produzione, che indica la produttività di un campo zona per zone e che viene generata da sensori posti sui macchinari per la raccolta. C'è poi la mappa dei suoli costruita attraverso la scansione elettromagnetica del terreno”.

Di che cosa si tratta?
“Misurando la resistività elettrica del campo individuiamo le zone di suolo omogeneo, anche a diversi livelli di profondità. Grazie a questo servizio si può capire in quali condizioni la coltura viene messa a dimora”.

E dunque poi intervenire in maniera differenziata zona per zona?
“Certamente. In funzione del tipo di terreno io gestirò acqua e fertilizzanti con dosaggi variabili”.

L'utilizzo di questi strumenti per l'agricoltura di precisione è economicamente sostenibile anche sulle colture in cui i margini per l'agricoltore sono bassi?
“Sì perché è proprio su queste colture che non ci si può permettere di sprecare. Una volta che ho stabilito con i dati quali sono le capacità produttive di un terreno, la fase successiva è capire qual è il fattore produttivo limitante: può essere ad esempio la carenza di un elemento chimico o l'attacco di un parassita”.

E dunque intervengo di conseguenza?
“A questo punto posso fornire tutto il necessario affinché il mio campo produca alle sue massime potenzialità. Ma allo stesso tempo posso evitare di sprecare delle risorse: è inutile concimare un campo che so che può rendere al massimo 90 quintali per ettaro come se dovessi ricavarne 200”.

Questo articolo fa parte delle collezioni: