Innanzitutto, una buona notizia: latte e carne, in altre parole il settore zootecnico, resteranno un settore chiave dell'agricoltura. Non c'è deriva animalista che tenga. Naturalmente, le tendenze ormai assodate verso un minore impatto ambientale, riduzione dell'uso dell'antibiotico, sostegno del biologico, continueranno ad essere promosse dall'Unione europea. Ma la fase della demonizzazione acritica dell'allevamento dovremmo - si spera – essercela lasciata alle spalle.

Un'altra vittoria, sia pure sofferta, che si aggiunge a quelle ottenute sull'embargo russo, la peste suina, i cambiamenti dei quadri normativi, come ha elencato, nel corso della conferenza annuale di Bruxelles sull'outlook della Commissione Agricoltura dell'Ue al 2030, Andrea Capkovicova, analista della Dg Agri. La direzione è quella di produrre per soddisfare la richiesta di sostenibilità. Nuove tecnologie e incremento della produzione di energie da fonti rinnovabili agricole saranno sempre di più strategici.
 
L'impatto del Covid-19 ha mutato i consumi o, sarebbe forse meglio dire, accelerato dinamiche già in atto. "Il consumatore cerca filiere locali, attenzione alla sostenibilità, ma anche qualità delle produzioni" ha esordito Tero Hemmilä, amministratore delegato di HK Scan Corporation, una delle realtà più dinamiche del settore agroalimentare scandinavo.

Il mondo delle imprese deve inevitabilmente adeguarsi e rispondere attraverso una nuova organizzazione del lavoro (in particolare in questa fase Covid-19), tecnologie per la conservazione e la trasformazione del prodotto, dati per assicurare trasparenza e tracciabilità delle produzioni, scommettendo tanto sulla tipicità - e rafforzando dunque le filiere delle Indicazioni geografiche - quanto sui nuovi prodotti ad elevato tasso di ricerca e innovazione e ad alto valore aggiunto.

Sul tema è intervenuto Jean Luc Bordeau, consigliere delegato di Lactalis, a indicare le macro strategie di sviluppo di uno dei gruppi lattiero caseari più importanti al mondo. "Su scala mondiale stimiamo che il 15% della raccolta di latte sia orientato agli ingredienti, per un valore di mercato intorno ai 50 miliardi di euro e volumi di partenza di circa 4,8 milioni di tonnellate di polvere di latte - ha detto -. I nostri clienti in tale segmento sono rappresentati dall'industria".
La domanda è spinta da una serie di elementi: "Richiesta di alimentazione sana, consumi responsabili, nuovi pasti". La missione per un colosso come Lactalis nel "cracking" del latte è quella di non perdere di vista le esigenze di un mercato che "prevediamo che possa crescere nei prossimi sei anni".

Il benessere animale e la sostenibilità delle produzioni saranno altri due elementi chiave non più derogabili. È per questo, ha spiegato Robert Erhard, presidente della Piattaforma per l'agricoltura sostenibile (alla quale aderiscono oltre centiventi aziende del settore agroalimentare, che rappresentano circa il 30% dei volumi lattiero caseari prodotti a livello globale) e responsabile dell'area di approvvigionamento "Latte Fresco" per Nestlé, che "abbiamo adottato una road-map verso la sostenibilità, che tenga conto delle specificità territoriali e che, allo stesso tempo, spinge sui temi della riforestazione come soluzione al sequestro di carbonio".


Latte e altri prodotti lattiero caseari

Gli obiettivi di sostenibilità potrebbero tradursi in una crescita annuale più moderata della produzione di latte dell'Ue (0,6%), recita il rapporto. Il settore probabilmente migliorerà ulteriormente le pratiche agricole, concentrandosi in particolare sul benessere degli animali attraverso misure per prevenire malattie e lesioni.

Si prevede che i sistemi di produzione non convenzionali si espandano e impediscano una forte riduzione della mandria da latte. In particolare, la quota di produzione di latte biologico dovrebbe raggiungere il 10% nel 2030 (era il 3,5% nel 2018).
Le rese potrebbero continuare a crescere, anche se a ritmi inferiori rispetto al passato con una maggiore segmentazione dei sistemi produttivi. Una maggiore durata della vita degli animali, un maggiore sequestro di carbonio e una migliore gestione del letame sono tra i fattori che probabilmente ridurranno le emissioni di gas serra per chilogrammi di latte prodotto entro il 2030.

A livello mondiale, la crescita della popolazione e del reddito e l'espansione dell'urbanizzazione potrebbero aumentare la domanda globale di importazioni di prodotti lattiero caseari, anche se meno di prima a causa della crescente autosufficienza mondiale.
Si prevede che l'Ue rimarrà il più grande esportatore di prodotti lattiero caseari del mondo.
La quota maggiore dell'aumento della produzione di latte dell'Ue è dovuta al flusso nella lavorazione del formaggio, guidata dalla domanda interna e globale. Il siero di latte dovrebbe beneficiare dell'espansione della produzione di formaggio ed essere maggiormente valorizzato dall'industria alimentare.

Un rallentamento del consumo di latte liquido in Europa dovrebbe fornire sostegno alla produzione di prodotti lattiero caseari freschi, compresi i nuovi prodotti che stanno guadagnando interesse tra i consumatori. Il mercato del burro dell'Ue dovrebbe essere sostenuto da proiezioni di prezzi stabili, dal passaggio dal servizio di ristorazione alle vendite al dettaglio e dall'aumento delle esportazioni. La produzione di latte in polvere dovrebbe ricevere sostegno anche dalla trasformazione in prodotti di base e ad alto valore aggiunto e, nel caso del latte scremato in polvere, dalla domanda di esportazione in Asia e Africa.


Carne

La sostenibilità dovrebbe assumere un ruolo più importante nei mercati della carne dell'Ue, sia tra i produttori che tra i consumatori. A breve termine, la situazione globale della malattia, la peste suina africana in Asia o la pandemia Covid-19 creano molte incertezze per quanto riguarda la domanda globale di carne. Si prevede pertanto che il consumo di carne pro capite nell'Ue diminuirà di 1,1 chilogrammi, per scendere a 67,6 chilogrammi entro il 2030.

È probabile che le preoccupazioni ambientali, il rischio di peste suina africana e i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori limitino la produzione di carne suina nell'Ue. La forte domanda internazionale e i prezzi elevati hanno recentemente ridotto i consumi interni, stabilendo una tendenza a medio termine.
Sulle esportazioni, l'Ue dovrebbe continuare ad essere un fornitore dominante, ma non si prevede che rimbalzi ai livelli record del 2019-2020.

Per effetto della diminuzione dei capi bovini in Ue, si prevede una diminuzione della produzione, nonostante le prospettive di esportazione moderate e i prezzi dei mangimi in lieve calo. Il consumo di carne bovina nell'Ue dovrebbe diminuire di 0,9 chilogrammi pro capite, ma le opportunità di esportazione potrebbero migliorare a medio termine. Anche le importazioni potrebbero aumentare lentamente, a seguito del graduale aumento dei contingenti tariffari derivante dall'entrata in vigore dei recenti accordi di libero scambio tra l'Ue e alcuni partner commerciali.

La produzione e il consumo di carne di pecora e capra nell'Ue dovrebbero rimanere stabili. Le esportazioni di animali vivi dovrebbero diminuire, mentre le importazioni di carne ovina dovrebbero rimanere stabili e ben al di sotto del volume totale dei contingenti tariffari aperti dall'Ue.

Si prevede che la domanda comunitaria di carne di pollame crescerà costantemente, poiché i consumatori la considerano un prodotto sano e sostenibile. La produzione di pollame dovrebbe essere l'unica categoria di carne a crescere. Le esportazioni dovrebbero continuare a beneficiare della valorizzazione di tagli specifici con osso, mentre le importazioni dovrebbero crescere in linea con la disponibilità di contingenti tariffari.