La peste suina africana è arrivata in Piemonte. La notizia era stata anticipata dalla nota virologa Ilaria Capua, in occasione di una sua presenza televisiva.
La conferma è poi arrivata dal Centro di referenza nazionale per questa patologia, presso l'Istituto Zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche.

Il Ministero della Salute ha già allertato le strutture sanitarie per delimitare l'area infetta e definire le misure straordinarie per contenere la diffusione della malattia.

L'area interessata, a cavallo fra Piemonte e Liguria, è quella con al centro Alessandria, dove è stata rinvenuta la carcassa di un cinghiale sul quale i laboratori dello Zooprofilattico di Torino hanno evidenziato la presenza del virus della peste suina africana.

Nel frattempo la Regione Piemonte ha chiesto ai sindaci dei comuni interessati di vietare l'esercizio venatorio e di rafforzare la sorveglianza sui cinghiali e sugli allevamenti.

Il rischio cinghiali

Non stupisce che il protagonista di questo allarme sia un cinghiale, che rappresenta un temibile serbatoio di questa patologia, della quale più volte AgroNotizie ha avuto occasione di occuparsi.
La grande ed eccessiva diffusione di questo suide selvatico (se ne stima la presenza di 2,3 milioni di capi), responsabile anche di gravi danni ai raccolti, lascia presumere che più casi di peste suina africana potrebbero essere scoperti se solo si potesse procedere a un controllo sistematico, peraltro impensabile, nelle popolazioni selvatiche.

Così gli accertamenti non possono che essere affidati alla buona volontà di quanti si imbattono in un cinghiale venuto a morte.
Senso civico vorrebbe che si procedesse con il segnalare questo "incontro" alle autorità sanitarie.
In Emilia Romagna, ma è solo un esempio, la Regione ha messo a disposizione un numero di telefono (051-6092124) al quale fare riferimento per segnalare questi casi.
Ma pochi sono a conoscenza di questa opportunità, pur con le dovute eccezioni per quanti svolgono attività legate al controllo dell'ambiente.

Forte diffusione

Che sia necessario invece prestare molta attenzione a questi episodi di selvatici colpiti dal virus della peste suina africana è molto importante.
La diffusione di questa malattia in molti paesi europei, anche a noi vicini, è motivo di forte allarme e dovrebbe spingere a prendere tutte le precauzioni del caso.
Ad oggi i focolai della malattia sono segnalati in Bulgaria, Estonia, Germania, Grecia, Lettonia. Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Ungheria.
Approfittando del "passaggio" offerto dai cinghiali, per il virus è estremamente facile superare i confini nazionali e insidiare da vicino i nostri allevamenti.

Una catastrofe da evitare

Le conseguenze, è bene ricordarlo, sono devastanti.
Cure non ne esistono e per evitare il diffondersi della malattia è necessario abbattere gli animali e al contempo bloccare ogni attività commerciale per molti chilometri attorno alle aree interessate.
Poiché il virus può diffondersi anche attraverso le carni e i prodotti trasformati, molti paesi stranieri potrebbero decidere di alzare barriere sanitarie all'importazione.
Una catastrofe per gli allevamenti, per le industrie della macellazione, per gli stagionatori e per i commercianti.
Danni per miliardi di euro dai quali la filiera suinicola potrebbe non rialzarsi.

Troppi cinghiali

E poco conta ripetere ancora una volta che questa malattia non ha nulla a che vedere con l'uomo.
Un solo accenno a una qualunque patologia degli animali è da sempre motivo di apprensione, sebbene ingiustificato.
La pandemia da Covid19 non fa che accentuare questi timori e le ripercussioni sull'andamento dei consumi può essere disastroso.
Ogni sforzo va dunque rivolto alla prevenzione e già gli allevamenti di suini ne sono consapevoli e adottano tutte le possibili misure di biosicurezza necessarie.
E' incomprensibile allora come ancora oggi non venga attuato con la necessaria severità un piano di contenimento della popolazione di cinghiali.
In ballo non ci sono solo i danni ai campi, ma la sopravvivenza della filiera suinicola, un comparto di inestimabile valore economico, sociale e culturale.