Offerta in esubero, prezzi in diminuzione e consumi in calo. Sono queste le acque nelle quali naviga il comparto lattiero caseario. Alla vigilia dell’annata produttiva 2016-2017, al via da domani 1° aprile, l’emergenza è quella dei ritiri della materia prima. Un paradosso, se si pensa che altrettanto grave è la questione del prezzo di conferimento, che molte realtà industriali vogliono equiparare alla media indicizzata dei 28 Paesi europei. Al di sotto, quindi, del costo di produzione.
Con questo scenario – commentano gli allevatori – la moratoria e i fondi messi a disposizione non hanno alcuna efficacia, perché è come somministrare l’aspirina a chi è moribondo”.

Ancora ieri, a Mantova, le organizzazioni agricole, Assolatte, l’Aop Latte Italia e le organizzazioni di produttori, i consorzi di tutela del Grana Padano e del Parmigiano-Reggiano si sono incontrati al Tavolo Latte convocato dall’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava.
Stiamo lavorando affinché la filiera assorba un esubero di circa 2.800 quintali al giorno, pari allo 0,6% della produzione di latte della Lombardia. La situazione è molto complessa, perché i mancati ritiri da venerdì (cioè domani 1° aprile, ndr) metteranno in crisi diverse aziende zootecniche”.

Si lavora a proposte concrete, anche per evitare di creare tensioni che potrebbero sfociare in proteste o manifestazioni ostili. “Temo purtroppo conseguenze di ordine pubblico – commenta Fava -. Alcuni allevatori invitano a boicottare i marchi di alcune multinazionali con sede fra Lombardia ed Emilia-Romagna e il livello di esasperazione è pronto a esplodere. L’allerta è dunque massima e Regione Lombardia è pronta a farsi carico della propria parte”.

La situazione - ripete Fava - si è acuita con l’aumento della produzione lattiera degli ultimi mesi, incentivata anche dalle illusioni create dal contratto trimestrale benedetto dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e dai suoi supporter”.
La verità – prosegue Fava - invece è un’altra: il centesimo promesso dal Mipaaf non corrisponde a quanto elargito in concreto, almeno ai pochi fortunati beneficiari che hanno ricevuto la lettera di comunicazione di un annuncio risalente a novembre”.

La vicenda dei ritiri del latte non è di immediata soluzione. L’industria di trasformazione dichiara di non essere più in grado di assorbire l’aumento produttivo che ha caratterizzato in particolare gli ultimi mesi post quote latte. Il consorzio di tutela del Grana Padano non intende, pare, derogare al proprio Piano produttivo, perché avendo una programmazione annuale non può essere acceso o spento a intermittenza. Perderebbe efficacia. Altro aspetto non secondario: sia le industrie che le cooperative del circuito del formaggio Dop a pasta dura avrebbero problemi tecnici, legati alla capacità di trasformazione. Troppo latte in lavorazione, tank pieni, saline anche. Insomma, mancherebbe lo spazio.

Che fare, dunque? Da Copagri, che non condivide la posizione dell’industria e del consorzio del Grana Padano, piove l’accusa di aver sposato un piano produttivo di contenimento delle produzioni, in una fase in cui il rischio reale è quello di gettare il latte nei fossi. Quale proposta? Alla disperata non è da escludere la soluzione, in verità poco qualificante per il latte italiano, di polverizzare il latte in impianti tedeschi, dal momento che lo stabilimento piemontese di Inalpi-Ferrero non avrebbe più margini per incrementare i volumi trasformati.
Il gruppo Granarolo ha fatto sapere che sosterrà il ritiro di una parte di latte spot nazionale, riducendo la quota di importazione di materia prima.
Nel frattempo, passano le ore e il rischio che domani qualche allevatore si veda costretto a gettare il latte è concreto.

Oggi dobbiamo fare i conti con un ministro non all’Agricoltura, ma all’Economia – conclude Fava -. Un ministro sempre più calato nel ruolo di banchiere, totalmente disinteressato a risolvere i problemi degli agricoltori. Non basta promettere soldi a chi è in difficoltà, perché senza redditività qualsiasi moratoria è inutile, serve solo a gettare del fumo negli occhi”.

Via al Piano straordinario di controllo sulle aflatossine
Sempre ieri, intanto, la giunta regionale lombarda ha approvato, su iniziativa del presidente Roberto Maroni, di concerto con l’assessore all’Agricoltura Gianni Fava, il “Piano regionale straordinario di sorveglianza del rischio aflatossine nella catena alimentare di produzione del latte e dei prodotti a base
di latte”.
Con uno stanziamento di 60.000 euro, destinati all’Istituto Zooprofilattico, vengono così attivate procedure operative straordinarie per la prevenzione e la gestione del rischio contaminazione da aflatossine nella filiera lattiero-casearia e nella produzione del mais destinato all'alimentazione umana e animale.
Inoltre, il piano regionale straordinario di sorveglianza del rischio aflatossine stabilisce misure sanitarie specifiche e straordinarie per gestire questo rischio e prevede attività che diventano prioritarie rispetto agli altri interventi in capo alle Ats lombarde.

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