Verso la 'health check' della Pac. Con quali scenari si prepara l'agricoltura italiana ad affrontare il controllo, soprattutto nell'ambito del comparto zootecnico, inteso come macro-area?
L'health check è più di un semplice 'controllo della salute', ma è una vera e propria riforma, di cui si sente il bisogno. L'importante è che questa revisione  non si tramuti in un ulteriore appesantimento per le imprese agricole, ma diventi invece un'opportunità per tutto il settore primario. Né ci spaventa l'ulteriore spostamento verso il secondo pilastro, purché non ci siano esasperazioni, lasciando agli allevatori europei ed italiani  la possibilità di produrre latte, carne, senza legare il loro destino ad un ambientalismo fine a sé stesso.

Quali mercati potranno confermare le tendenze di crescita registrate nel 2007 e quali comparti potrebbero invece fare i conti con un rallentamento?
L'auspicio è che il 2008 possa essere contraddistinto da dinamiche più favorevoli  rispetto a quelle che hanno caratterizzato il 2007. Ma se guardiamo ai listini delle borse merci la sensazione è che il mercato delle materie prime continuerà ad avere prezzi sostenuti. Un trend favorevole per chi produce mais, grano, orzo e proteici,  che però sta rendendo sempre più difficile il lavoro in stalla, alzando i costi di produzione e costringendo gli allevatori a trasferire a valle i numerosi rincari subiti in questi mesi per alimentare il proprio bestiame. L'aumento del prezzo del petrolio sta creando poi ulteriori problemi che si ripercuotono lungo tutta  la filiera, una problematica che in campagna riguarda non solo i carburanti agricoli, ma anche i concimi chimici e numerosi altri fattori produttivi. Il rischio è quello di arrivare sul mercato con latte, carne e trasformati sempre più costosi ed è necessario che la distribuzione venga incontro alla prima parte della filiera, ridistribuendo la catena del valore in un'ottica di corresponsabilità. Perché non è certo scaricando l'aumento dei costi sul consumatore finale che possiamo risolvere il problema del caro mangimi. Non ci spaventa il dover essere sempre più competitivi per restare sul mercato, perché gli allevatori hanno la professionalità necessaria per farlo, ma dobbiamo riuscire a rivedere le logiche di formazione del prezzo, ripartendo gli utili in maniera più equa e senza imporre  ulteriori oneri alle famiglie italiane.

Zootecnia italiana in difficoltà. Pesante crisi per il settore suinicolo, progressiva crescita delle importazioni di carne bovina dall’estero: come uscire da questa situazione?Con i costi di produzione attuali è sempre più conveniente, in un’ottica industriale,  produrre fuori  dall’Italia. Se dovessimo paragonare il costo di produzione di 1 kg di carne brasiliana o argentina con quello nazionale ci troveremmo immediatamente fuori mercato. Il timore è proprio quello di assistere impotenti ad un ulteriore aumento delle importazioni di carne perché non si offre agli allevatori la possibilità di veder remunerata adeguatamente la qualità che esce dalle stalle italiane.Venendo alla suinicoltura si fatica ad essere ottimisti perché questo settore è una delle vittime eccellenti del caro mais e del caro cereali. D’altro canto gli allevatori italiani hanno scelto la strada del cosiddetto “suino pesante”, indispensabile per produrre i prosciutti Dop della nostra tradizione, e non possono permettersi di cambiare le razioni inserendo  sottoprodotti, perché ne risentirebbe la qualità delle cosce da avviare alla trasformazione. Allo stesso modo però non possiamo certo continuare a pretendere che il valore del maiale sia “pagato” dai  due prosciutti e dobbiamo sforzarci perché anche tutti gli altri tagli di carne siano valorizzati come meritano. All’estero questa esasperazione non esiste vista la diversa tipologia di suino allevato e questo diventa una ulteriore minaccia per il settore. Il progetto del Gran Suino Padano è la strada da seguire per uscire da questo schema fortemente penalizzante per il nostro Paese, ma occorre che anche la Gdo creda in questo percorso e dia la giusta visibilità e la corretta remunerazione alle carni provenienti da soggetti pesanti, una volta “tolti” i prosciutti.  Ma tutto ciò ha senso solo se ci impegneremo con tutte le nostre forze nel garantire alla filiera e al consumatore l’origine del prodotto nazionale, tutelando così il lavoro dei nostri suinicoltori. Occorre una serietà assoluta nel tutelare le grandi Dop nazionali, ma anche nel tenere ben separati i prosciutti a denominazione di origine protetta da quelli prodotti con cosci di importazione, che hanno comunque un effetto erosivo sui consumi.4 – Dal 1° aprile prossimo l’Unione europea aumenterà in misura lineare del 2% le quote latte. Quali riflessi sul comparto lattiero caseario? È stata una scelta che non condividiamo in pieno  e che consideriamo frettolosa, viste le dinamiche del mercato lattiero caseario. La Ue ha deciso l’aumento del 2% in un momento di congiuntura e di mancanza di materia prima, ma nel giro di pochi mesi la situazione europea e mondiale è mutata e oggi c’è una ritrovata disponibilità di latte in polvere e latte liquido a livello internazionale. L’incremento della quota porterà certamente ad un abbassamento del prezzo, una tendenza che andrà a rafforzarsi ulteriormente se la Ue deciderà di continuare da qui al 2015 ad incrementare i quantitativi di riferimento. Il mercato lattiero caseario dei prossimi anni sarà caratterizzato da dinamiche molto rapide e necessariamente occorrerà anche imparare a gestire la definizione del prezzo del latte in maniera flessibile. Nei prossimi mesi il prezzo dovrebbe tenere, anche se c’è meno tensione sui mercati, ma è chiaro che si dovrà concordare a breve con gli industriali una strategia per il futuro. 5 – Il sistema delle produzioni Dop/Igp e dei marchi europei di qualità sono una strada ancora efficace per valorizzare il prodotto agricolo italiano? I «farmers market»: opportunità concreta o presunta per gli imprenditori agricoli italiani?Il sistema delle Dop e delle Igp resta la strada maestra per il nostro Paese, ma non possiamo certo pensare che le denominazioni protette siano la panacea a tutti i mali, trincerandoci dietro a produzioni note in tutto il mondo come il Grana Padano o il Prosciutto di Parma. Abbiamo da lavorare molto in casa e all’estero nella difficile lotta per la tutela del made in Italy, ma non possiamo aspettarci miracoli. Allo stesso modo in cui credo nei farmers market, nella consapevolezza che non dobbiamo investire solo nella vendita diretta per far quadrare i conti. Sono altresì convinto che da parte dello Stato non basti scrivere una legge ad hoc per dar vita a questi mercati gestiti dagli  agricoltori, ma occorra mettere a disposizione anche gli strumenti formativi necessari per uscire dall’individualismo tipico del mondo agricolo e mettersi insieme per entrare sul mercato da attori e non più da comparse.Le potenzialità dei farmers market sono notevoli e l’esperienza francese in tal senso è estremamente positiva. E sono convinto che la crescita delle vendite dirette possa avere un impatto notevole anche sui prezzi, ridistribuendo la catena del valore  in maniera più equa. Ma non sarà un percorso sempre facile.6 – In che misura le bioenergie troveranno spazio all’interno dell’azienda agricola? Quale sarà il futuro delle energie rinnovabili e quali potrebbero essere le più indicate nello scenario agricolo e zootecnico italiano?Le decisioni prese a Bruxelles parlano chiaro e indicano con forza la direzione che è stata presa nel medio periodo, per cui non c’è dubbio sul ruolo che le bioenergie avranno in Europa e in Italia. Dobbiamo però avere la consapevolezza che una scorretta gestione delle bioenergie  possa avere effetti potenzialmente pesanti sulla zootecnia per ciò che riguarda l’approvvigionamento di biomassa. La disponibilità di terreno agricolo non aumenterà di certo e potrebbe risentirne negativamente (dal punto di vista degli allevatori) il mercato dei cereali con un aumento dei prezzi causato dall’apertura di questo  nuovo mercato. Credo molto negli impianti consortili, piuttosto che nei singoli impianti aziendali, e soprattutto vedo nel fotovoltaico l’area di sviluppo più promettente per un Paese come il nostro.7 – Quali punti dovrà privilegiare la Pac del futuro? Le scelte in tema di politica agricola avranno in futuro una valenza fortemente sociale e legata all’ambiente. Per questo motivo occorre che il dibattito prenda in considerazione tale  aspetto, cercando di comprendere quale spazio e soprattutto quale ruolo dovrà avere l’agricoltura nell’Europa di domani. Sono scelte difficili, che possono avere un impatto pesante sulle nostre aziende: un motivo in più per dire la nostra. Saranno scelte che non potranno accontentare tutti, ma che confido possano vedere nell’agricoltura lo strumento d’eccellenza per garantire ai cittadini europei una qualità di vita sempre più elevata. Da parte degli allevatori italiani c’è la disponibilità ad andare in questa direzione, promovendo la cultura dell’ambiente,  del  benessere animale e della tracciabilità. Purché Bruxelles non voglia utopicamente trasformare il Vecchio continente in un grande giardino…

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