E' opinione diffusa che la carne che si mette nel piatto contenga ormoni e antibiotici o, nella migliore delle ipotesi, qualche residuo di sostanze, comunque dannose. Una convinzione che prende le mosse dai numerosi allarmi sulla salubrità delle carni che nel tempo si sono susseguiti. Nulla di più sbagliato.

Gli esami e i dati del Piano nazionale per la ricerca di residui è lì a dimostrarlo. Il ministero della Salute ha da poco diffuso i dati della relazione finale sulle risultanze del 2016 e i numeri confermano l'eccellente livello di sicurezza dei prodotti italiani di origine animale.
 

Migliaia di analisi

Sotto la lente di ingrandimento dei laboratori sono passati oltre 41mila campioni di carni, bovine, suine, avicole e ovicaprine.
Non ci si è dimenticati di latte e uova e persino del miele, anch'esso annoverato fra i prodotti di origine animale.
Al termine di tutte queste analisi, che hanno cercato steroidi, anabolizzanti, antibatterici, micotossine e farmaci di ogni genere, è risultato che i campioni non in regola erano appena lo 0,12% del totale, ovvero 49 sui 41mila e passa esaminati.

Solo in un caso sono state rintracciate sostanze per incrementare la crescita (beta-agonisti) e così pure in un solo caso sono state rinvenute sostanze antibatteriche.
Nei 47 rimanenti si è riscontrata la presenza in 18 casi di generiche sostanze ad azione farmacologica, mentre gli altri 29 campioni hanno evidenziato presenza di sostanze, come le micotossine, ascrivibili a contaminazioni ambientali, piuttosto che alla conseguenza di interventi farmacologici sugli animali.
 

Antibiotici, grandi assenti

Un'attenzione particolare è stata dedicata al capitolo degli antibiotici, considerando che il loro uso in campo veterinario è spesso indicato, a torto o a ragione, come uno degli elementi predisponenti l'insorgere di fenomeni di antibiotico-resistenza da parte dei batteri.
A questo proposito un terzo dei campioni, quasi 14mila, sono stati esaminati con particolare riferimento alla presenza di antibatterici.

Fra questi appena 18 hanno dato esiti positivi per la presenza di sulfamidici (11 campioni), tetracicline (4 campioni), macrolidi (1 campione) e chinolonici (1 campione).
Il 50% dei casi positivi (dunque circa 9) si è riscontrato nei suini, seguiti da bovini e avicoli (17%), miele (11%) e infine il latte (5%).
 

Altri controlli

Alle attività del Pnr si affiancano iniziative di controllo “extra-piano”, questa la loro definizione, attuate in caso di specifiche esigenze nazionali o locali.
Queste hanno preso in esame quasi 11mila campioni, la maggior parte dei quali sottoposti ad analisi per la ricerca di sostanze antibatteriche e di aflatossine nel latte.

Anche in questo caso gli esiti sono confortanti. Appena 29 campioni, lo 0,27% del totale, si è rivelato non conforme. E nella maggior parte dei casi si è trattato di residui ascrivibili alla categoria dei contaminanti ambientali.
Analoghe le risultanze dei successivi controlli sui casi “sospetti”, che hanno riguardato altri 9453 casi, portando così a quasi 62mila il totale dei campioni esaminati
 

Veterinari e allevatori promossi

Questo ciclopico lavoro di controllo, dove l'Italia primeggia in campo europeo, conferma una volta di più l'eccellente lavoro svolto dai servizi veterinari che fanno capo al ministero della Salute.

I risultati delle analisi e l'esiguità dei casi di irregolarità, confermano a loro volta la correttezza del lavoro dei nostri allevatori, attenti alla salute dei loro animali e alla sicurezza dei prodotti che escono dai loro allevamenti.