Nei primi quattro mesi del 2009 l’andamento del settore oleario è apparso piuttosto instabile. La tendenza, in gennaio e febbraio, è decisamente negativa, marzo ha chiari segni di ripresa, aprile è di nuovo fiacco. Lo rende noto il monitoraggio di Assitol, l'Associazione italiana dell'industria olearia.
Più nel dettaglio, in aprile si nota una forte contrazione delle vendite degli oli d’oliva, soprattutto dell’olio extravergine che fa registrare un calo notevole (-19,2%). Per l’olio d’oliva, la riduzione è pari al 5,3%. Non a caso, si assiste ad una ripresa dell’olio di sansa, che registra un aumento del 26%. Tornando all’extra, le uniche categorie che guadagnano posizioni sono il biologico, che sale del 25,6%, e le DOP e IGP (+ 16,7%), che però si riconfermano prodotti di nicchia.

Se si considera nel suo complesso il periodo relativo a gennaio-aprile 2009, si vede che è l’olio extravergine a soffrire più di altri segmenti, con una contrazione del 15% delle vendite, seguito dall’olio d’oliva (-14,3), mentre si rafforza quello di sansa: un fenomeno tipico del mercato oleario nei momenti di crisi.
Anche le esportazioni, da sempre fiore all’occhiello del mercato dell’olio d’oliva, appaiono in affanno. In aprile la diminuzione dell’intero comparto è davvero pesante (-31,9%). Nel periodo gennaio-aprile 2009 si hanno buone notizie solo per l’olio biologico, che, registra una performance formidabile del 33,5%, a fronte del calo dell’extravergine (-12%), con l’olio DOP/IGP che diminuisce di oltre il 50%, e dell’olio d’oliva (- 8,9%).
I trend negativi del nostro monitoraggio, che nei quattro mesi si riferiscono a circa 80.000 tonnellate di olio commercializzato, trovano conferma nei dati degli Istituti di rilevazione sul calo delle vendite sul mercato nazionale e nei dati Istat sulla diminuzione delle esportazioni in gennaio e febbraio.
 
I motivi della crisi
L’industria dell’olio d’oliva vive un momento delicato e complesso. I primi mesi dell’anno in corso indicano infatti un avvio difficile per il 2009. Eppure i risultati dello scorso anno, fino a settembre, descrivevano un settore solido, nel quale i volumi degli oli commercializzati erano rimasti sostanzialmente quelli del 2007, ma con un aumento dei volumi di extravergine ed un calo degli oli d’oliva e di sansa.
Nel giro di poco tempo, tutto pare cambiato. Dopo anni in ascesa, con l’inizio del 2009 i segnali di crisi sono divenuti evidenti. Ciò si spiega innanzitutto con la crisi economica internazionale, quindi con una congiuntura che ha pesato sia sui consumi interni che sull’export, ma soprattutto che ha spinto operatori professionali e famiglie a ridurre lo stoccaggio di prodotto. A questo fenomeno ha contribuito il forte ribasso del prezzo della materia prima, con le conseguenti aspettative di ribassi dei prezzi dell’olio confezionato. Per giunta, a fronte di uno stock di olio della passata campagna, stimato dal Coi in oltre 630.000 tonnellate, la produzione per la campagna 2008/2009 è stata buona. Di qui la riduzione del prezzo al consumo.
La crisi è però anche la conseguenza di vecchi problemi irrisolti. Oltre ad una congiuntura altalenante, il comparto oleario oggi soffre di una serie di fattori negativi, che Assitol denuncia da tempo. Tra questi la costante carenza di investimenti nel settore produttivo in Italia, resa ancora più evidente dal confronto con il rinnovo della produzione spagnola ed una filiera agricola che fatica a comprendere le logiche di mercato. Inoltre, la competizione con alcuni Paesi che hanno avviato di recente la produzione (Australia, Nuova Zelanda, Argentina, Cile) si è fatta più serrata.

Ecco perché, accanto all’attuale calo dei consumi, l’Associazione guarda con preoccupazione al decreto di attuazione del nuovo regolamento che rischia di non apportare alcun vantaggio al settore e, al contrario, di appesantire fortemente burocrazia e costi. Il testo ministeriale impone all’industria ed a tutti gli anelli della filiera, ma stranamente non ai produttori agricoli, una serie di minuziose registrazioni contabili, che andrebbero a replicare quelle già imposte per legge ai fini della tracciabilità del prodotto e per obblighi fiscali. Un elemento, questo, che discrimina ulteriormente gli operatori italiani rispetto ai loro concorrenti più agguerriti, come Spagna e Grecia, che non devono certo preoccuparsi di simili oneri.
Per uscire dalla crisi, Assitol chiede alle istituzioni competenti un’attenzione più consapevole ai problemi di tutto il comparto e propone maggiori investimenti nel settore, in particolare nella promozione all’estero.