Dopo anni di crisi il settore delle carni bovine tira un sospiro di sollievo nel vedere i prezzi di mercato in ripresa e i margini degli allevamenti tornare finalmente in segno positivo.

Molti i fattori che hanno consentito questo cambio di rotta, ma fra tutti spicca il ruolo delle vacche da latte. E' merito del buon andamento del prezzo del latte se si è interrotta la corsa alla macellazione delle vacche, che in passato conveniva allontanare dalle stalle piuttosto che tenerle in produzione.
La loro carne peraltro dà vita ad una fetta consistente del mercato delle carni bovine in Italia, sebbene di qualità e prezzo inferiore a quella dei bovini da carne.

I dati Istat dicono che nei primi sei mesi del 2017 sono stati avviati al macello 1,25 milioni di capi bovini per un equivalente in carne di 376mila tonnellate, il 5% in meno. Una riduzione da ascrivere al comparto delle vacche, visto che è rimasta stabile la quota legata alla macellazione di vitelloni.


Più fattori

Non è questo l'unico motivo della rinnovata vigoria del mercato delle carni bovine, come evidenzia una recente analisi di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sull'andamento di questo settore.

A spingere sui prezzi di mercato dei bovini da carne non sono solo le vicende legate al latte, ma il concatenarsi di più fattori, come l'aumento dei prezzi in ambito europeo, che rende più competitivo il prodotto nazionale. Poi la tenuta della domanda sui principali canali di consumo, in particolare della ristorazione collettiva.
 

Prezzi in aumento

E' grazie a queste concause favorevoli che nei primi nove mesi del 2017 i prezzi all'origine dei bovini da carne hanno proseguito la loro crescita, collocandosi sopra i livelli raggiunti nei due anni precedenti.

Per i vitelloni i prezzi, che già a inizio anno erano dell'1% superiori a quelli del 2016, sono arrivati in agosto a portare questo differenziale al 5%. Situazione analoga quella registrata per i vitelli. E poi le vacche, protagoniste principali di questa corsa dei prezzi, con quotazioni dell'11% superiori a quelle di un anno fa.
 

Costi stabili

Bene di conseguenza i conti degli allevamenti, situazione che arriva dopo anni di bilanci in perdita, quando la tenuta delle aziende era legata ai premi comunitari.
Merito dell'andamento di mercato delle carni, ma anche della contemporanea stabilità dei costi di produzione, alimentazione in primo luogo.
 

Più "broutard"

Questa la situazione, ma ora cosa aspettarci per il futuro? Le analisi di Ismea dicono che nei primi sei mesi sono stati importati 418mila capi da destinare all'ingrasso, il 3,2% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Non accadeva da cinque anni che queste importazioni segnassero un aumento. Ora dei 13mila capi in più importati da gennaio a giugno, la quasi totalità è rappresentata da “broutard”, soggetti di oltre 300 chili di peso il cui finissaggio avverrà nelle stalle italiane.


I consumi tengono

Questa massa di carne andrà a riempire gli spazi lasciati liberi dal calo delle importazioni di carne fresca e refrigerata, a loro volta scese di oltre il 3%.
Una situazione di equilibrio che allontana i timori di una caduta delle quotazioni come conseguenza della maggior produzione.

Una previsione rafforzata dall'andamento dei consumi, che evidenziano un aumento dell'1,2% della spesa per l'acquisto di carni bovine. Ma è bene non fare troppo affidamento su questo dato, visto che a crescere non sono i volumi, ma i prezzi unitari. Dunque è bene non spingere troppo sulla produzione, pena una frenata dei prezzi.
 

Il mercato europeo

Poi bisognerà fare i conti con il mercato internazionale e con quello comunitario in particolare.
Nei paesi europei maggiori produttori di carni bovine la situazione è favorevole ad una tenuta dei prezzi. La produzione trova facile assorbimento sui mercati, la domanda di carni è stabile e i prezzi in graduale crescita.
 

Attenti al latte

Per quanto tempo questa situazione rimarrà immutata? Difficile se non impossibile dare una risposta.

Per cogliere i segnali di una possibile inversione di tendenza converrà allora prestare attenzione non alla carne, ma al mercato del latte.
Se il prezzo del latte perderà forza avremo più vacche nei macelli. A soffrire sarebbero tutti gli allevamenti di bovini, non importa se da latte o da carne.