A Torino il procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello ha aperto un’inchiesta sull’olio di oliva commercializzato da sette importanti aziende italiane a seguito di indagini sviluppate dal Nas dei Carabinieri avviate dopo la pubblicazione – nella scorsa estate - sul periodico Il Salvagente di una serie di test sugli oli extravergini italiani più noti. Sul registro degli indagati sono stati iscritti per frode in commercio i rappresentanti legali di Carapelli, Bertolli, Santa Sabina, Coricelli, Sasso, Primadonna e Antica Badia.

Dai campionamenti effettuati dai Nas, che hanno prelevato bottiglie di tutte le marche, tra cui le più vendute, è emerso che le sette imprese avrebbero dichiarato al consumatore, scrivendolo sulle confezioni, che l’olio venduto era extravergine – o al cento per cento o comunque presente e miscelato con altri oli – quando in realtà sarebbe semplicemente stato "olio vergine".

Si tratta di un vero e proprio colpo all’immagine del più importante prodotto agroalimentare del Sud Italia, visto che le principali Regioni produttrici - Puglia, Calabria e Sicilia - hanno un'incidenza nella produzione nazionale di oltre l'85%.

Sin da ieri, si registra una forte reazione a livello politico con dichiarazioni del ministro alle Politiche agricole, Maurizio Martina, del senatore Dario Stefàno e una durissima presa di posizione della Coldiretti nazionale.
 
"Importante ora fare chiarezza"
“Seguiamo con attenzione l’evoluzione delle indagini della Procura di Torino, perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell’olio d’oliva italiano" ha commentato il ministro Martina.
"Da mesi abbiamo rafforzato i controlli, soprattutto in considerazione della scorsa annata olearia che è stata tra le più complicate degli ultimi anni. Nel 2014 il nostro Ispettorato repressione frodi ha portato avanti oltre 6 mila controlli sul comparto, con sequestri per 10 milioni di euro. È importante ora fare chiarezza per tutelare i consumatori e migliaia di aziende oneste impegnate oggi nella nuova campagna di produzione”.

L'olio, un simbolo del made in Italy
"Questi episodi ci obbligano a dover assumere maggiori iniziative a difesa del consumatore - ha invece commentato Dario Stefàno, componente della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama e già assessore all’agricoltura in Puglia - ma anche delle aziende corrette che operano ogni giorno con grandi sacrifici. L'inchiesta ci ricorda come sia attuale il tema delle frodi alimentari che deteriorano l'immagine del made in Italy e fanno male ai produttori che investono tutto nella qualità".

Stefàno ha inoltre ricordato che l'Italia è il secondo produttore mondiale di olio, un vero e proprio "simbolo di un patrimonio unico di valori e tradizioni di cultura e qualità".

Invasione di olio estero
"A favorire le frodi è certamente il record di importazioni con l’arrivo dall’estero nel 2014 di ben 666 mila tonnellate di olio di oliva e sansa, con un aumento del 38 per cento rispetto all’anno precedente" afferma la Coldiretti.

L'organizzazione agricola ricapitola i numeri del settore: circa 250 milioni di piante, con un fatturato stimato in 2 miliardi di euro e un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative.
Nonostante l'eccellenza del settore olivicolo italiano, il Belpaese è il primo importatore mondiale di oli di oliva che - nota la Coldiretti - "vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. Un comportamento che favorisce le frodi che vanno combattute anche con l’applicazione della disciplina del settore".

Nonostante l’esistenza di una rigorosa cornice normativa definita con la legge 9 del 2013 che ha introdotto importanti misure per la trasparenza nel settoreColdiretti denuncia "una diffusa disapplicazione delle norme previste a partire dal mancato controllo di regimi di importazione che non consente di verificare la qualità merceologica dei prodotti in entrata per cui, ad esempio, l’olio d’oliva viene spacciato per l’olio extravergine d’oliva e l’olio di sansa passa per olio d’oliva".

L'organizzazione agricola sottolinea anche la mancanza di controlli per la valutazione organolettica dell'olio, che consentirebbero di distinguere e classificare gli extravergini d’’oliva individuandone le caratteristiche, e l'altrettanto grave mancanza di sanzioni per inadempienza alle regole. In molti ristoranti, infatti, si continuano a trovare le vecchie oliere prive di tappo antirabbocco, obbligatorio per legge: "ulteriore beffa e danno per i consumatori", commenta Coldiretti.

"Una disapplicazione della legge che si estende poi – conclude la Coldiretti – al mancato contrasto nei riguardi dei marchi ingannevoli che inducono spesso in errore i consumatori che non sono in grado di conoscere esattamente cosa portano a tavola".


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