Dai benefici dell'Accordo di libero scambio con il Canada al riconoscimento della Indicazione geografica del Prosciutto di Parma in Giappone (dopo gli Usa il secondo mercato extra Ue, con 107mila prosciutti e un fatturato di 11 milioni di euro), fino alle opportunità dell'e-commerce nelle vendite e alla creazione di una commissione paritetica tra tutti i componenti della filiera. E' una fase positiva per il Consorzio del Prosciutto di Parma, una realtà in grado di produrre un fatturato aggregato di filiera di 1,7 miliardi di euro.
AgroNotizie ha intervistato il suo presidente, Vittorio Capanna, dal 1994 amministratore e rappresentante legale di Capanna Alberto Srl.

Presidente Capanna, nei giorni scorsi il Giappone ha riconosciuto il Prosciutto di Parma fra le Indicazioni geografiche. Ad oggi è il secondo mercato extra Ue dopo gli Usa. Quali sono le aspettative, in quali canali di vendita e con quali formati?
"E' un risultato importante, se si considera che il Giappone ha abitudini alimentari molto diverse dall'Italia, ma non deve sorprendere poiché siamo di fronte a un paese attento alla qualità e a prodotti di eccellenza come il Prosciutto di Parma. Resta indubbiamente un prodotto legato alle occasioni speciali e all'area geografica di Tokyo: il nostro sforzo sarà proprio quello di allagare la distribuzione anche in provincia".

Organizzerete iniziative particolari nel Far East?
"Per quanto riguarda le strategie future, oltre alle attività di formazione rivolte agli addetti ai lavori e alle collaborazioni con la ristorazione italiana, stiamo lavorando a un progetto triennale finanziato dall'Unione europea che prevede la valorizzazione del Prosciutto di Parma, congiuntamente al Grana Padano, che si concentrerà in Giappone, Cina e Hong Kong".

Grazie al Ceta il Prosciutto di Parma riacquista la propria identità, visto che il nome era stato usurpato. Quali prospettive avete su tutto il Nord America?
"Grazie a questo storico risultato, che abbiamo conseguito dopo oltre venti anni di battaglie anche legali, potremo vendere finalmente il nostro prosciutto in Canada con la corretta denominazione 'Prosciutto di Parma', ma potremo soprattutto investire sulla marca e promuovere il prodotto. Questo vuol dire avvicinare correttamente il consumatore e renderlo consapevole del proprio acquisto.
Questi saranno i nostri primi passi in un mercato potenzialmente molto valido, che potrebbe riservarci un interessate sviluppo come lo sono stati gli Stati Uniti, oggi nostro primo mercato per le esportazioni. Certo è che ci vorrà un po' di tempo per vedere i risultati e per un primo bilancio dei nostri investimenti"
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Sul mercato cinese, invece, ci sono evoluzioni? Una presenza su Tmall, piattaforma del gruppo Alibaba, è possibile?
"Storicamente la nostra strategia di penetrazione e sviluppo sui mercati internazionali più lontani e complessi passa in primis da una serie di collaborazioni con la ristorazione italiana, ben distribuita all'estero, per far conoscere il Prosciutto di Parma e diffondere il concetto di Dop. In questo senso il progetto triennale ci aiuterà sicuramente a informare adeguatamente i consumatori cinesi. Non escludiamo l'e-commerce, ma allo stato attuale è evidentemente prematuro parlarne".

Il trend dei consumi di salumi si conferma in crescita. Come sta andando il Prosciutto di Parma e quali sono i segmenti in cui la crescita è maggiore?
"In questo ultimo anno stiamo assistendo a una graduale ripresa, con effetti positivi per tutta la filiera del Prosciutto di Parma. Il costo della materia prima, attualmente molto elevato, genera ancora qualche preoccupazione e potrebbe mettere a rischio il rapporto con il sistema distributivo. In questo contesto esiste la possibilità che il consumatore possa rifugiarsi in prodotti concorrenti, anche se di minore qualità e non in grado di offrire le medesime garanzie. Oggi pertanto la nostra priorità è quella di mantenere le quote di mercato".

Come influisce l'e-commerce sulle vendite?
"Per il nostro prodotto non è ancora un canale molto diffuso e quindi attualmente non ha un impatto rilevante sulle vendite, ma la situazione potrebbero cambiare da qui a qualche anno".

Da tempo gli allevatori rivendicano un ruolo decisionale maggiore all'interno del Consiglio di amministrazione. Come è possibile, secondo lei, raggiungere un equilibrio?
"In questo particolare momento storico è quanto mai necessario rafforzare il confronto interprofessionale con gli allevatori e macellatori. Ecco perché abbiamo costituito, tra le altre cose, la Commissione interprofessionale consortile, una commissione paritetica tra tutti i componenti della filiera che si occupa delle questioni tecnico-produttive legate al disciplinare. Si tratta di un importante strumento sia per salvaguardare le caratteristiche produttive, sia per discutere concretamente tematiche che riguardano il futuro della filiera".