Che l'export dei formaggi italiani sia in crescita sono tutti d'accordo. Partiamo da Ismea, l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, che ha diffuso una nota nella quale evidenzia il buon andamento delle esportazioni nei primi sei mesi di quest'anno.

Tra gennaio e giugno, puntualizza Ismea, hanno varcato i confini nazionali poco più di 200mila tonnellate di formaggi, con un aumento del 7,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. I primi tre mercati di sbocco sono Francia, Germania e Regno Unito, mentre gli Stati Uniti sono al quarto posto ed hanno assorbito quasi 18mila tonnellate dei nostri formaggi, con un incremento del 13% rispetto all'anno precedente.
Altri mercati promettenti sono quelli del Giappone (+12%), del Canada (+8%) e della Cina (+30%).
 

Cresce il valore

La crescita dell'export caseario è confermata da Assolatte, l'associazione che riunisce gran parte delle industrie lattiero casearie italiane. Per quest'ultima la categoria con il maggior valore di prodotto esportato è quella del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano con oltre 420mila euro, seguita dal gruppo delle mozzarelle e dei formaggi freschi, con quasi 380mila euro.

Significativo il valore complessivo delle esportazioni casearie che raggiungono nel semestre la quota di 1,27 miliardi di euro, il 9,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2016.
 

Un aiuto al latte

L'aumento dell'export di formaggi ha il merito, almeno in parte, di aver contribuito a dare tonicità al mercato del latte, che ha potuto spuntare prezzi crescenti per quasi tutto il semestre, arrivando a toccare per il latte spot i 45 euro al quintale.
In caso contrario l'aumento della produzione di latte (6,2 milioni di tonnellate, +2,9% secondo i dati Clal) avrebbe spinto i prezzi verso il basso.


C'è più latte

Ora però il traino delle esportazioni sui prezzi di mercato sembra cedere sotto i colpi degli aumenti della produzione di latte e nelle ultime settimane il prezzo del latte spot ha iniziato a perdere qualche punto.

Le ultime rilevazioni sulla piazza di Lodi, mercato di riferimento per questo prodotto, sono scese a 43,75 euro al quintale. Un'inversione di tendenza che potrebbe essere contrastata da un'ulteriore spinta ai flussi di export. Vanno in questa direzione alcune iniziative che è opportuno conoscere.


Verso il Messico

In questi giorni, ricorda Assolatte, ripartono le trattative per rivedere il trattato commerciale fra Unione europea e Messico.
Fra gli obiettivi di questa revisione c'è l'aumento delle protezioni per le produzioni a denominazione di origine, e fra queste sono annoverati nove dei principali formaggi Dop italiani, fra i quali il Parmigiano Reggiano e il Pecorino Romano.

La richiesta dell'Unione europea è quella di una piena liberalizzazione delle vendite, condizione che apre ad un significativo aumento delle esportazioni verso questo paese del Centro America.
Oggi il Messico è ancora un mercato poco significativo per le esportazioni italiane. Come evidenzia Assolatte, verso il Messico sono partite dall'Italia nel 2016 appena 347 tonnellate di formaggi.
Ma già nei primi sei mesi di quest'anno il nostro export è cresciuto del 45% e ha coinvolto tutte le tipologie di formaggi, sia freschi sia stagionati.
 

Gli Usa e le Dop

Sulla tutela delle denominazioni di origine nel commercio internazionale c'è però ancora molto da fare. Lo ha ricordato recentemente il presidente del Parmigiano Reggiano, Nicola Bertinelli intervenendo a Parma al convegno su "Produzione alimentare e sfide del commercio internazionale".

Parlando del mercato statunitense ha ricordato le opportunità di crescita su questo mercato, compromesse dall'assenza di norme in grado di eliminare pratiche ingannevoli che evocano l'immagine dell'Italia per prodotti che nulla hanno a che vedere con il nostro paese.

"Ma per raggiungere i nostri obiettivi - ha dichiarato Bertinelli - abbiamo bisogno che la politica ci dia una mano. Occorre lavorare a negoziati che puntino al riconoscimento di indicazioni geografiche come valore globale dello sviluppo agricolo".

Il messaggio, anche nei riguardi dell'accordo Ceta sui rapporti commerciali fra Ue e Canada, è chiaro.