Per gli allevatori di conigli la situazione si fa sempre più pesante.
Ancor prima che l'emergenza sanitaria facesse sentire i suoi effetti devastanti, i prezzi avevano iniziato a scendere in maniera vistosa.

Già nel dicembre del 2019, come evidenziato ne “I numeri della carne” di AgroNotizie, si era interrotta la crescita che aveva portato i prezzi del vivo a superare la quota di due euro al chilo.
Da quel momento è stato un continuo susseguirsi di cadute del prezzo, che progressivamente è sceso sino a toccare nella prima settimana di maggio 1,20 euro al chilo, il 40% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
 

Prezzo medio settimanale dei conigli
(Fonte: © Ismea)
 

Alle origini della crisi

Molteplici le cause di questa rovinosa caduta.
Una parte di responsabilità va nella frammentazione del settore, che lo rende incapace di programmare la produzione in funzione del consumo.

Così i momenti nei quali il mercato è favorevole favoriscono un aumento della produzione che rischia poi di superare le capacità di assorbimento della domanda.
Un problema che il mondo della coniglicoltura condivide con molti altri settori della zootecnia da carne.

La maggiore offerta è poi giunta a ridosso della pandemia da coronavirus, accentuando i toni della crisi.
In questo quadro, già molto complesso e difficile, giunge a sorpresa l'aumento delle importazioni di carni cunicole dalla Spagna, pur a fronte del minore flusso da altre provenienze.
 

Andamento delle importazioni di carni di coniglio
(Fonte: © Ismea)


Se la Cun non funziona

Ora non serve puntare il dito su questo o su un altro fattore scatenante della crisi. Piuttosto una nuova occasione per tentare di dare anche al settore cunicolo una struttura organizzativa oggi insufficiente.

Anche la Cun, la Commissione unica nazionale per i conigli, che dovrebbe favorire la trasparenza del mercato, in molte sedute non è riuscita a fissare il prezzo.
Segno che anche questo strumento ha bisogno di essere aggiornato, con una presenza più significativa della componente allevatoriale.
 

La protesta

Le stagioni di crisi, come l'attuale, possono stimolare l'aggregazione dei produttori in formule associative per ottenere più forza sul mercato.

Lo dimostra la velocità con la quale gli allevatori della “Marca” trevigiana si sono trovati d'accordo nel protestare per la crisi in atto.
Minacciando di liberare nei campi due milioni di conigli.
Una minaccia che se attuata comporterebbe una devastazione epocale per molte colture. E non sarebbe d'aiuto nemmeno per gli stessi coniglicoltori.
 

Le crisi insegnano

Meglio spostare le energie verso “formule” più efficaci, con la nascita di strumenti capaci di organizzare la produzione.
Ce ne sarà bisogno per dare un futuro a questo settore, evitando che il superamento di una crisi sia solo il motivo per innescare quella successiva.

Il perché è presto spiegato. Oggi qualche allevamento sarà costretto alla chiusura, altri ridurranno la produzione, visto che i costi sono superiori ai ricavi.
Di qui a qualche mese l'offerta di carni cunicole andrà diminuendo e i prezzi torneranno, lentamente, a salire.
Stimolando a loro volta una ripresa della produzione e una successiva nuova crisi.

Succede da sempre, anche senza pandemie da coronavirus. E' ora di imparare la lezione.