Cosa lega fra loro il pecorino di Farindola e le razze bovine Grigia Alpina e Burlina? All'apparenza ben poco o nulla se non la loro unicità e la loro esiguità numerica. C'è tuttavia un legame ben più importante ed è l'impegno che due Istituti Zooprofilattici, quello delle Venezie e quello dell’Abruzzo, hanno messo in campo sul fronte della tracciabilità e della salvaguardia di eccellenze che in alcuni casi rischiano persino la scomparsa. Progetti che pur autonomi e del tutto differenti fra loro hanno raggiunto quasi contemporaneamente buoni risultati, resi noti in questi giorni.

Il Dna dei bovini
Iniziamo dalla razze Grigia Alpina e Burlina, due razze bovine di montagna il cui numero è andato assottigliandosi negli anni sia per l'abbandono degli allevamenti sia per la “concorrenza” di altre razze, più produttive. Tanto da far temere la scomparsa di un patrimonio genetico irripetibile. Un rischio solo in parte evitato grazie al crescente interesse per prodotti di nicchia intimamente legati al territorio di produzione. Di qui la necessità di fornire a questi prodotti una “carta d'identità” certa e indiscutibile, una sfida raccolta dai ricercatori dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie che hanno messo a punto un sistema di tracciabilità genetica capace di offrire ampie garanzie. Il sistema si basa sull'esame del Dna che individua in maniera univoca sia gli animali, sia i prodotti che da questi sono stati ottenuti.

Gradi di certezza
Due i livelli di tracciabilità che si possono ottenere, individuale o di razza. Con la prima si può stabilire da quale bovino proviene la carne oppure il latte con il quale si è prodotto un formaggio. La seconda consente invece di stabilire quale sia la razza bovina di origine dei prodotti alimentari. Per verificare l'attendibilità del metodo i ricercatori hanno raccolto i dati di oltre 100 bovini delle razze Grigia Alpina e Burlina per campionarne il Dna e mettere a punto un sistema di tracciabilità individuale. I risultati hanno dimostrato l'eccellente attendibilità del sistema e l'elevata garanzia di certezza. Non a caso analoghi sistemi sono utilizzati in medicina forense per l'identificazione degli individui o per i controlli di paternità. Da questa esperienza si spera di offrire uno strumento in più alla certificazione di queste produzioni che potrebbero così spuntare sul mercato prezzi di favore.

Il pecorino “probiotico”
E' l'analoga strategia che ci si propone per il pecorino di Farindola, oggetto di un progetto, denominato PecoPlus, che si è prefissato l'obiettivo di ottenere un prodotto arricchito in elementi di funzionalità, sicurezza e tracciabilità. Il progetto, sostenuto dalla regione Abruzzo nell'ambito dei precedenti Psr, ha consentito fra l'altro di mettere a punto metodologie di produzione per ottenere un pecorino “probiotico”, pur nel rispetto del disciplinare di produzione. Il risultato è stato raggiunto ed è stato oggetto di un seminario organizzato nei giorni scorsi dall'Istituto Zooprofilattico dell'Abruzzo e del Molise. Come per i prodotti certificati con il Dna, la parola ora passa al mercato.