L'ipotesi tanto temuta si è infine avverata: neve e ghiaccio hanno bloccato la circolazione stradale e ferroviaria in molte parti d'Italia, impedendo di fatto la consegna di generi alimentari freschi.

Coldiretti stima a cinquantamila tonnellate i prodotti alimentari deperibili come latte, frutta e verdura che quotidianamente lasciano le aziende agricole e le stalle per raggiungere stabilimenti e quindi i negozi e i supermercati della grande distribuzione organizzata, e che in questi giorni sono stati bloccati dal maltempo.

Molte Regioni hanno infatti deciso lo stop dei mezzi pesanti, a cui si aggiungono le difficoltà nelle strade di campagna. Il peggio si teme per le zone collinari e montane dove l'agricoltura, storicamente in difficoltà, rischia ora di essere messa in ginocchio dal blocco delle strade rurali e interponderali che renderebbe difficile, se non impossibili, gli spostamenti di merci e i rifornimenti aziendali.

"Una situazione pesante per le imprese agricole, dopo il grave bilancio di 200 milioni di danni provocati dallo sciopero dei tir" dice la Coldiretti.

"Un altro fermo le imprese agricole non possono permetterselo - non usa mezzi termini la Confagricoltura - Lo sciopero dei tir è costato caro all'agricoltura. Un'altra crisi dei trasporti proprio ora sarebbe davvero gravissima".

 

Allarme prezzi?

Anche i consumatori fanno i conti con la scarsità di approvvigionamenti, perché le forniture sugli scaffali dei supermercati non sono ancora tornate alla normalità dopo lo sciopero dei giorni scorsi. Da molte parti d'Italia giungono segnalazioni di scaffali vuoti nei supermercati, soprattutto per quanto riguarda frutta e verdura.

Confagricoltura sottolinea inoltre la possibilità, come già avvenuto in occasione dello sciopero dei tir, di speculazioni sui prezzi al consumo.

"Nei giorni degli scioperi degli autotrasportatori - ricorda l'organizzazione agricola - sulle piazze del Nord ci sono stati rincari del 15-20%, non sempre giustificati. Le situazioni critiche determinate dal maltempo potrebbero far ripartire al rialzo i listini in maniera incontrollata".

 

Tutta l'agricoltura è a rischio

Dopo un novembre e un dicembre dalle temperature quasi primaverili, e un gennaio relativamente mite, l'Italia affronta ora alla settimana più fredda degli ultimi 27, con precipitazioni come non se ne vedevano dalla grande nevicata dell'85.

Il gelo minaccia soprattutto le coltivazioni invernali in campo aperto come cavoli, verze, cicorie, carciofi, radicchio e broccoli ma "se la temperatura dovesse rimanere a lungo sotto i dieci gradi a soffrire sarebbero anche le piante di olivo e la vite, come è accaduto con il grande freddo del 1985", spiega la Coldiretti.

Oltre l'ortofrutta, tra i settori maggiormente colpito c'è la zootecnia: come spiega la Cia, al di sotto dei -2° di temperatura media giornaliera la resa produttiva degli animali da latte cala fino al 20%.

Ma è soprattutto per le serre che si temono le ricadute del freddo polare: con il prezzo del gasolio agricolo alle stelle (è aumentato del 130% nel giro di due anni), i costi di produzione aumenteranno vertiginosamente, portando a un ulteriore aggravio del 10% - 15% sulla voce energia

 

Agricoltori in prima linea

Le organizzazioni agricole hanno lanciato un appello alla propria base associativa, in particolare a quegli agricoltori a vocazione multifunzionale, per mettersi a disposizione delle amministrazioni comunali ed offrire loro il supporto di mezzi ed esperienza nella manutenzione e tutela di terreni e strade. Un esempio sono i trattori utilizzati come spalaneve e spandiconcime adattati per la distribuzione del sale contro il gelo. 

 

Non tutto il male vien per nuocere

Le precipitazioni eccezionali non hanno però causato solo disagi: Confagricoltura fa notare che la neve, infatti, "da un certo punto di vista è positiva perché le medie stagionali stavano ingannando le piante, che 'sentivano' già l'arrivo della primavera". 

Dopo un 2011 e un inizio 2012 straordinariamente asciutti, inoltre, la neve abbondante di questi giorni consentirà di ripristinare le scorte idriche sulle montagne, nei terreni e negli invasi che erano su livelli minimi.

 

E in Lombardia ci si prepara al 'buran'

Allevatori lombardi schierati contro il 'buran', il vento freddo in arrivo dalla Siberia. Nelle stalle con le mucche da latte - spiega la Coldiretti Lombardia - gli allevatori corrono ai ripari svuotando completamente le condutture degli abbeveratoi oppure lasciano sempre un filo d'acqua in modo che il passaggio costante scongiuri la formazione di ghiaccio. Riscaldamento a pieno regime nelle aziende suinicole, soprattutto nelle zone parto che ospitano le scrofe con i piccolini, mentre nei reparti con i maialini svezzati c'è chi ha schierato anche apparecchi portatili che soffiano aria calda nell'ambiente. "Le mucche adulte non soffrono tanto per il freddo - spiega Carlo Franciosi, allevatore di vacche da latte a Ossago (Lo) e presidente della Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza - mentre i vitellini bisogna tenerli su paglia ben asciutta e al riparo dai venti".

 

Gargano (Anbi): 'Buone pratiche per rispondere alle situazioni di crisi'

"Se, in questo periodo, le campagne 'riposano', l'ambiente in generale continua a subire le conseguenze di anni di inadeguata programmazione. Cosi', le nevicate sono attese con apprensione da chi opera quotidianamente nella gestione del territorio, come i consorzi di bonifica". E' quanto afferma Massimo Gargano, presidente dell'Anbi, l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni.

"Se la neve, soprattutto in quota, è attesa come una manna per rimpinguare le falde acquifere e creare riserve idriche per i mesi più caldi, in pianura sono le piogge ad essere attese, ma contestualmente temute - spiega Gargano -. Di fronte a rovesci violenti, concentrati nel tempo e nello spazio, come purtroppo ci hanno ripetutamente abituato le cronache più recenti, l'attuale aridità dei terreni unita all'eccessiva cementificazione, favorisce il 'ruscellamento' delle acque, non trattenendole e sovraccaricando le portate di una rete idraulica, la cui insufficienza e' da anni denunciata dall'anbi. A contrario, in assenza di precipitazioni meteorologiche, si prospettano periodi siccitosi, riproponendo condizioni sconosciute, al centro nord, fino agli anni 2000".

"Qualunque sia l'orizzonte - conclude il presidente dell'Anbi - ci rivolgiamo alle riconosciute competenze professionali dei ministeri interessati, affinché si continuino ad attivare quelle 'buone pratiche' fondamentali per rispondere tempestivamente alle situazioni di crisi".