La presenza di cinghiali nelle nostre campagne rappresenta una fonte di rischio per la redditività delle aziende agricole. In alcune aree, in cui questi ungulati sono fortemente presenti, la densità è tale da rendere quasi impossibile ogni attività.

 

Gli agricoltori possono sparare ai cinghiali secondo due modalità: o come cacciatori, in questo caso rispettando le regole che normano l'attività venatoria, oppure come coadiutori dei Piani di Controllo della Fauna Selvatica. La prima opzione è molto restrittiva, in quanto il cacciatore deve rispettare la stagione di caccia, i giorni di silenzio venatorio, il numero massimo di capi abbattibili e le altre regole del settore.

 

Come coadiutore dei Piani di Controllo della Fauna Selvatica, invece, l'agricoltore, non essendo mosso dall'obiettivo venatorio ma dallo svolgimento di un servizio pubblico, è soggetto a molti meno vincoli. È dunque questa l'opzione che permette all'agricoltore di intervenire in maniera più efficace ed è dunque quella che andrebbe preferita.

 

Nel prossimo paragrafo analizzeremo le basi giuridiche che permettono all'agricoltore di sparare ai cinghiali presenti nei propri campi, oppure catturarli. Mentre per chi vuole sapere semplicemente quali sono i passi da compiere per poter abbattere questi ungulati suggeriamo di andare direttamente al paragrafo successivo.

 

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L'agricoltore può sparare ai cinghiali, lo dice la legge

La Legge sull'Ordinamento della Caccia (157 del 1992) prevede all'articolo 19, comma 2, che "le regioni possono autorizzare piani di abbattimento. Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno altresì avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio".

 

Gli agricoltori che operano per l'esecuzione dei Piani di Abbattimento non sparano dunque ai cinghiali per scopo venatorio, ma a supporto delle istituzioni. I coadiutori dei Piani di Controllo (questo il termine corretto) non sono soggetti così alle limitazioni tipiche della caccia (stagione venatoria, divieto di caccia notturna o con la neve, giorni di silenzio venatorio, eccetera).

 

Gli abbattimenti nelle aree protette, come ad esempio i parchi nazionali o regionali, sono invece normati dalla Legge 394 del 1991 (articoli 11 e 12) che prevede che possano essere uccisi gli animali solo in determinate condizioni.

 

L'articolo 11 prevede: "eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco. Prelievi e abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate". 

 

La Legge non prevede esplicitamente il coinvolgimento degli agricoltori, tuttavia, poiché si parla di persone "espressamente autorizzate", il legislatore ha di fatto aperto alla partecipazione anche degli agricoltori.

Queste due normative definiscono il perimetro generale in cui si opera, ma sono poi le regioni che adottano i Piani di Controllo e le modalità attraverso le quali gli agricoltori possono sparare ai cinghiali.

 

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Nove cose che l'agricoltore deve sapere per poter sparare ai cinghiali

Fatte queste premesse, ecco i passi concreti che l'agricoltore deve seguire per poter procedere con gli abbattimenti:

  • Essere in possesso di un porto d'armi per uso venatorio in corso di validità.
  • Essere in possesso di una licenza di caccia in corso di validità.
  • Essere proprietario/conduttore del fondo dove si vogliono abbattere gli animali.
  • Se i campi dove si vogliono abbattere gli ungulati sono all'interno di un'area protetta (come un parco regionale), l'agricoltore deve contattare l'Ente parco e verificare se questi abbia adottato un Piano di Gestione del Cinghiale o in generale della fauna selvatica. In caso positivo, ogni parco regolamenta gli abbattimenti in maniera autonoma e l'agricoltore deve seguire le disposizioni locali.
  • Se i campi non si trovano in un'area protetta l'agricoltore deve rivolgersi alla Direzione Agricoltura della regione o ad un distaccamento territoriale per determinare se esiste un Piano di Abbattimento Regionale.
  • In caso positivo, all'interno del Piano vengono definiti modalità e limiti agli abbattimenti (di seguito riportiamo il caso dell'Emilia Romagna).
  • Di solito viene chiesto che l'agricoltore segua un corso di formazione sul cinghiale. Una volta formato l'agricoltore diventa coadiutore del Piani di Controllo della Fauna Selvatica.
  • L'agricoltore che vuole procedere agli abbattimenti deve comunicare all'ente indicato dal Piano (l'Atc, la Polizia provinciale, eccetera) la sua intenzione di procedere con gli abbattimenti.
  • Successivamente deve essere fatta una comunicazione del numero di capi abbattuti.


"I corsi di formazione sono necessari proprio perché lo scopo dell'agricoltore non è quello venatorio, ma di attuazione di un provvedimento di pubblico interesse finalizzato a mitigare un problema. Tali corsi sono necessari per operare con maggiore consapevolezza e sono sempre obbligatori quando si opera nelle aree protette, mentre al di fuori di queste possono essere facoltativi", spiega Andrea Monaco, ricercatore dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) e profondo conoscitore della biologia e delle abitudini dei cinghiali.
 
"Le autorizzazioni necessarie per realizzare gli abbattimenti, sebbene possano sembrare un inutile fardello burocratico, sono invece indispensabili per operare nel pieno rispetto delle norme ed evitare contenziosi legali, che spesso vengono sollevati in queste situazioni", specifica Monaco.

 

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Il Piano di Abbattimento dell'Emilia Romagna

Come ricordato in precedenza, le regioni hanno ampia facoltà di normare gli abbattimenti dei cinghiali. Ad esempio l'Emilia Romagna (con il Dgr 1973/2021) sottolinea come gli abbattimenti siano utili a tutelare l'attività agricola, a limitare gli incidenti stradali e a contrastare il diffondersi della peste suina africana. Pertanto chi opera in attuazione del Piano di Abbattimento opera per pubblica utilità. Il controllo faunistico non ha quindi limiti di orario o di validità durante l'anno, né c'è un limite numerico di capi abbattibili.

 

È previsto che ad abbattere i cinghiali possano essere gli "agricoltori, ma anche dipendenti e familiari, o persone di fiducia, purché in possesso di licenza di caccia e dopo aver seguito un percorso formativo per diventare 'coadiutori'. Sono poi le singole province ad autorizzare e coordinare l'attività di abbattimento".

Nel Piano di Abbattimento sono anche fissate le modalità di controllo del cinghiale, come ad esempio la tipologia di munizione adottata o l'impiego di attrattivi alimentari o trappole.

 

Non solo il fucile, possibile anche l'uso di trappole

Se la normativa sulla caccia del 1992 prevede espressamente l'abbattimento come strumento di gestione della fauna selvatica, alcune regioni hanno anche previsto altri strumenti, come il caso del Piemonte o della stessa Emilia Romagna, che annovera anche la possibilità che agricoltori privi di licenza di caccia possano installare delle gabbie per la cattura degli animali vivi. Animali che poi sono gestiti da soggetti terzi.

 

Sempre in Piemonte è stata introdotta anche la figura del tutor, un soggetto che può essere chiamato dall'agricoltore per abbattere i cinghiali in situazioni "urgenti e non procrastinabili". Questo permette ad operatori agricoli non in possesso del titolo di coadiutore di poter difendere la proprietà dai cinghiali.