Non c'è allevatore che lo abbia dimenticato. Il semestre italiano di presidenza della Ue, a luglio, si era aperto con l'ingiunzione di recuperare dagli allevatori 1,4 miliardi di euro di multe per aver prodotto troppo latte fra il 1995 e il 2009. Era l'esito della procedura di infrazione partita da Bruxelles nel giugno del 2013. In agosto alcune dichiarazioni del ministro Maurizio Martina avevano lasciato intendere che ci fosse qualche spiraglio per una possibile soluzione. Speranze svanite con le prime comunicazioni che Agea ha inviato agli allevatori, dopo l'approvazione da parte della Agenzia delle Entrate del modello di cartella di pagamento. Le ingiunzioni di pagamento sono già arrivate agli allevatori del Veneto, ma anche a quelli dell'Emilia Romagna. Per gli altri è solo questione di giorni. Che non sia Equitalia, come avvenne qualche anno fa, ma Agea a procedere con il recupero delle somme poco cambia sotto il profilo pratico. Ricevuta la “cartella” agli allevatori restano pochi giorni di tempo per saldare il debito ed evitare il passaggio successivo, quello del pignoramento.

Quei dubbi mai sopiti
Il malumore, per usare un eufemismo, sta salendo di giorno in giorno fra gli allevatori che chiedono a gran voce di fare chiarezza sui molti punti ancora controversi di questa annosa vicenda, in primo luogo la “relazione” dei Carabinieri che nel 2010 evidenziò discrepanze nei dati fra vacche in produzione e quantità di latte prodotto. Questa indagine, solo per ricordarlo, fu avviata quando era ministro per le Politiche agricole Luca Zaia. Ma pochi mesi dopo, quando Zaia fu sostituito da Giancarlo Galan, i dubbi sollevati da quella indagine trovarono giustificazione in successive verifiche. Agli allevatori non restavano dunque alternative al pagamento delle multe, magari aderendo ad una delle rateizzazioni proposte dal Governo e che pure ci sono costate il rimprovero di Bruxelles per le numerose proroghe concesse agli allevatori. Ma in molti preferirono non aderirvi, tanto che già a inizio 2014 la Corte dei Conti (in quella occasione non fu necessario scomodare Bruxelles) evidenziò come la scarsa adesione alle rateizzazioni avesse prodotto un debito sommerso che gravava (e grava tuttora) sul bilancio statale. Anche Agronotizie riportò ampi dettagli di questo passaggio nella lunga storia delle quote latte.

La parola alla politica
E ora che ci avviciniamo alla fine del regime delle quote latte (ultimo giorno sarà il 31 marzo del 2015), sembra quasi una beffa dover parlare di nuovo di multe. Che per di più coinvolgono in molti casi aziende in piena attività, ma che potrebbero soccombere sotto il peso di multe di migliaia di euro, anche con cinque zeri. In altri casi il postino potrebbe trovare i cancelli chiusi e le stalle già vuote, vinte da un mercato difficile e volatile come quello del latte. Ma sarebbe un peccato lasciare che le stalle in attività, sotto il peso delle multe, abbiano un destino analogo. Certo, situazioni di conclamata irregolarità vanno risolte. Lo pretende il buon senso ancor prima delle norme che regolano la materia. E lo chiede anche il rispetto che si deve a chi quelle stesse regole le ha rispettate, investendo capitali per acquistare quote e facendo sacrifici per pagare le multe, quando dovute. Ma una soluzione che consenta di pagare il debito e salvare le aziende ci deve essere. La politica, si dice, è l'arte del possibile. E' lì che una soluzione va trovata.