Il settore lattiero-caseario europeo sta attraversando una 'tempesta perfetta' che rischia di far chiudere migliaia di stalle. La fine delle quote latte, l'embargo russo e la frenata dell'economia cinese hanno contribuito ad accentuare la sovrapproduzione europea e a fare scendere il prezzo pagato ai produttori, ormai arrivato a 35,4 centesimi al litro (secondo l'Ismea). Così molte stalle lavorano in perdita e rischiano la chiusura.

Ma andiamo con ordine. La fine delle quote latte, il cui funerale è stato celebrato il primo aprile 2015, ha eliminato quella restrizione che, nel bene e nel male, ha impedito agli allevatori di puntare a massimizzare la produzione. Una tendenza che, in una economia di mercato, porta ad un abbattimento dei prezzi di vendita. La fine delle quote avrebbe dovuto essere compensata da provvedimenti per un 'soft landing', un atterraggio morbido verso il libero mercato, che però non c'è stato.

L'embargo russo ha poi chiuso le porte di un Paese che assorbiva non solo il latte, ma anche tutti i prodotti lavorati, formaggio in primis. L'export serviva da cassa di compensazione per la sovrapproduzione dell'Unione. Il rischio ora è che ci si metta anche la Cina. La crisi potrebbe deprimere i consumi a tal punto da ridurre l'import da paesi come l'Australia e la Nuova Zelanda, che a loro volta immetterebbero sul mercato internazionale latte a basso costo.

I prezzi in Europa stanno calando in maniera non sostenibile per i redditi degli agricoltori”, spiega ad AgroNotizie Paolo De Castro, eurodeputato del Partito democratico nonché presidente della Commissione agricoltura a Strasburgo. “Lo avevamo detto al commissario Hogan chiedendo un intervento, ma ci aveva rassicurato dicendo che presto ci sarebbe stata una crescita dei prezzi. Una previsione che poi si è rivelata errata. Noi ora chiediamo al commissario di mettere in campo una proposta legislativa seria che renda possibile la gestione dei rischi dovuti alla volatilità dei mercati”.

Il Consiglio agricoltura, che si è riunito lunedì, ha approvato una serie di riforme per cercare di arginare la crisi. Il Consiglio ha detto sì allo stoccaggio privato dei formaggi e all'aumento della quota di aiuti diretti da anticipare a ottobre dal 50 al 70 per cento. Saranno poi presi dei provvedimenti per facilitare l'export e saranno rafforzati i finanziamenti per la promozione dei prodotti Ue al di fuori del Vecchio continente. Bruxelles ha poi messo sul piatto 500 milioni di euro per aiutare gli agricoltori, ma ha sottolineato come l'approccio sia sempre orientato al mercato.

Si tratta tuttavia di provvedimenti non risolutivi, che vanno a tamponare una crisi senza colpire alla radice il problema che “richiede interventi congiunturali e strutturali”, continua De Castro. “La Commissione non può intervenire sostituendosi al mercato, ma dobbiamo trovare dei meccanismi che compensino gli agricoltori quando ci sono questi lunghi mesi di abbassamento del prezzo. Bisogna introdurre dei meccanismi, come dei fondi mutualistici o delle assicurazioni, che scattano quando il prezzo alla stalla è troppo basso”.

Il prossimo appuntamento è a Bruxelles, il 16 di settembre, quando il commissario Hogan parlerà in Plenaria per fare il punto sulla situazione. Una proposta intanto arriva dall'European milk board, secondo il quale bisognerebbe introdurre incentivi per gli allevatori che, spontaneamente, decidono di produrre meno latte. "L'unica soluzione è tagliare la produzione, dando un bonus a chi la diminuisce e multando invece chi aumenta il volume sul mercato", spiega Romuald Schaber, presidente dell'Emb.

Fonte immagini: © Commissione europea