L'alimentazione degli animali in produzione zootecnica è un argomento di grande complessità, oggetto da sempre di studi e ricerche scientifiche. Ancor più quando si tratta di vacche da latte, dove la presenza del rumine, il primo dei quattro stomaci di questa specie, svolge una funzione fondamentale.

Qui è presente una ricchissima popolazione microbica che si occupa di “demolire” i singoli alimenti per renderli utilizzabili nei successivi passaggi nel tratto digerente.
Modifiche non fisiologiche di questa micropopolazione sono causa di patologie anche serie o di cali produttivi, nella migliore delle ipotesi.
 

Nutrire i batteri del rumine

Quando si pensa all'alimentazione della vacca occorre dunque preoccuparsi non solo dell'animale, ma anche dei suoi “coinquilini”, da nutrire con altrettanta attenzione per assicurarsi che il loro numero e composizione si mantenga in equilibrio fisiologico e che il loro lavoro si svolga al meglio.

Non è sufficiente assicurare che l'alimento apporti all'animale un corretto quantitativo di azoto (proteine) ed energia (carboidrati), ma occorre al contempo un'adeguata quantità di fibra. Vale per tutti, ma per i ruminanti bisogna essere certi che si tratti della fibra “giusta”. Il tutto alla ricerca di un delicato equilibrio fra tutti i componenti della razione.
 

I riferimenti "classici"

Da tempo nutrizionisti, mangimisti e allevatori inseguono questo equilibrio della razione affidandosi a tabelle che riassumono il contenuto in azoto, energia e fibra di ogni singola materia prima.
I calcoli fanno riferimento a diverse metodiche di laboratorio, quella di Weende e di Van Soest sono da tempo fra i principali punti di riferimento.

Il loro limite sta nell'approssimazione del dato e nella loro genericità. Non a caso non c'è industria mangimistica che non provveda a valutare gli apporti nutritivi e la qualità di ogni ingrediente che entra nella composizione del mangime.
Stessa cosa fanno gli allevatori per conoscere le caratteristiche delle loro produzioni aziendali che come fieno o come insilati entreranno in mangiatoia.
 

Gas production

Già dagli anni '80 si è fatta strada una nuova metodica di valutazione degli alimenti. Si tratta della misurazione del gas prodotto da un alimento, o “gas production” per dirla all'inglese.

Partendo dalla constatazione che all'interno del rumine il lavoro della micropopolazione ruminale si traduce anche nella produzione di gas, si è compreso che la sua misurazione può essere un valido modo per la valutazione dell'energia metabolizzabile di un alimento e in particolare della sua fermentescibilità.


Troppa variabilità

Molti studi e ricerche hanno messo a punto tecniche di valutazione della gas production, consentendo sia di valutare la digeribilità della sostanza organica, sia di conoscere la capacità di taluni alimenti nel “pilotare” la micropopolazione ruminale.

Ma misurare il gas prodotto non è poi così semplice come potrebbe apparire. Entrano in campo numerose variabili, dalla pressione atmosferica al momento dell'indagine, alla temperatura.
A queste si aggiungono le inevitabili imprecisioni degli strumenti adottati, peraltro di non semplice manipolazione.
 

Un nuovo strumento

Una risposta a questi problemi è stata presentata in occasione del recente congresso di Aspa (Associazione per la scienza e le produzioni animali) che si è svolto a Perugia. Presentata da Afro Quarantelli dell'Università di Parma, la metodologia si avvale di uno strumento (battezzato "Gas Endeavour®"), capace di svolgere in modo automatico le operazioni di misurazione della produzione di gas generata da alimenti per ruminanti.

Frutto del lavoro di una società che ha preso il via (una spin-off, per dirla anche questa volta all'inglese) dall'Università di Lund, in Svezia, il Gas Endeavour® opera con fermentatori da 500 ml, registrando costantemente i dati raccolti, che presentano un margine di errore assai ridotto, appena l'1%.


La ricerca

Utilizzando questa apparecchiatura, le ricerche condotte dall'equipe dell'Università di Parma guidata da Quarantelli, hanno valutato il diverso comportamento di alcune tipologie di insilati di mais, di silofrumento e fieno di medica.
Significative le differenze riscontrate con i dati ricavati in precedenza da altri ricercatori utilizzando metodologie e strumenti standard.
 

Punti di vantaggio

Le conclusioni della ricerca evidenziano la possibilità di ottenere dati molto ripetibili, con un basso coefficiente di variazione. Non meno interessante la possibilità di registrazione automatica dei dati, accompagnata da una elevata semplicità d'utilizzo per la fase di analisi vera e propria.

Un nuovo strumento, dunque, che si pone al servizio della nutrizione zootecnica per una “alimentazione di precisione” e non solo. Con risvolti positivi anche sull'ambiente, non solo sulla produttività. Perché un'alimentazione ben calibrata sulle esigenze nutritive degli animali significa più latte, migliori difese immunitarie, minori sprechi della razione, e quindi meno residui metabolici e un conseguente ridotto impatto ambientale.

Mario Rosato (che ha collaborato alla messa a punto della nuova tecnologia) spiega il funzionamento della nuova strumentazione durante un intervallo del congresso Aspa 2017.


Gli impieghi

Il laboratorio dell'università di Parma, che ha collaborato con la spin-off dell'università di Lund per la messa a punto della nuova tecnologia, è ora in grado di realizzare un maggiore numero di prove in meno tempo, con maggiore sensibilità per rilevare variazioni nella qualità dei mangimi che prima non erano nemmeno visibili. Il tutto a costi contenuti (circa 80 euro per prova).

Si potrà così testare la qualità di mangimi e razioni, espressa come energia metabolizzabile, come pure la presenza di fattori antinutrizionali, comprese muffe e micotossine o dosare con precisione gli integratori (vitamine, lieviti, ecc.).

Stessa cosa per gli additivi in grado di modulare l’ecosistema ruminale. Ma questi sono solo alcuni esempi della possibilità di impiego del nuovo strumento.

Per approfondire l'argomento riportiamo di seguito il video della presentazione di Afro Quarantelli dell'università di Parma
 

Chi fosse interessato a utilizzare la nuova tecnologia può contattare direttamente il Laboratorio di nutrizione animale dell’Università di Parma al seguente indirizzo email: afro.quarantelli@unipr.it