Diffusi da Istat i dati relativi agli indici d'inflazione del mese di febbraio 2011. A fronte di un indice nazionale dei prezzi al consumo in aumento di 0,3 punti percentuali su base congiunturale e di 2,4 su base annua, i prodotti alimentari (comprese le bevande alcoliche), hanno fatto registrare variazioni congiunturali positive dello 0,4% e del 2% su base annua.
Una particolare segnalazione arriva dall'Istituto di statistica per il pane aumentato dello 0,3% rispetto a gennaio 2011 e del 1,22% su base annua oltre che per i formaggi e latticini aumentati su base congiunturale dello 0,5% e del 3,7% su base annua.
In aumento anche la frutta fresca che segna un +1,8% sul mese di gennaio un +2,4% sullo stesso mese di febbraio dello scorso anno.
Si tratta di dati che per Coldiretti devono spingere con forza verso una filiera agricola tutta italiana. Secondo l'associazione, gli alimentari sarebbero particolarmente esposti a quello che definisce l'effetto Libia alla base dell'aumento dei carburanti.
Tale aumento, spiega Coldiretti, pesa sui costi della logistica e sul prezzo finale di vendita dei prodotti. Sempre secondo Coldiretti, il massiccio ricorso che il nostro Paese al trasporto su gomma (oltre l'86% dei trasporti commerciali) sortisce, a causa delle lunghe distanze (quasi 2mila chilometri in media) che ogni pasto deve coprire per giungere sulle nostre tavole, un effetto valanga che rischia di travolgere la spesa degli italiani portando con sé non solo effetti economici ma anche ambientali.
Sulla stessa linea di ragionamento Copagri che sottolinea come nel mese di febbraio si siano toccati i livelli di inflazione più alti dal 2008 con rincari delle risorse energetiche a due cifre: +11,8% per la benzina in un solo anno e +17,2% per il gasolio da riscaldamento impiegato nelle coltivazioni in serra.
“Se a ciò” fa notare Copagri “aggiungiamo che tra il 2008 ed il 2009 l'aumento dei costi produttivi per il settore agricolo è stato mediamente dell'11% e che a questi vanno sommati anche i pesanti oneri della burocrazia, si deve concludere che l'agricoltura è in ginocchio”.
La fiammata inflazionistica provocata dall'impennata delle commodity agricole e dalle tensioni in nord Africa che hanno accelerato i rincari sul petrolio, secondo Cia non può portare alcun vantaggio alle imprese agricole che anzi risentono pesantemente del caro gasolio. “L'agricoltura italiana” prosegue Cia, “è impossibilitata a governare e raffreddare i listini delle commodity agricole, che noi importiamo in grandi quantità ma i cui prezzi sono determinati su scala mondiale spesso attraverso giochi di speculazione finanziaria, con conseguenti rincari che vanno a incidere sulla borsa della spesa degli italiani".
Infine, secondo Confagricoltura, stiamo pagando il pegno di un'inflazione importata, di cui, nonostante i generi alimentari siano tra i settori caratterizzati da listini in crescita, i produttori agricoli subiscono il peso. “La realtà” afferma l'associazione, “è che gli agricoltori guadagnano sempre meno, perché la forbice costi-prezzi continua a rivelarsi micidiale. I rincari dei prodotti caseari e del pane” conclude Confagricoltura, citando anche le rilevazione Ismea sui costi agricoli, “dipendono dalle tensioni sui prezzi delle commodity; i prezzi del grano” afferma l'associazione “sono cresciuti del 5% in un mese e hanno trainato quelli dei prodotti-base per l'alimentazione animale”.