Gli Stati Uniti riaprono alle importazioni di carne di manzo europea dopo 17 anni di divieto in seguito allo scoppio del morbo della mucca pazza. I produttori europei possono partecipare al mercato da 4 miliardi di euro l'anno di import statunitensi. Il primo Paese Ue a firmare un accordo è l'Irlanda, che era già il primo esportatore di carne negli States prima del divieto. Scarso l'interesse italiano, visto che il nostro Paese importa già il 40 per cento di carni bovine. Intanto oltre oceano cresce del 20 per cento annuo la richiesta di carni biologiche e senza ormoni. Ad oggi il maggior esportatore di carne bovina negli Stati Uniti è l'Australia.

Il mercato americano apre alle carni di manzo europee. Il commissario Ue all'Agricoltura, l'irlandese Phil Hogan, si congratula per la decisione del dipartimento agricoltura degli Stati Uniti (Usda) di riaprire in modo progressivo il mercato americano alle carni di manzo europee. Le importazioni erano bloccate dal 1998, in seguito all'epidemia in Europa del morbo della mucca pazza (encefalopatia spongiforme bovina), una malattia neurologica cronica, degenerativa e irreversibile che colpisce i bovini causata da un prione, una proteina patogena conosciuta anche come "agente infettivo non convenzionale", e che può essere contagiosa anche per l'uomo.

Un divieto esagerato. Secondo la stessa Organizzazione mondiale della sanità animale (Oie), le misure messe in atto dalle autorità americane hanno superato le norme di sicurezza standard stabilite nel 2005 in quanto alcuni prodotti di origine bovina avrebbero potuto continuare ad essere commercializzati senza pericolo. Inoltre, sempre secondo le analisi dell'Oie, i paesi europei hanno fatto il massimo per rendere sicura la propria carne.

Un mercato da 4 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono un grosso importatore di carne di manzo, circa 4,4 miliardi di dollari l'anno (4 miliardi di euro). Ad oggi importano soprattutto dall'Australia, ma anche dal Paraguay ed Uruguay. L'apertura alle importazioni europee deriva anche dal costante aumento del prezzo della carne di manzo negli Usa, causato dai maggiori costi di produzione e dalle forti siccità.

Voglia di biologico. Secondo Simon Coveney, il ministro dell'agricoltura irlandese - il primo Paese che ha riaperto le esportazioni oltre oceano - negli Stati Uniti si registra una crescita della domanda di carni biologiche e senza ormoni di circa il 20 per cento annuo. Secondo Hudson Riehle, vice presidente della National Restaurant Association irlandese, questo aumento è dovuto sia ai maggiori controlli alimentari che alla diffusione di diverse abitudini alimentari.

Premiato l'impegno irlandese. Se i produttori irlandesi partivano già dal primato del 70 per cento delle esportazioni europee prima dell'entrata in vigore del divieto americano, va dato merito a Dublino per il forte impegno per vincere le diffidenze Usa.
"Quello di oggi è il risultato di due anni di dimostrazioni che il nostro settore produttivo è sicuro", ha detto il ministro Coveney. Il segretario di stato per l'agricoltura americano Tom Vilsack ha visitato personalmente per ben due volte l'Irlanda che adesso potrà autorizzare individualmente i produttori che possono esportare oltre oceano.

Scarso l'interesse italiano. Alla luce degli alti consumi interni e della concorrenza ferrata sui prezzi della carne di manzo da parte degli altri Paesi europei – in primis Polonia e Germania – i produttori italiani appaiono scarsamente interessati al mercato americano. Secondo Coldiretti, l'Italia importa già il 40 per cento della carne per soddisfare il proprio fabbisogno e l'ipotesi di investire nell'export della carne bovina di alta qualità non appare particolarmente redditizia. L'associazione si augura piuttosto che gli Stati Uniti facilitino l'import dei salumi freschi - quelli sotto i 60 giorni, come salami, coppe e pancette – autorizzati da un anno ma resi difficili da questioni burocratiche e controlli esagerati alla frontiera.