Urbees sta per urban bees, api di città, ed è il nome di un progetto nato nel 2010 a Torino e che è andato a crescere in questi anni, diventando una realtà produttiva e culturale particolarmente interessante nel panorama apistico italiano.

Tutto nasce da un'idea di Antonio Barletta, originario di Ostuni, al tempo studente di filosofia a Torino ed oggi apicoltore urbano, in quella che è stata la città industriale italiana per antonomasia.

L'idea nasce per caso, in teatro, dove Antonio lavorava come maschera per mantenersi e dove nasce la passione per le api grazie a uno dei tecnici del teatro che è anche un apicoltore.

E la voglia di iniziare a fare apicoltura. Non avendo però spazi in campagna o mezzi per muoversi, inizia a pensare di allevarle in città, documentandosi su altre esperienze di apicoltura urbana nel mondo, scoprendo realtà interessanti come quelle di New York, Londra, Parigi, Oslo. E decide che può iniziare anche Torino.

Una decisione accolta con favore da molti, ma con ostilità da altri, in particolare da altri apicoltori. Paradossalmente i più contrari a fare apicoltura in città sono stati proprio alcuni apicoltori, arrivando fino alle minacce. Il timore principale era che una eventuale produzione di miele inquinato o comunque contaminato dall'ambiente urbano potesse ricadere come pubblicità negativa su tutto il comparto.

Ma così non è stato. Oggi Urbees è un'associazione di promozione culturale, possiede sei apiari nell'area urbana di Torino e produce miele. Un'esperienza raccontata anche in un libro: "L'arnia sul balcone? Storia di Urbees e di un apicoltore urbano a Torino", scritto da Antonio e pubblicato dalle edizioni Montaonda (acquistabile a questo link).

Il miele prodotto viene invasettato, con una cura attenta della confezione, e chiamato con il nome della zona dell'apiario. Ad esempio miele Envipark, per quello prodotto dagli alveari posti nel parco tecnologio Environment Park, o miele Bunker, per quello prodotto presso il centro di aggregazione Bunker. E ogni miele è diverso, specchio della flora che caratterizza quella zona.

Ma il suo scopo principale è far conoscere e far amare le api alle persone di città e anche migliorare la città stessa. Le api possono essere infatti usate come bioindicatori per misurare sia i livelli di inquinamento, sia il patrimonio di biodiversità vegetale.

Nel 2016 Urbees riceve il primo finanziamento denominato Tobee dalla Fondazione per la Scuola Compagnia di San Paolo per studiare la biodiversità vegetale della città di Torino. E i risultati sono interessanti. Nel miele di Torino, vengono trovati pollini di 133 generi botanici diversi.

L'obbiettivo di questi studi, dice Antonio, è quello di migliorare le città partendo da quello che ci dicono le api. In prospettiva ad esempio si possono cerare situazioni di competizione costruttiva tra quartieri a chi ha la maggior varietà o il maggior numero di piante, facendo leva sui risultati di indagini come quella del progetto Tobee.

A Londra, dove l'apicoltura urbana è una realtà consolidata anche a livello produttivo, è partito un movimento di opinione e di sensibilizzazione per aumentare il verde pubblico, per venire incontro alle esigenze delle api, cosa che però ha innegabili vantaggi per tutti i cittadini.

Inoltre portare le api in città vuol dire avvicinare i cittadini alle api. Farle conoscere, apprezzare e rispettare. “Faccio l'esempio del cane – spiega Antonio – se un cane viene maltrattato in un casolare in collina nessuno se ne accorge. Ma se i cani vengono maltrattati al canile, la gente lo vede e protesta. Lo stesso avviene con le api. Se muoiono o a stanno male nelle campagne molti non se ne accorgono. Ma se la gente le vede in città, le conosce, le sente più sue e ne esige il rispetto. Con beneficio di tutti”.