La carne bovina costerà il 58% in più, quella di suino sarà più cara del 48% e anche per acquistare il latte sarà necessario spendere il 36% in più.
Queste alcune delle conseguenze dell'applicazione del Farm to Fork, dal campo alla tavola si potrebbe dire in italiano, progetto che la Commissione Europea ha messo a punto con l'obiettivo di migliorare l'impatto ambientale dell'agricoltura.
Per raggiungere questo risultato si punta a ridurre del 20% la domanda di carne, azzerare le importazioni di soia, aumentare del 25% l'agricoltura biologica e portare al minimo l'uso degli agrofarmaci e dei concimi chimici.

Un progetto ambizioso e coraggioso, quanto mai apprezzabile per gli obiettivi che intende raggiungere, in particolare per il contrasto ai cambiamenti climatici.
Al contempo è però necessario verificare quali sarebbero le conseguenze pratiche del Farm to Fork, senza perdere di vista che non può esistere una sostenibilità ambientale avulsa da una corrispondente sostenibilità sociale ed economica.

Cosa ne pensa l'Usda

In assenza di un'analisi di questi aspetti da parte della Commissione Europea (ma vedremo che non è così), l'Usda, il Dipartimento Statunitense dell'Agricoltura, si era preoccupato di verificare come le politiche europee avrebbero influito sui commerci internazionali dei prodotti agroalimentari.
Arrivando a esprimere critiche per i forti squilibri sui mercati, per l'aumento dei prezzi delle derrate alimentari, per il mancato raggiungimento degli obiettivi sul piano ambientale.

Analoghe le risultanze del Jrc, il Centro di Ricerca Europeo, che oltre a puntare il dito sull'impennata dei prezzi ha convenuto sugli scarsi risultati raggiungibili sul piano ambientale.
Il miglioramento ottenuto in Europa sarebbe infatti dimezzato dalle maggiori emissioni dei paesi terzi. A loro, infatti, ci si dovrebbe rivolgere per soddisfare i fabbisogni alimentari dei cittadini europei, peggiorando per di più la bilancia commerciale dell'Unione.

La ricerca del Grain Club

Non convinti di queste critiche, e in assenza di una verifica di impatto da parte della Commissione Europea, gli agricoltori tedeschi riuniti in Grain Club hanno voluto analizzare con metodo scientifico le proposte del Farm to Fork.
Christian Henning, direttore dell'Istituto di economia agraria dell'Università di Kiel, è stato così incaricato di valutare le conseguenze del progetto europeo.
Sue le conclusioni sugli aumenti dei prezzi dei prodotti di origine animale, ai quali si aggiungeranno incrementi di prezzo per i cereali e per i prodotti ortofrutticoli, con percentuali che vanno dal 12 al 15%.
Improbabile poi la riduzione della domanda di latte e di carne, che gli studi degli economisti considerano difficili da comprimere.

Un "disastro"

Gli esiti del Farm to Fork potrebbero allora tradursi in un disastro economico destinato a pesare sulle fasce meno abbienti, senza peraltro raggiungere gli obiettivi prefissati sul piano ambientale.
Non solo per l'aumento delle importazioni dai paesi terzi, ma per lo scarso contributo proveniente dall'agricoltura biologica, che nonostante il previsto aumento del 25%, consentirebbe solo una modesta riduzione del carico di azoto nel terreno.
Le trasformazioni poi nell'uso dei campi, con l'introduzione del set-aside e della loro destinazione ecologica (improduttiva), migliorerebbe in misura irrilevante il sequestro di carbonio da parte del terreno.

Non stupisce allora che la Commissione Europea, pur potendone disporre già dal gennaio di quest'anno, abbia preferito non divulgare subito i dati sulle conseguenze delle politiche previste dal Farm to Fork.
Lo afferma Euractiv, media internazionale che si occupa di politiche europee, lamentando che la diffusione di questi dati, pur noti da tempo ai vertici europei, siano stati diffusi solo in agosto.
Un periodo, quello di piena estate, più favorevole a far passare sotto silenzio gli aspetti più critici.
Nessuna agenda nascosta, fanno sapere dalla commissione, ma solo la necessità di approfondire la materia.


Il ritardo

I sospetti sul tempismo scelto comunque restano, ma non è questo l'aspetto più rilevante.
Se le conclusioni di Usda, di Jrc e dell'Università di Kiel coincidono, almeno a grandi linee, con le risultanze dell'analisi di impatto della stessa Commissione Europea, non resta che augurarsi una rimodulazione intelligente delle iniziative del Farm to Fork.
Lo hanno chiesto a gran voce anche numerose rappresentanze degli agricoltori europei, lanciando la campagna "I Nove Paradossi del Farm to Fork".
La richiesta è univoca: affiancare alla sostenibilità ambientale, certamente una priorità, anche la sostenibilità economica e quella sociale.
Ricordando che l'agricoltura è un'alleata dell'ambiente e non una sua nemica. Cosa che a volte il legislatore europeo sembra dimenticare.