"Senza agricoltura non c'è sostenibilità ambientale e senza allevamenti non c'è nemmeno l'agricoltura".

Non ha usato giri di parole Ruggero Lenti, nella sua veste di presidente degli industriali delle carni rappresentati da Assica, nel mettere a tacere le fandonie che si rincorrono in tema di allevamenti e impatto ambientale.

L'occasione è venuta dall'incontro che si è svolto il 13 aprile per illustrare i risultati dell'indagine Censis sul rapporto che hanno gli italiani con la carne.

Una ricerca, questa del Censis, promossa dalla stessa Assica e da UnaItalia, associazione quest'ultima che riunisce la quasi totalità della filiera avicola, presente all'incontro con il suo presidente, Antonio Forlini.

 

Due settori, quello della trasformazione delle carni e dell'avicoltura, che insieme rappresentano un fatturato di 13,9 miliardi di euro (5,7 miliardi quelli del settore avicolo).

Strategica la loro importanza per l'approvvigionamento di cibo (per le carni avicole siamo autosufficienti) e per l'impatto sociale che deriva dall'occupare complessivamente quasi 94mila addetti (29mila quelli impegnati nella trasformazione).


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Da sinistra: Ruggero Lenti (Assica), Antonio Forlini (Unaitalia), Massimiliano Valerii (Censis)
(Fonte: Assica)


La carne e il consumatore

Un settore, questo delle carni, alle prese con importanti trasformazioni e con numerose sfide.

Prima l'emergenza sanitaria, poi il vertiginoso aumento dei costi di produzione (dalla bolletta energetica agli alimenti degli animali) e ora con le vicende drammatiche del conflitto in Ucraina e delle conseguenze sullo scenario dei commerci europei e mondiali.

 

Necessario allora conoscere come il consumatore percepisce la carne e quali sono le sue attese, compito al centro della ricerca firmata dal Censis.

Nel sintetizzarne i risultati, il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii, ha anzitutto messo in evidenza come per il 96,5% del campione esaminato la carne rappresenti una componente integrante della dieta, ed è significativo che siano i giovani a consumarne con maggiore regolarità.

 

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(Fonte: Censis)


Carne finta? No, grazie

Bocciati senza appello i surrogati della carne.

Oltre l'80% dichiara di non essere interessato al consumo di imitazioni della carne, ottenute in qualunque modo, siano insetti o elaborati a base vegetale o frutto di sintesi di laboratorio.

La continua e martellante campagna di denigrazione della carne sembra dunque non cogliere nel segno.

 

Sarebbe quindi opportuno, come molti interventi hanno sottolineato, uscire dall'equivoco semantico, quando si definiscono questi cibi alternativi come "carne pulita" o "carne coltivata", attribuendo implicitamente valori che questi prodotti non hanno.

Anche la definizione di "carne" o indicazioni che ne evocano la presenza, come hamburger o polpette, dovrebbe essere evitata.

Il rischio è quello di confondere il consumatore, invitandolo ad un acquisto inconsapevole.

 

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(Fonte: Censis)

Importante la provenienza

Al contrario i consumatori, anche questa una delle evidenze dell'indagine Censis, ritengono importante conoscere la provenienza della carne, le caratteristiche dell'allevamento, il trattamento riservato agli animali in tema di benessere, l'impiego di farmaci.

Una corretta informazione è fondamentale per oltre l'80% delle persone, che conosce peraltro il rapporto fra cibo e salute e proprio per questo vorrebbe limitare, se non impedire, l'ingresso di alimenti che giungono da paesi che non rispettano standard di sicurezza elevati quanto quelli italiani.

 

I progetti

In tema di sicurezza e qualità Francesco Bongiovanni, della direzione valorizzazione della biodiversità animale del ministero per le Politiche agricole, ha anticipato il progetto, in fase già avanzata, sul quale si sta lavorando per offrire un sistema di certificazione che abbia al centro il benessere animale.

Un progetto, del quale già AgroNotizie ha parlato, che intende anticipare quanto previsto dalla nuova Politica Agricola Comunitaria (Pac) e dal percorso delineato dal Farm to Fork.

Le risorse sono già state individuate nella Legge di Bilancio e una volta messo a punto definitivamente sarà presentato alla Commissione Europea per la necessaria approvazione.

Il tutto finalizzato, in estrema sintesi, a incentivare gli allevamenti al pascolo e i metodi considerati più "sostenibili".


"Intensivo è bello"

Pur se il dibattito non lo ha messo in evidenza, va ricordato che il sistema zootecnico italiano ha alcune peculiarità che lo distinguono da quello di altri paesi.

Il tessuto produttivo è caratterizzato da allevamenti medio piccoli, aperti alle innovazioni tecnologiche, attenti al benessere animale ed efficienti. Un'efficienza che si traduce in minore impatto ambientale.

 

Il contributo degli allevamenti italiani alla produzione di gas climalteranti è infatti fra i più bassi al mondo (poco oltre il 5%).

Il "merito" è della zootecnia intensiva, aggettivo che non è stato citato durante questo incontro, forse nel timore che possa evocare immagini di ambienti inospitali e maleodoranti, dove gli animali sono ammassati l'uno sull'altro e magari anche maltrattati, come si vorrebbe far credere.

Nulla di tutto ciò, si tratta semmai di "allevamento protetti", dove l'interesse dell'allevatore coincide con animali produttivi, dunque in salute e in condizioni ideali, lontani da fattori stressanti.

Lo dimostrano gli allevamenti avicoli, certo fra i più "intensivi" e protetti, che in dieci anni hanno ridotto del 92% l'uso di antibiotici.

 

Ora la difficoltà è dare al consumatore le opportunità per una corretta informazione.

Forse si parlerà anche di questo aspetto al tavolo di filiera che il settore ha chiesto di riunire presso il ministero per le Politiche agricole.

Un tavolo al quale far sedere anche la distribuzione organizzata per evitare che lo squilibrio della catena del valore finisca con penalizzare esclusivamente la parte a monte della filiera.

Obiettivo importante, ma più volte mancato in analoghe occasioni.

 

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(Fonte: Censis)

 

La sostenibilità sostenibile

La complessità della situazione, con costi fuori controllo e la paura dell'inflazione, rimette in discussione molti capisaldi ritenuti come acquisiti sul tema della sostenibilità.

Che non può essere coniugata solo in chiave ambientale, ma deve tenere conto al contempo di una sostenibilità sociale ed economica. Il sistema zootecnico italiano è pronto a fare la sua parte.