"Granarolo non ha alcuna intenzione di quotarsi a Piazza Affari. Ogni tanto, da tre anni a questa parte, si diffonde la notizia di una quotazione in Borsa e sarebbe davvero una notizia senza precedenti, dal momento che saremmo la prima cooperativa agroalimentare a farlo, ma per ora non è assolutamente in agenda".
Così Gianpiero Calzolari ha risposto al cronista, alla Fiera agricola zootecnica di Montichiari, in merito alle voci che erano circolate.

Niente di nuovo, insomma, anche se il dibattito sarebbe interessante. Di sicuro, accende i riflettori sul futuro delle cooperative e sull'equilibrio fra un ruolo mutualistico, che è l'essenza della cooperazione stessa, e la necessità di trovare strumenti finanziari innovativi, adeguatamente normati.
E' un dibattito sul quale il mondo cooperativo non si è sottratto, in verità, con il presidente dell'Alleanza delle cooperative italiane, Maurizio Gardini, che ben conosce l'esigenza di competere su scenari internazionali e di svilupparsi, ma senza sacrificare la mutualità.

Il rischio di un listing a Piazza Affari per una cooperativa è infatti quello di dover rispondere prioritariamente agli azionisti rispetto ai soci conferenti.
Granarolo non è comunque un player che non sfrutta le opportunità che i cosiddetti "financial toolbar" offrono.
Nelle scorse settimane la cooperativa bolognese ha concluso con Credit agricole corporate & investment bank e Credit agricole Cariparma un'operazione per lo smobilizzo dello stock di oltre 100mila Prosciutti di Parma Dop, con differenti livelli di stagionatura, detenuto dagli stabilimenti Gennari (100% gruppo Granarolo), per un controvalore di circa euro 10 milioni.
Per il gruppo felsineo si tratta di una "soluzione innovativa che permette al gruppo di ottimizzare la propria struttura finanziaria in vista di nuove operazioni di acquisizione".

Lo ha rimarcato il presidente Calzolari: "Abbiamo accolto con grande soddisfazione questa innovativa modalità di collaborazione con un istituto di credito che oggi è funzionale ai piani di sviluppo nazionali e internazionali del gruppo e che un domani potrà sostenere i piani di crescita dell'intero settore enogastronomico italiano che soffre del blocco di grandi capitali a magazzino".

Una sfida che è piaciuta anche all'istituto bancario. "Siamo orgogliosi di aver finanziato con questa operazione una delle eccellenze agroalimentari italiane come Granarolo e di aver messo a disposizione la nostra expertise per accompagnarla nel suo ulteriore percorso di sviluppo, sperimentando per primi una soluzione che potrà essere un benchmark per l'intero settore", ha dichiarato Giampiero Maioli, ceo del gruppo bancario Credit agricole Italia.

La soluzione non ha convinto il sindacato dei lavoratori. "L'iniziativa della Granarolo di vendere i prosciutti Gennari alla Cariparma per avere liquidità per nuove acquisizioni, che fa seguito all'annuncio di qualche giorno fa riguardante l'emissione di bot nei paesi del Nord Europa, come Flai-Cgil non ci convince", dichiara Mauro Macchiesi, segretario nazionale Flai-Cgil.

L'operazione di Granarolo non è il primo incrocio tra finanza e food realizzato allo scopo appunto di ottenere risorse necessarie per investire. Un anno fa era stato emesso il primo "Parmesan bond" emesso dalla cooperativa modenese 4 Madonne caseificio dell'Emilia, realtà da 75mila forme l'anno.
Il Minibond, secondo quanto riportato dal giornalista Maximilian Cellino de Il Sole 24 Ore, ha un "valore nominale di 6 milioni di euro ed è quotato sul segmento ExtraMot di Borsa italiana, scadrà a gennaio 2022 e garantisce un rendimento fisso annuo del 5% con cedola semestrale. Il rimborso del capitale è previsto in cinque tranche annuali nella misura del 20% del valore nominale a partire da gennaio 2018 con estinzione totale del prestito il 27 gennaio 2022".