Sul banco degli imputati siedono il mais e il girasole, entrambi fra gli accusati della minor produzione di miele a causa della forte riduzione del numero di api in attività. Se per il mais il problema riguarda per la maggior parte le regioni del Nord, nelle regioni del Centro il dito è puntato sul girasole. In concomitanza con i principali interventi fitosanitari, dicono gli apicoltori, gli alveari si svuotano, analogamente a quanto accade nelle aree frutticole e persino dove si hanno colture ornamentali. A complicare il quadro ci si è messo anche questo anomalo andamento climatico che ha reso il problema ancor più grave. Bisogna correre ai ripari e in fretta, perché se le api sono fra i principali indicatori ambientali, significa che il problema riguarda tutta l'agricoltura e il modello produttivo al quale ci siamo affidati sino ad oggi. Questo in sintesi il segnale di allarme che gli apicoltori, per voce dei loro rappresentanti di Conapi (consorzio nazionale apicoltori) e Unaapi (Unione nazionale associazioni apicoltori italiani), hanno voluto lanciare incontrando i giornalisti a Bologna.

Perso il 60%
Le perdite registrate dagli alveari, che in fasi normali superano di poco il 10%, sono ora schizzate in alcuni casi al 50%. Numeri confermati dalla rete di osservazione BeeNet che su un ampio campione di alveari ha constatato questa impennata delle perdite. Colpa del clima, ma non solo. La corsa del mercato verso prezzi sempre più bassi costringe gli agricoltori a cercare rese maggiori dai loro campi, inducendoli così a “spingere” sui trattamenti. E le molecole delle quali oggi si dispone hanno effetti devastanti sulle api. Le vicende sull'impiego dei nicotinoidi nella concia delle sementi di mais, poi vietata dopo il 2008, è lì a dimostrarlo. Questa in sintesi la tesi sostenuta dagli apicoltori che chiedono a gran voce un cambio di rotta.

Un momento dell'incontro, coordinato dal giornalista Rai Fabrizio Binacchi, al quale hanno partecipato Tiberio Rabboni, (assessore all'Agricoltura dell'Emilia Romagna, a sinistra nella foto), Diego Pagani (Conapi), Francesco Panella (Unaapi), Giovanni Luppi (Legacoop agroalimentare), Claudio Porrini (Università di Bologna)


Api, indicatori ambientali
In ballo non c'è solo il bilancio delle aziende apicole, dove l'Italia può vantare numeri da primato a livello mondiale con i suoi 1,16 milioni di alveari censiti, dove si “allevano” 55 miliardi di api con una produzione di miele pari a 23mila tonnellate, per un valore di oltre 20milioni di euro. Le api svolgono infatti un insostituibile ruolo di impollinatori, fondamentale per la frutticoltura, ma ancor più fattore di garanzia alla biodiversità, oggi assicurata dalle 350mila piante spontanee la cui continuazione dipende dal “servizio” di impollinazione delle api.


Le soluzioni
Che fare dunque? Alcuni esempi vengono dalla regione Emilia Romagna, che attraverso misure di incentivazione alle tecniche di coltivazione a basso consumo di chimica ha consentito di ridurre l'impiego di agrofarmaci su molte migliaia di ettari. Occorrono però azioni a livello nazionale e per arrivare a questo obiettivo occorre muoversi su più piani. Un'opportunità può venire dalla Conferenza delle Regioni, che si potrebbe fare interprete di un progetto da trasferire all'attenzione del Governo. L'assessore all'Agricoltura dell'agricoltura dell'Emilia Romagna, Tiberio Rabboni, si è detto disponibile. Ma chiede alle associazioni degli apicoltori di farsi carico di una proposta che possa essere fattibile anche sotto il profilo tecnico. Invito che le associazioni hanno accolto. Vedremo gli esiti.