E meno male che il decreto di attuazione dell'ormai famigerato articolo 62 era stato firmato "di concerto" tra il ministero delle Politiche agricole e quello dello Sviluppo economico.
Di quel concerto, ora è rimasto solo lo sconcerto: quello degli operatori, che letteralmente non sanno più che pesci pigliare. Invece della certezza e della trasparenza, che alla fine anche i più riottosi esponenti della Grande distribuzione avevano deciso di accettare, l'intera filiera agroalimentare rischia di finire nel caos.
Come non bastassero il crollo dei consumi, le difficoltà economiche, bilanci che non quadrano.
Ci manca pure che non sai più nemmeno quando ti pagano!

Per ora la battaglia normativa è combattuta a colpi di "note giuridiche" dai rispettivi Uffici legislativi dei due dicasteri. Il primo affondo è partito dallo Sviluppo economico, secondo il quale, nel rispetto della gerarchia delle fonti, la norma comunitaria prevale su quella nazionale e quindi l'articolo 62 viene di fatto abrogato.

Pronta la replica dell'Ufficio legislativo delle Politiche agricole: nessuna abrogazione, quella dell'articolo 62 è una "normativa speciale", e come tale sfugge all'abrogazione di una legge successiva di carattere generale. Gli esperti di via XX Settembre precisano anche che non si può parlare di "illegittimità", in quanto la stessa direttiva comunitaria e il decreto che la recepisce contemplano la possibilità di mantenere in vigore o adottare norme specifiche, purché più favorevoli per il creditore.

In effetti, la normativa specifica (l'art. 62, appunto) risulta più favorevole per il creditore, in quanto stabilisce la sostanziale inderogabilità sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali, 30 giorni per i prodotti deperibili, 60 giorni per gli alimentari non deperibili. La norma comunitaria, invece, pur partendo dai 30 giorni base, prevede la possibilità per le parti contraenti di allungare i tempi anche oltre i 60 giorni.

Nella sostanza, la norma comunitaria è più flessibile e meno dirigista. E se dovesse prevalere, si tornerebbe di fatto allo squilibrio di prima, scandito dalla debolezza contrattuale del mondo agricolo e delle Pmi cooperative e industriali, e dallo strapotere della Grande distribuzione. Proprio quello che il ministro Catania aveva dichiarato di voler combattere, aggiungendo ai tempi certi di pagamento e relative sanzioni, anche l'obbligo dei contratti scritti.

Un "pasticciaccio brutto", degno dei titoli di coda della vecchia legislatura e di questa nuova che stenta a decollare lasciando il Paese in balia di se stesso, il momento meno favorevole per gettare nel caos un intero settore. Non possono essere un paio di lettere informali, ancorché contenenti pareri autorevoli, a ristabilire l'ordine normativo delle cose.
E' evidente che c'è bisogno di una parola definitiva e ufficiale per rimettere le cose a posto e fare chiarezza. E questo tocca prima di tutto ai due "padri" dell'articolo 62: quello naturale, Mario Catania, e quello "putativo", Corrado Passera.

Ma anche il mondo delle imprese deve fare la sua parte, perché ha le sue colpe. Al "pasticciaccio" ha infatti contribuito in modo sostanziale la spaccatura in Confindustria. Da una parte la casa madre di Viale dell'Astronomia, da sempre contraria all'art. 62, contro il quale si era alleata perfino con la Confcommercio; e non è un caso che proprio dalla direzione generale di Confindustria è partita la lettera che ha attivato gli uffici dello Sviluppo economico e il conseguente verdetto che vorrebbe cancellare l'art. 62.

Sul fronte opposto, una delle sue Federazioni più rappresentative: Federalimentare, che rappresenta il secondo settore manifatturiero italiano, con 130 miliardi di fatturato (ma evidentemente con un peso politico all'interno della galassia confindustriale molto poco incisivo), che aveva accolto con grande favore i vantaggi dell'art. 62, pensato in realtà per difendere soprattutto il mondo agricolo. Ma dal suo presidente, il cauto sabaudo Filippo Ferrua, solo un flebile commento "cerchiamo di appianare le eventuali divergenze", mentre da alcune associazioni di categoria, come Assocarni e Assalzoo, arrivano comunicati infuocati in difesa dell'articolo 62 e un plauso alla nota diramata dall'Ufficio legislativo del Mipaaf.

Più compatto, pro articolo 62, il fronte agricolo (Coldiretti, Cia, Copagri) e quello cooperativo, espresso dal presidente dell'Alleanza delle cooperative  agroalimentari, Maurizio Gardini. Meno convinta Confagricoltura, che contesta l'eccessivo dirigismo dell'articolo 62.
Vuol dire, allora, che è meglio per le imprese agricole la maggiore flessibilità sui tempi di pagamento concessa dalla norma comunitaria? A meno che gli strateghi di Palazzo della Valle non pensino a uno spezzatino normativo, per ciascun settore, una sorta di 62-bis. Se così fosse, non è escluso che sull'argomento presto si esprima anche l'Ufficio legislativo dell'organizzazione guidata da Mario Guidi.
Non c'è due senza tre.